Basta poco per riscrivere la
storia (minuscola o maiuscola fa lo stesso), è sufficiente un’ipotesi, non
importa se una balla colossale o qualcosa di più serio. Basta mettere in giro
una voce, un qualcosa di sensazionale e quasi d’incredibile, e più la chiacchiera
è inverosimile e maggiori sono le probabilità che diventi luogo comune, verità
assodata. Prendiamo una storiella che circola in questi giorni, diffusa da una
trasmissione televisiva inglese e poi rilanciata dai giornali e approdata in
internet, ossia quella della spazzola per capelli, ritrovata (quando, come, da
chi?) in una villa preso un villaggio montano in Baviera, e poi l’esame
dell’acido desossiribonucleico dei capelli stessi che ne è seguito, un esame
che è prova principe in tutti gli sceneggiati televisivi e affini.
Quei capelli sarebbero
appartenuti a tale Eva Braun, compagna del noto statista austro-tedesco (se non
vi va statista posso scrivere qualsiasi epiteto). Ebbene da quell’esame del Dna
sarebbe emerso il “sospetto” che Eva Braun, la moglie del fanatico antisemita e anticomunista,
fosse di origine ebraica. Tale sospetto, propalato nel modo che ho detto,
ascoltato e letto da milioni di persone, diventerà (è già diventato) certezza,
inconfutabile verità storica. E poco importa che gli storici, quelli veri, non
diano credito a una cosa così aleatoria per come sarebbe avvenuto il presunto riscontro.
Non che m’importi un fico se la
Braun avesse nelle vene qualche stilla di sangue “ebreo askenazita” (lo metto
tra virgolette perché l’ebreo askenazita dal punto di vista genetico è
un’astrazione o quasi, vedi QUI), ma rilevo la cosa per una questione di buon
senso. Quei gentiluomini di nazisti indagavano, nel loro fanatismo, gli alberi
genealogici fin quasi all’epoca in cui l’uomo africano viveva nelle savane,
figuriamoci se non l’hanno fatto anche per la signora Eva Braun. E tuttavia può
essere benissimo che qualche “contaminazione” nel passato genealogico della
Braun ci sia stata, nessuno può escluderlo. Più si risale indietro nel tempo e
più è alta la probabilità che in qualche modo ognuno di noi discenda da Gengis
Kahn o da Kunta Kinte, a scelta.
La questione ovviamente non è
questa, è solo per dire con quanta superficialità si formano i miti ancora nel
XXI secolo. Figuriamoci quelli che si sono sedimentati da duemila anni in qua.
Il senso critico è una "religione" da coltivare, faticosamente, giorno per giorno... c'è poco da fare. E questo è vero per tutto, anche nella scelta della presunta miglior crocchetta da dare al proprio gatto... (e non è una battuta, è un esempio serio!...)
RispondiEliminaUtilizzare l'ennesima balla telematica tricotica come parallello per una valutazione ,anche di superficialità, con i miti greci mi sembra oggettivamente sbrigativa e un pò superficiale. Va bene tutto, ma ...........
RispondiEliminaPer Gengis Khan invece ci ha azzeccato: nella tassonomia umana il nostro ceppo è infatti 'caucasico'.
che cosa c'entrano i miti greci?
Eliminaio non azzecco un bel nulla, vai a rompere le scatole altrove