Si chiamava anche lui Calvin, come
il padre Coolidge, presidente Usa. Aveva 16 anni Calvin junior, e da qualche
tempo lamentava una vescica al piede provocata dalle scarpe da tennis. Dapprima
si manifestò un po’ di febbre, poi sempre peggio, infine morì di setticemia. Era
il 1924, e gli antibiotici non esistevano. È molto difficile per noi, oggi,
comprendere quali trasformazioni umane, sociali ed economiche ha comportato la
scoperta e l’impiego degli antibiotici e dunque la sconfitta delle infezioni
batteriche. Prima di allora la medicina non poteva far altro che fornire
palliativi e lasciar fare alla natura. Essa non sapeva modificare il corso
delle malattie, bastava a volte un nonnulla ed era finita.
In generale la medicina non può
far nulla di per sé, i progressi decisivi sono venuti tutti dalla scienza e
dalla sperimentazione, che cosa potrebbe fare il medico senza i farmaci e la
tecnologia diagnostica e chirurgica? Salassi e clisteri. E però va notato che
l’utilizzazione dei farmaci ha preceduto di gran lunga la conoscenza dei
meccanismi che presiedono alla loro azione nell’organismo, tanto è vero che non di rado la
loro scoperta avviene più o meno per caso, magari testando un colorante!
Prima della penicillina, per
qualche lustro, i soli prodotti efficaci nella terapia delle malattie batteriche
erano i sulfamidici (1932 sui topi, dal 1933 sulle persone). Anche nel corso
del secondo conflitto la penicillina fu scarsa tra gli Alleati, e sconosciuta
nei paesi dell’Asse. L’equipaggiamento del soldato statunitense comprendeva un
sacchetto di sulfamide sterile e otto compresse di sulfadiazina. Una volta
ferito il soldato aveva la consegna di spargere, se in grado, la polvere sulla
piaga e d’ingerire le pastiglie a scopo preventivo. Già nel corso della guerra
di Spagna il sulfamide fu impiegato direttamente sulle piaghe, anche se in
definitiva questo modo di trattamento non sembra essere mai stato efficace.
La storia di come si è arrivati
alla penicillina è troppo nota per essere ripetuta, e sarà sufficiente
richiamare le prime ricerche di Fleming e poi i risultati ottenuti da Chain e
da Florey. A Felming non venne in mente di iniettare su un topo malato il
prodotto (cosa che fece Chain anni dopo), se l’avesse fatto l’umanità avrebbe
avuto la penicillina dieci anni prima. A Oxford le prime prove su animali sono
del 1940 e l’anno dopo la sperimentazione sull’uomo, nel 1943 la decifrazione
della struttura chimica ad opera di Chain e Abraham, dal 1945 la produzione in termini
di tonnellate.
Chiaro che un farmaco così
rivoluzionario veniva ad avere, nel contesto della guerra fredda, un valore
strategico ed economico enorme.
*
Domenico Marotta (1886-1974), siciliano
di Palermo, fu con Emanuele Paternò, nel 1919, tra i fondatori
dell’Associazione italiana di chimica generale e applicata (oggi Società
chimica italiana). Nel 1934 furono riuniti i laboratori (batteriologia,
malariologia, fisica e chimica) della Direzione generale di sanità nell’inaugurato
Istituto di sanità pubblica (ISP), del quale Marotta divenne l’anno successivo
il direttore. L’Istituto fu dotato di uno dei pochi microscopi elettronici
esistenti in Europa, il Simmens (confiscato nel 1944 dai tedeschi in ritirata),
e, su richiesta dell’equipe di Fermi, fu approntato un acceleratore di
particelle, il Cockroft-Walton (1 MeV), completato dopo la fuga di Fermi e alle
soglie del conflitto.
Marotta, a seguito della
formazione della RSI, riuscì a mantenere i laboratori dell’Istituto a Roma e,
dopo la guerra, di rimanerne a capo.
