Fonte
di ogni ricchezza è la natura e il lavoro umano. La natura è la fonte di ogni
valore d’uso, e la forza-lavoro umana è la manifestazione di una forza naturale
che consente che qualcosa di utile, un
dato valore d’uso ancora in potenza, venga ad essere un valore d’uso effettivo.
I valori d'uso costituiscono il contenuto materiale della ricchezza, qualunque
sia la forma sociale di questa. Perché un valore d’uso possa divenire anche un valore di scambio, cioè valore, sono
necessarie determinate condizioni storico-sociali e dunque dei rapporti sociali
che abbiano raggiunto un grado di sviluppo adeguato.
Già
nello scambio delle eccedenze attraverso il baratto, tali condizioni minime
sono raggiunte. In tale fase il valore di scambio si presenta come il rapporto
quantitativo, la proporzione nella quale valori d'uso d'un tipo sono scambiati
con valori d'uso di altro tipo; tale rapporto cambia continuamente coi tempi e
coi luoghi. Perché lo scambio di valori, a mezzo di un equivalente universale,
denaro, diventi la forma dominate degli scambi è necessario uno sviluppo
economico ulteriore e del quale qui non interessa dire altro.
Mi
scuso per questa elementare propedeutica, ma posso assicurare che su questo
tema sotto il cielo prosperano le più bizzarre teorie, a cominciare da quella più
triviale che individua nel capitale costante una delle fonti di nuovo valore, in concorso con il
capitale variabile (necessario all’acquisto di forza-lavoro).
Prendiamo
un esempio che più bucolico non si può. Per cogliere delle frutta dagli alberi
(cose utili, valori d’uso in potenza) e con tale atto renderli da un lato
valori d’uso effettivi, e poi, al mercato, valori di scambio, può essermi
necessaria una certa attrezzatura, per esempio una scala, delle forbici, delle cassette per
porvi le frutta e un carretto per il trasporto al mercato. Ebbene, va da sé che
né la scala, le forbici, le cassette e il carretto aggiungono nuovo valore alle frutta raccolte,
se non nella misura in cui essi cedono al prodotto, alla merce, di volta in
volta, una parte del loro valore (il valore di una scala, delle forbici, di un carretto) mano
a mano che vengono consumati (usurati) nel processo lavorativo di raccolta.
Alla fine della storia tale attrezzatura non avrà aggiunto alcun nuovo valore che non esistesse già in
partenza. Pertanto è soltanto la quantità di lavoro socialmente necessario,
cioè il tempo di lavoro socialmente necessario per fornire un valore d'uso che
determina la sua grandezza di valore.
Ciò
che vale, dal lato del valore, per le forbici, la scala, le cassette, il carretto, eccetera, vale anche per il più sofisticato dei robot. Tassare i robot è come
tassare la scala e il carretto. Non farebbe altro che rendere più cara la
frutta, facendone diminuire il consumo e favorendo altri tipi merceologici.
bisognerebbe infatti tassare ( ragionevolmente) solo la ricchezza AGGIUNTA dalla vendita della frutta , altrimenti "tassare le forbici" significherebbe solo disincentivare la creazione di NUOVA ricchezza.
RispondiEliminaMa visto che adesso monta una "asinistra" onda per una "patrimoniale" ( per i soli ceti medi OVVIAMENTE ) parebbe che nessuno "asinistro" riesca a cogliere l' equivalenza tra:
patrimonio=forbici
rendita=vendita della frutta
Quindi ci sarà molto da "divertirsi".
ws
PS. le tasse di successione invece hanno una loro logica; purtroppo pero' mancano gli STATI per imporla ANCHE ai VERI ricchi . Ad esempio quanto hanno pagato allo stato italiano gli Elkan per "ereditare" gli agnelli ? Una "beata mazza" naturalmente.
Questa elementare propedeutica, di così alto valore d'uso, sarebbe curioso venisse presa in considerazione dal "nostro" Padoan.
RispondiEliminaLa vita di ognuno con il valore d'uso si snoda fra condizionali e congiuntivi.
Elimina??
EliminaSarebbe bello.
RispondiElimina“L’utilità di una cosa ne fa un valore d’uso. Ma questa utilità non aleggia nell’aria. E’ un portato
RispondiEliminadella qualità del corpo della merce e non esiste senza di esso. Il corpo della merce stesso,come il grano,il diamante,ecc.,è quindi un valore d’uso,ossia un bene. Ma se si prescinde dal valore d’uso delle merci,si prescinde anche dalle parti costitutive o forme corporee che lo rendono valore d’uso.La merce allora non è più tavola,né casa, né filo, né cosa utile. Tutte sue le qualità
sensibili sono cancellate a favore di quell’elemento comune che si manifesta nel rapporto di scambio che è il suo valore.” Così Marx. Tutto il resto della sua ricerca lo considererei un corollario. (Nel VI sec.a.C. così Eraclito di Efeso: “in cambio dell’oro si hanno le merci e delle merci l’oro”).
Regina Pecunia.
Nella società del capitale il feticismo del denaro trasforma gli oggetti come valore di scambio (con il denaro) e non d’uso ; come dice un filosofo che assimila il concetto al Mana dei primitivi (*) che cancellava la natura delle cose per rivestirle di quella forza magica.
(*) Si può constatare che una parte avveduta della popolazione comincia a manifestare già nelle forme esterne una tendenza al modo dei primitivi : tatuaggi tribali con l’aggiunta di simbologie contemporanee, zolle di capelli in cima al cranio rasato secondo usi amazzonici, braccialetti scaramantici, votivi, propiziatori ai polsi di soggetti di ogni età. Non sarà una barbarie ma un ritorno alla Natura.
lei è un povero imbecille al cubo (già una volta le dissi che è un cretino) e non ho voglia di dimostrarglielo (a che servirebbe?)
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