Avvertenza: la lettura del post
richiede alcuni minuti di concentrazione. Infatti, malgrado il titolo del post, la trattazione non ha alcuna
attinenza con i temi caldi del cazzeggio corrente.
Leggevo
ieri, in un commento ad un post di Malvino (al quale dedico il mio), che il
lavoro dell’economista inglese Pietro Sraffa sarebbe un “aggiornamento” del
marxismo, segnatamente – soggiungo – di Marx.
Vi
sono, a mio avviso, due aspetti da tenere presenti a riguardo della resistenza,
soprattutto in Italia, del mito di Sraffa: uno di tipo propriamente politico,
cioè oggettivo e strumentale, e l’altro di tipo soggettivo.
Sraffa
è stato un esponente di rilevo, insieme a Joan Violet Robinson, della “scuola
di Cambridge”, vale a dire quell’indirizzo di teoria economica borghese che si
proponeva di conciliare Marx con Ricardo a partire dagli assunti (totalmente
falsi!) che la teoria del valore e
dei profitti di Ricardo sia la base di quella di Marx, e che la differenza tra i
due “economisti” consisterebbe unicamente nelle implicazioni sull’antagonismo
tra capitale e lavoro salariato “completamente assenti in Ricardo”.
Per
questa pretesa “continuità” tra Ricardo e Marx, gli economisti di Cambridge
sono anche noti come “neo-ricardiani di sinistra”, ed è anche per questo che la
loro “riflessione” finisce con l’incentrarsi sul problema dei prezzi. È bene precisare
subito, tuttavia, che la critica di Sraffa, prodotta come risposta alla scuola
marginalista, servì come base per un attacco all’analisi marxista delle leggi
di movimento del capitale.
L’aver
privilegiato la sfera della circolazione ha due implicazioni immediate. Da una
parte, induce a sviluppare unilateralmente il valore di scambio, dimenticando
che la produzione capitalistica è “produzione di valori di scambio per mezzo di valori d’uso”. Dall’altra,
alimenta le rivendicazioni egualitarie e “progressiste” basate sull’abolizione
dello sfruttamento capitalistico, vale a dire sulla richiesta che il
plusvalore, attraverso un’equa
distribuzione, possa ritornare alla classe operaia che l’ha prodotto.
Non
si tratta quindi di abolire la produzione stessa del plusvalore, ma
semplicemente di garantire,
mantenendo inalterate le condizioni sociali di produzione, una più “giusta”
ripartizione dei redditi. Quest’ultima preoccupazione spiega a sufficienza le
ragioni del successo che gli economisti di Cambridge, e Sraffa in particolare,
hanno ottenuto presso la “sinistra” variamente denominata. Non è casuale, tanto
per citare, che Giorgio Napolitano, in un articolo comparso sul n. 31 di Rinascita del 4 agosto 1978, p. 21, dal
titolo Omaggio a P. Sraffa, definisse
l’economista come un “amico e maestro dei
comunisti italiani”.
Ieri
con Sraffa, oggi con Piketty, Stiglitz, Krugman, Latouche, e via delirando, la
minestra del riformismo di sinistra ha sempre lo stesso gusto di rancido.
*
L’opera
più nota di Sraffa (Produzione di merci a
mezzo di merci, Einaudi) espone, in sostanza, le condizioni per la
determinazione dei prezzi relativi delle merci in un sistema economico,
astrattamente inteso, in grado di garantire una riproduzione allargata,
attraverso una sequenza di calcoli matematici sofisticati e complessi.
Sraffa,
per illustrare la sua teoria dei prezzi, parte dall’esempio più semplice, cioè
da “una società primitiva che produce
appena il necessario per continuare a sussistere. Le merci sono prodotte da industrie distinte e vengono scambiate l’una
con l’altra al mercato che si tiene dopo il raccolto”. Ovvio che non si
tratti di una società dove prevale il modo di produzione capitalistico, ma
transeat. In tale società, scrive Sraffa, “nulla
viene aggiunto dal processo di produzione a quanto la società possedeva nel suo
insieme” (Produzione di merci …,
p. 3).
