La crisi economica mondiale ha risvegliato in Germania i fantasmi della Repubblica di Weimar. Il nesso tra crisi economica, disoccupazione di massa, decretazione d'urgenza e altre misure, inducono evidentemente a riflessioni sul tema della sostenibilità del sistema.
Se ne occupa anche un professore tedesco, il quale ha esortato il pubblico a superare i fantasmi del passato e parlare apertamente "della necessità di una soluzione bonapartista". Sotto il titolo "Democrazia anatra zoppa", il professore Herfried Münkler chiede un fresco e meno inibito esame del rapporto tra democrazia e dittatura.
Münkler insegna teoria politica presso l'Istituto per le Scienze Sociali presso l'università Humboldt di Berlino ed è descritto dalla rivista Der Spiegel come "uno dei più ricercati consulenti politici in Germania", per i suoi "spunti di riflessione intellettuale". Il suo ultimo "impulso intellettuale", è apparso nel numero di maggio/giugno della rivista Internationale Politik, pubblicata dal famosa Società tedesca per la politica estera (DGAP).
Nel suo articolo, Münkler respinge qualsiasi contrapposizione rigorosa tra democrazia e dittatura. Egli scrive: "In generale, la dittatura è considerata l'opposto della democrazia. Ma questo vale solo entro certi limiti". Quindi analizza storicamente il concetto, citando i soliti Aristotele e Alexis de Tocqueville ("tirannia della maggioranza"), ma anche Marx ("dittatura del proletariato"). Il tutto per sostenere una tesi che sembra aver preso un certo interesse presso la classe padronale e la relativa servitù politica e mediatica.
Münkler è ovviamente preoccupato per l'idea che democrazia possa significare veramente la regola della maggioranza. Questo è l'obiettivo degenere di certe idee politiche, che cercano di espandere la democrazia in tutte le sfere della vita economica e politica al fine di attuare politiche nell'interesse della maggioranza. Egli ritorna più volte su questo tema.
La tesi del professore è molto sempice: riferendosi al sociologo britannico Colin Crouch, Münkler scrive che si è giunti ad una condizione di "esaurimento delle energie democratiche e l'erosione delle relative istituzioni", quindi è da prendere in seria considerazione l'instaurazione di un’era "post democratica". Münkler loda i lati positivi della dittatura, descrivendo il disagio e i problemi che la democrazia comporta, a causa delle lungaggini del processo decisionale, la mancanza di scelta del personale politico adeguato, l'inclinazione comune dei politici di non dire la verità (quella cara al professore) perché temono di essere puniti dall’elettorato, infine, l'influenza dei partiti e gruppi d'interesse (che, com’è noto, questi ultimi, nelle dittature non esistono).
Questo è quello che crea il desiderio di "un po' di dittatura". Quando il processo decisionale è bloccato da continui nuovi ricorsi, o da gruppi opposti d’interesse ugualmente forti, il che significa che i problemi restano irrisolti, allora è auspicabile che subentrino "soluzioni bonapartiste".
Münkler non dice nulla circa le cause sociali di questa "erosione delle istituzioni democratiche" – vale a dire l'arroganza e insensibilità di una oligarchia finanziaria di super ricchi che determina le politiche e le regole cui i responsabili politici debbono aderire, come ad esempio il drenaggio di centinaia di miliardi dei contribuenti messi a disposizione delle banche e degli istituti finanziari per scopi speculativi. È chiaro che per l'elite finanziaria, i dibattiti pubblici su tali argomenti, per esempio, sono solo un ostacolo al trasferimento dell'intero onere della crisi sulla popolazione.
Tuttavia bisogna considerare come la questione sollevata dal professore berlinese non sia nuova e, anzi, sia tipica degli ideologi di professione in tali frangenti. Naturalmente per assegnarle una certa dignità intellettuale ed epistemologica, questi “studiosi” partono da lontano, ovvero dai tempi della democrazia greca. Herr professor ci dice: nel corso del tempo, il sistema sociale è diventato "sempre più complesso e soggetto a problemi" e, come le persone anziane che vengono "travolte" da parte delle sfide della vita, necessitano di un "lifting di ringiovanimento".
La "questione chiave" è; quali metodi sono ammissibili per un ringiovanimento?
Alcuni teorici politici – ci spiega Münkler – hanno "occasionalmente suggerito che le guerre possono rivitalizzare l'ordine politico", ma tali proposte "sono prive di qualsiasi potere di persuasione oggi", soggiunge il bonario professore, il quale però ha pronta una felice pensata: un'altra possibilità è costituita "dall'annuncio di una catastrofe imminente". Questo non richiede un profeta biblico il quale può essere sostituito da un’adeguata campagna con "riferimento alla natura", e da "obiezioni ecologiche per un'economia in crescita". Münkler ovviamente ha in mente qui l’illuminato cittadino istruito, che si preoccupa della minaccia del disastro ambientale, l'esaurimento dei combustibili fossili e le risorse energetiche, il quale guarda ad un intervento forte da parte dello Stato.
"Cosa succede, tuttavia, se la gente non vuole ascoltare?" si chiede l’astuto berlinese? Risponde alla propria domanda: "Allora l'idea è quella di una eco-dittatura emergente." Platone aveva giustificato la sua società ideale e “anti-democratica sotto la regola dei filosofi", argomentando contro la dominazione delle "persone irragionevoli che hanno sempre nostalgia per il fornaio e devono quindi essere messe a dieta da medici intelligenti".
Münkler descrive quindi in dettaglio come "le tre fonti della cultura europea, cioè religioni abramitiche, la filosofia greca e la concezione romana del diritto" possono essere aggirate per affrontare "la rigenerazione di un ordine politico e la gestione di situazioni di emergenza e di sfide straordinarie" .
Fu soprattutto Carl Schmitt, che sulla scia della rivoluzione russa ei suoi effetti sulla Germania – scrive Münkler – "sotto l'impressione delle confusioni, alla fine della prima guerra mondiale, cercò, alla maniera di un legale, di mettere ordine nella situazione relativamente a certi concetti". Schmitt differenziò la dittatura "tra commissariale e sovrana". Definì la prima come il tentativo di difendere la Costituzione con mezzi extra-costituzionali, come strumento per la creazione di un nuovo ordine, che esiste inizialmente solo nel mondo concettuale del dittatore e dei suoi seguaci.
Anche se Münkler sottolinea più volte che egli cerca semplicemente di analizzare il passato e non è egli stesso fautore di misure dittatoriali, il suo riferimento a Carl Schmitt non lascia alcun dubbio sulla sua discendenza intellettuale. Egli non fa alcun tentativo di dissociarsi dall'uomo, che più di ogni altro esperto legale, ha giustificato da un punto di vista dottrinale, cioè dal punto di vista del diritto, la dittatura di Hitler.
Al contrario, Münkler lo loda come il sostenitore di una dittatura moderata e commissariale. "Quando oggi si parla tanto di poteri dittatoriali e delle loro misure, allora è per lo più, nel senso che Schmitt ha chiamato dittatura commissariale".
L’articolo di Münkler, pubblicato su una rivista di primo piano politico, non dovrebbe essere sottovalutato e ricondotto a mere ed ariose speculazioni di uno storico agitato. Münkler ha legami stretti con gli ambienti politici, e il suo intervento è una consapevole espressione, sia pure in un tono altezzoso e accademico, di come la borghesia stia attualmente riflettendo, di fronte alla crisi e al palese fallimento del sistema, sui modi e i mezzi per smantellare i diritti democratici e di istituire nuove forme di governo autoritario.
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