Gli unici ad avere obblighi verso lo Stato sono i lavoratori dipendenti, loro non possono fare quello che vogliono e soprattutto non possono trasferirsi fiscalmente all'estero e sono obbligati a pagare lo stipendio a questo genere di ministri.
La Fiat non è diventata ciò che è con il lavoro degli operai e tecnici italiani, con i contributi a fondo perduto delle Stato, bensì per i meriti indiscussi del management.
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Ieri, verso le tredici, ascoltavo alla
televisione l’ex direttrice de l’Unità, quotidiano fondato da Antonio Gramsci,
la quale usava queste espressioni a proposito degli operai della Fiat: “valorizzazione
delle competenze” e “intelligenza creativa dell’operaio”. Peccato non fosse presente Marchionne, in tal caso avremmo sentito una risata omerica. Quanto alla prima
affermazione dubito che la giornalista abbia mai visto un reparto presse,
sellatura, lastroferratura, insomma una catena di montaggio, non solo alla
Fiat, ma in qualsiasi industria. Sempre che gli operai non siano in cassa
integrazione o in “mobilità”. Probabilmente non ha idea nemmeno di come sia
fatta una linea produttiva in una fabbrica di confezioni, oppure di come si
lavori in un laboratorio di stireria, e tante altre cose di questo genere. E
sarebbe interessante sapere come sono valorizzate le competenze di tanti suoi
colleghi nelle redazioni, oppure come la brava giornalista “valorizza le
competenze” della sua colf, ma in tal caso si andrebbe troppo sul personale.
Soprattutto, in merito alla
seconda affermazione, non credo la giornalista abbia mai parlato con un
operaio, poiché altrimenti si sarebbe accorta che si tratta, anche se è
difficile farsene una ragione, di una persona come le altre, sottoposta però a un
lavoro coatto e ripetitivo, militarmente standardizzato e gerarchizzato, dove
diventa appendice acefala del sistema delle macchine e dove le qualità propriamente
umane sono le meno richieste e quelle che più disturbano la produzione di
profitto. Certo che il lavoro produttivo non è quello di cent’anni fa, ma
l’automazione ha reso ancor più alienato, individualizzato e impersonale il
lavoro, mai come ora esso è stato più “manuale” e quello “intellettuale”
concentrato in un numero sempre più ridotto di figure professionali.
E se di questi operai ne
invitasse qualcheduno in trasmissione per parlare di orari, di tempi, movimenti
e cadenze, di ricatti padronali e sindacali, di rapporti con i capi e i “vaselina”,
di cassa integrazione, licenziamenti, del ruolo del sindacato nei processi di
riorganizzazione del capitale avvenuti negli ultimi decenni? E magari inviti anche
operaie cinesi delle confezioni, i “neri” di fonderie e concerie, i lavoratori
dei servizi che pur non producendo plusvalore aumentano il profitto nella fase
di “realizzazione” contenendo i costi, insomma tutte quelle figure dello
sfruttamento che, scappato Marchionne e tanti padroncini delle fabbriche "fantasma", continuano a fare dell’Italia la seconda
manifattura europea.
Diciamo che è comodo per certi giornalisti insistere su concetti privi di particolare senso (come appunto "valorizzazione delle competenze” e “intelligenza creativa dell’operaio”) allo scopo di valorizzare il ruolo dell'operaio italico. Ovvero, se l'operaio italico nella sostanza è un produttore di valore esattamente come l'operaio serbo, perchè costa il triplo? Visto che è fuori moda dare la risposta corretta, veniamo costantemente investiti con la litania delle grandi competenze italiche (ma assolutamente non paragonabili con quelle dell'operaio Volkswagen che infatti guadagna come un dirigente italiano!! non sia mai!!) che dovrebbe convincerci che in fondo non andremo a bagno perchè "noi sì che sappiamo produrre valore" .... si chiama globalizzazione, imperialismo internazionale, ma non si può dire....... E se qualcuno non avesse le idee chiare sula questione delle competenze, gli basti pensare all'esercito di muratori/idraulici impiegati nell'edilizia, che casualmente, pur essendo bravissimi e competenti, certo non sono italiani (per la maggior parte).. producono altrettanto valore, ma gli si estorce plusvalore che è un piacere !!
RispondiEliminaPenso che Marchionne sta al duemila come Valletta agli anni '60... I padroni il loro lavoro purtroppo lo sanno fare: la Fiat ha avuto nello stato un alleato che gli ha srotolato tappeti rossi: altro che valorizzazione della competenze. Una 'immagine che resta è quella della visita del nostro in una Melfi blindata con la Fiom cacciata dalla fabbrica.. Dubito che una giornalista come la DeGregorio- grande esperta di birignao- se la ricordi eppure è passato poco tempo.
RispondiEliminaPer quel genere di comunicazione contano i tormentoni innocui e stordenti che fanno bene alla malandata imprenditoria italica , anzi spesso l'aiutano a migliorarne l'immagine per poter sfruttare, delocalizzare, licenziare meglio. E in questo la Guidi anche se in quota rosa ha sicuramente da insegnare...
quando scrivo cerco, per quanto possibile, la precisione.
Eliminain questo caso ho scritto:
l’ex direttrice de l’Unità, quotidiano fondato da Antonio Gramsci.
non a caso dunque, come del resto evinci nelle tue considerazioni.
ciao