Sraffa
può quindi rappresentare tale società immaginaria con un sistema di equazioni,
ognuna delle quali rappresenta un’industria (oppure un ramo produttivo). Sul
lato sinistro dell’equazione sono indicate le quantità di merci che vengono
usate indistintamente come mezzi di produzione o di sussistenza per produrre
determinate quantità di merci (ogni industria ne produce solo una), quantità
espresse al lato destro dell’equazione.
Per
farla breve, la prima cosa che bisogna notare nella semplificazione
dell’assunto sraffiano è che l’analisi dei prezzi delle merci è svolta senza
ricorrere a nessuna teoria del valore. Per Sraffa il valore si identifica immediatamente
con il valore di scambio, con il rapporto quantitativo col quale le merci si
scambiano tra loro. Va appena ricordato che né i classici e né Marx hanno
ridotto il valore al mero valore di scambio.
Per
Marx “non è il rapporto in cui due merci
si scambiano che determina il loro valore, ma è il loro valore che determina il
rapporto in cui si scambiano”. Gli economisti classici, in special modo
Ricardo, si spingono, anche se con una serie di contraddizioni, sino a
riconoscere che il valore delle merci è dato dal lavoro in esso contenuto, ma
non arrivano a definire in quale forma specifica il lavoro sia contenuto nel
valore. Sraffa, viceversa, intende il valore esclusivamente come rapporto di scambio. In questo modo egli nega
la necessità di ricorrere a principi più generali per comprendere i prezzi.
Tutta la questione si riduce per lui a questo semplice problema: note le
condizioni della produzione in un dato momento, è necessario determinare
l’insieme dei prezzi relativi che permettono la riproduzione del sistema
economico.
Dati
questi presupposti assolutamente fittizi, il lavoro di Sraffa risulta privo di
utilità pratica ed è stato, ironicamente ma giustamente, definito “produzione
di formule a mezzo di formule”. E, del resto, si può facilmente immaginare come
questa impostazione abbia avuto successo tra quegli economisti ed esponenti
politici che non se la sentivano di abbracciare fino in fondo le teorie degli
apologeti del sistema, sempre più incapace di spiegare i fenomeni economici, ma
neppure di riferirsi al marxismo con la sua scomoda legge del valore carica di
pericolosissimi significati politici.
Sraffa
ebbe una certa fortuna negli anni 1960 in certi ambienti accademici e politici (e
pure presso la jeunesse dorée di
“sinistra”) poiché la sua opera principale è un tentativo, puramente teorico,
di costruire un sistema matematico di calcolo dei prezzi. Nel clima politico di
quegli anni (programmazione economica, riforme, centro-sinistra) poteva
sembrare la soluzione – finalmente trovata – del problema della pianificazione
in un’economia di mercato.
Di
fatto, il libro di Sraffa fu ritenuto dai suoi discepoli e dai suoi esegeti (nonché
da una schiera di pappagallini evergreens)
un contributo alla “dimostrazione” dell’erroneità e dell’irrilevanza della
teoria del valore marxiana, poiché le esercitazioni logico-matematiche del professore
di Cambridge prescindono da essa e
finiscono con lo spiegare i prezzi mediante … i prezzi!
Il
modello di Sraffa, poiché depurato da qualsiasi riferimento alle leggi di
movimento dei sistemi economici concreti,
reali, si rivela come un tentativo
di restituire alla teoria economica borghese, sempre più in crisi, una parvenza
di solidità e di scientificità grazie all’uso “neutrale” ed “obiettivo” delle
formule algebriche. Come se le contraddizioni reali ed oggettive del
modo di produzione capitalistico si lasciassero esorcizzare dai numeri e dalle
espressioni matematiche.
