«I filosofi hanno solo interpretato il
mondo in modi diversi; si tratta però di mutarlo».
Non so se il futuro ci riserva cose migliori,
tuttavia, per quanto s’intravvedano delle involuzioni sul piano politico, il
mondo sta cambiando a passi veloci e solo attraverso il cambiamento è data la
possibilità di migliorarlo. C’è chi, nella sua rassegnazione, nega che ciò
possa essere fatto, sostenendo che il mondo va per la sua strada e noi, di
fronte alla complessità degli eventi, possiamo solo illuderci di incidere in
qualche modo su di essi. Infatti, è vero che spesso le cose nella realtà non cambiano
secondo gli auspici e gli sforzi intrapresi, che le sorti individuali sono
legate al caso, che il corso della storia non può derogare dalle grandi leggi
della necessità.
Scrive Marx nella prefazione alla prima edizione de Il Capitale, in apparente contraddizione
con se stesso:
«Se pure una
società è arrivata a scoprire la legge di natura del proprio movimento – e
scopo ultimo di questa opera è rivelare la legge economica del movimento della
società moderna – non può né saltare né togliere di mezzo con decreti le fasi
naturali dello svolgimento».
Non possiamo saltare le fasi naturali dello
svolgimento, e però gli uomini possono non solo imprimere un’accelerazione agli
eventi (possono “abbreviare e attutire le doglie del parto”, dice Marx), ma agire
affinché il mutamento possa stabilirsi nel dominio di loro stessi e della
natura, fondandosi sulla conoscenza delle necessità naturali, nel fare agire le
leggi di natura secondo un piano per un fine determinato
Scoprire la necessità significa trovare la libertà: è
la coscienza della necessità che diviene coscienza della libertà, essendo
questa il risultato dell'altra. E tuttavia la coscienza della necessità non è di per sé sufficiente. Da tale
apparente impasse deriva il successo delle più viete teorie borghesi. Se l’ontogenesi
dello sviluppo umano è grossomodo quello di una colonia di topi da ingrassare e
affamare secondo le circostanze, il compito per la classe dominante diviene
comodo e soprattutto presenta minori rischi.
Negando la possibilità di trasformazione cosciente
della materia sociale, della produzione e distribuzione, dell’organizzazione in
generale secondo scopi predefiniti, la classe dominante e i suoi volenterosi
ideologi vogliono dimostrare l’inutilità della lotta di classe (tranne la loro)
quale motore di trasformazione sociale. Perciò essi insistono nel voler
dimostrare che solo le élite svolgono un ruolo storicamente fondamentale in
tutte le epoche storiche. In buona sostanza si tratta di una teoria
storico-filosofica generale la cui virtù suprema consiste nell’essere metastorica.
E hanno buon gioco anche nel dimostrare il fallimento
di quello che è stato fatto passare per socialismo e comunismo, laddove l’immaturità
di quei sistemi sociali corrispondeva all’immaturità della produzione
capitalistica (*). E però sta maturando, sulla base di condizioni oggettive, una sempre più netta e radicale coscienza
circa l’irrazionalità e l’ingiustizia del modo di produzione capitalistico e
delle istituzioni borghesi. Ciò è segno del fatto che deflagra la
contraddizione tra produzione sociale e appropriazione privata, rendendo palese
che questo sistema non funziona più.
(*) Per dirla con Engels, la soluzione delle
questioni sociali restava ancora celata nelle condizioni economiche poco
sviluppate e perciò doveva uscire dal cervello umano: “La società non offriva che inconvenienti: eliminarli era compito della
ragione pensante. Si trattava di inventare un nuovo e più perfetto sistema di
ordinamento sociale e di elargirlo alla società dall'esterno, con la propaganda
e, dove fosse possibile, con l'esempio di esperimenti modello. Questi nuovi
sistemi sociali erano, sin dal principio, condannati ad essere utopie: quanto
più erano elaborati nei loro particolari, tanto più dovevano andare a finire
nella pura fantasia”.
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solo le élite svolgono un ruolo storicamente fondamentale
RispondiEliminaPurtroppo c'è una verità storica in questa informazione;anche le "rivolte popolari" sono diventate " rivoluzioni" solo per l' opera di una "elite" in grado di gestire per i propri scopi la rabbia popolare e in tutti gli altri casi abbiamo avuto al massimo solo degli ineffettivi "masanielli"
ws
a rivoluzione francese, per esempio, non è stata opera di una élite, ma di una classe sociale in ascesa, la borghesia, che tutto era tranne che un'élite. anche coloro che ne furono a capo al massimo erano degli avocaticchi di provincia, degli scribacchini, non appartenevano ad un'élite. le élite combattono per il potere nei palazzi, ma in genere sono conservatrici, non hanno alcun interesse a promuovere e guidare rivoluzioni sociali, al massimo delle sommosse.
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