L’ISP è l’antesignano dell’attuale
Istituto superiore di sanità (ISS), il quale, nei decenni successivi al conflitto,
divenne uno degli istituti finanziati dallo Stato che ha fornito un modello per
la ricerca scientifica, combinando attività di sanità pubblica con ricerca pura
e applicata, assumendo anche un ruolo importante, negli anni 1950 e 1960, come centro
di formazione e di ricerca negli studi di biochimica, biofisica e biologia
molecolare. Questo ha reso l'istituto uno dei motori dello sviluppo scientifico
in Italia del dopoguerra (ricordo, peraltro, che il Ministero della sanità fu
istituito solo nel 1958, prima d’allora era un organismo del Ministero degli
interni).
L’ISP cominciò a interessarsi al "farmaco
miracoloso”, alla penicillina, a partire dal 1944-1945. Nel luglio del 1944,
nella rivista pubblicata dalla Scuola di Medicina dell'Università di Roma, Il Policlinico, veniva dato conto del
nuovo farmaco prodotto industrialmente dagli americani, ossia il trattamento di
penicillina per le infezioni da gonococco, riportando uno studio pubblicato sul
Journal of American Medical Association
nel mese di aprile 1944. Nel mese di agosto, il medico Giuseppe La Cava,
dell'Università di Pisa, pubblicava una breve recensione del nuovo farmaco
sulla base della documentazione fornita dal capo dei servizi sanitari pubblici
del Governo militare alleato. Altri articoli seguirono e i primi studi condotti
sulla muffa penicillium furono
pubblicati nel 1945 sulla rivista scientifica dell'Istituto. Nel settembre
dello stesso anno, Alexander Fleming visitava l'Istituto tenendovi delle
conferenze. E tuttavia il farmaco era ancora cosa rara in Europa, prodotto solo
negli Stati Uniti e in Canada.
Mentre Renato Dulbecco e Rita Levi
emigravano verso istituzioni americane sicuramente più prestigiose e ricche,
all’ISS arrivavano, per motivi diversi, Ernest Boris Chain, già premio Nobel
(1945) per le scoperte sulla chimica della penicillina, e un altro scienziato
prestigioso, Daniel Bovet, che sarà anch’egli insignito del Nobel nel 1957, il
quale aveva lavorato a lungo all’Istituto Pasteur. Di Bovet, segnalo un
pregevolissimo libro divulgativo, di rara chiarezza e di felicissima penna, dal
titolo Vittoria sui microbi, edito
nel 1991 da Bollati Boringhieri. Nell’introduzione egli ringrazia la lungimiranza
di Domenico Marotta e la sua fede nella ricerca che gli ha consentito di
continuare a lavorare nel campo degli antistaminici e in quello dei curari di
sintesi.
E qui mi devo rifare, come
accennato nel post precedente, all’articolo di Mauro Capocci pubblicato su Le Scienze di questo mese e che ha per
oggetto le vicende della produzione italiana di penicillina e, di nuovo,
l’incredibile vicenda di Domenico Marotta, con aspetti analoghi a quella di
Felice Ippolito per quanto riguarda il nucleare, o, sotto altri aspetti, a quella
dell’ingegnere Mario Tchu, dell’Olivetti, per quanto riguarda l’informatica
italiana, per tacere del solito Enrico Mattei.
Anche a me i racconti di complotti
danno soprattutto noia, e tuttavia i fatti restano. La storia d’Italia è
punteggiata di inquisizioni, strani incidenti e morti sospette, un filo nero
delle tante Caporetto subite e patite a causa della più sfacciata ignavia e del
tradimento delle classi dirigenti, del loro servilismo, della liquidazione e
svendita del nostro patrimonio. Della complicità della cosiddetta “grande
stampa” e ora delle televisioni. Come potrà mai essere libera un’informazione
se essa è proprietà di lobby affaristiche e se quella pubblica è controllata
dai partiti politici?
Riprenderò l’argomento sulla
vicenda “penicillina” in un prossimo post.
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