D’altra
parte, non era stato Gramsci stesso a definire la formazione intellettuale dell’”amico”
Sraffa “normativa e kantiana, non
marxista e non dialettica”?
Grazie, mi serviva proprio capirne qualcosa. Infatti appare frequentemente nei discorsi economici con i suoi assiomi criptomatematici, con effetti, a me pare, utili soprattutto a sviare i discorsi.
RispondiEliminaCiao.g
e io sennò che ci sto a fare?
EliminaGrazie, mi serviva proprio capirne qualcosa. Infatti appare frequentemente nei discorsi economici con i suoi assiomi cripto matematici, con effetti, a me pare, utili soprattutto a sviare i discorsi.
RispondiEliminaCiao.g
Grazie, mi serviva proprio capirne qualcosa. Infatti appare frequentemente nei discorsi economici con i suoi assiomi criptomatematici, con effetti, a me pare, utili soprattutto a sviare i discorsi.
RispondiEliminaCiao.g
Pensi che la lettura del suo (ottimo) articolo mi ha portato su una scala per cercare di recuperare, in cima alla libreria, là dove la polvere copre ogni memoria, un libro nel quale Gianfranco Pala critica Sraffa – e proprio a partire da Marx ...
RispondiElimina«Nel di lui [di Sraffa] significato, la parola “capitale” può essere considerata alla stregua di una merce semplice. (Perché il capitale è merce, anche se non è solo merce). Quindi quella parola viene inserita nella circolazione semplice corrispondente».
GF Pala, “Pierino e il lupo. Per una critica a Sraffa dopo Marx”, 1985
Icaro
voli alle mie quote. di Pala trovo che a suo tempo ho letto: L'ultima crisi e La storia e la rivoluzione. Pierino e il lupo credo di non averlo letto. Ora mi stuzzichi a leggerlo, se lo recupero. Nel 1985 ero alle prese con altre letture, in lineare B. ciao
EliminaNulla di più facile ed economico
Eliminahttp://www.webalice.it/gianfrancopala40/pierinorig.doc
grazie, ho letto. tutto sommato basta questa frase:
Elimina"Per i Pierini, quello con il lupo è un abbraccio mortale. Sono troppo presi dalla contemplazione di loro stessi. Così si impongono di non sapere in che misura l’opera di Mohr sia enormemente più vasta e complessa di quanto vogliano credere e far credere, Essa è assolutamente incontenibile nelle rigide strettoie quantitative di distribuzióne e reddito. Una volta “separata” dal suo modo di produzione, questa sfera di per sé non può più dire nulla".
Se poi si va al III delle Teorie sul plusvalore, laddove Marx critica Bailey (MEOC, pp: 138 e sgg) c'è già tutto.
Polemica datata, in stile datato. Un po' come procurarsi un'erezione con un filmato delle gemelle Kessler.
Eliminati riesce meglio con la Meloni?
EliminaSto parlando di Pierino e il Lupo. La polemica sottesa al tuo post non è in stile datato. Lo sarebbe, certo, una polemica odierna su Sraffa, ma il tuo post è pregevole in quanto fornisce elementi di storia del pensiero economico.
Elimina(Non sono abituato, in ogni caso, a intromettermi in un blog negando legittimità a un argomento trattato).
benedeti fioi, ma volete spiegarvi in modo che noi che siamo con più di un piede nella fossa possiamo capirvi? se necessario aiutateci con un disegno o altro sostegno didattico equipollente. e poi, scusa, venire a parlare di sesso a me, che vivo di ricordi, ti sembra una cosa bella?
EliminaPer quel che ne so, potresti essere un'adolescente, oppure un adolescente.
Eliminaa villa medici, a roma, mi hanno fatto lo sconto. i francesi sono gentili con la terza età
EliminaIo sapevo che ti avevano tagliato la testa.
RispondiEliminain francia
Elimina