È
sintomatico che non si riesca mai a chiamare le “cose” per nome, cioè per ciò
che esse sono realmente. Al massimo si arriva a chiamarle “altre cose: cioè mercati, finanza, trattati internazionali etc.”.
Nel loro insieme queste “altre cose” che cosa rappresentano? L’economia? E di
quale economia stiamo parlando? Mistero.
Dal
2009 le azioni di Apple sono aumentate di più del 415%. Amazon di un clamoroso
900%. E quelle di Facebook, sul mercato verso la fine del 2012, sono il 230%
dal suo prezzo di offerta. Ma non si tratta solo di questi colossi. Il 16
agosto dell’anno scorso il New York Times scriveva:
The facts are inescapable: The Obama
years have been among the best of times to be a stock investor, going all the
way back to the dawn of the 20th century.
Consider that had you been prescient
enough to buy shares of a low-cost stock index fund on Mr. Obama’s first
inauguration day, on Jan. 20, 2009, you would now have tripled your money.
Stock market performance of this level has rarely been surpassed.
Si sarebbe attesa l'elezione di Donald Trump per favorire i gruppi industriali e
commerciali, le banche e la finanza? Quanti luoghi comuni, quanti sproloqui
sulle “cose”. Come cercavo di far intendere nel post precedente, i critici
laterali del sistema, al pari degli apologeti del sistema stesso, hanno tutto
l’interesse dal tenersi lontani dalla critica marxiana con la sua scomoda legge
del valore carica di pericolosissimi significati politici.
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