martedì 12 gennaio 2010

Cento Fiori


Roma, un'estate dei primi anni Ottanta. Pertini è al Quirinale e Wojtyla in viaggio. Governa Craxi con Andreotti e Spadolini: l'inflazione è a due cifre e hanno appena approvato la legge che taglia quattro punti di scala mobile, in accordo con Cisl e Uil. In via Tomacelli, civico 146, ci sono i locali della redazione del “quotidiano comunista” il manifesto. Un indomito Ernesto è affisso in parete tra alcune prime pagine “storiche” del giornale. L’atmosfera è laboriosamente accidiosa. Un praticante di lungo corso, con un’aria più stranita del solito, si avvicina alla scrivania di Riccardo Barenghi: «Potrei parlarti un momento?»

Il praticante è uno che si interessa un po’ di tutto ma che di preciso non si occupa di niente. Però è un buon diavolo e a uno così non puoi dire: no.

«Certo, dimmi tutto», l’accoglie Barenghi.

Il praticante esita per un momento, quindi: «Si tratta di un sogno …».




«Alt! Te l’ho già detto: evitare pachistano nero di mattina».

«Ma no, si tratta di un sogno vero», protesta timidamente.

«Ad occhi chiusi?», lo incalza quasi severo.

«Sì, in quella fase insulsa del sonno, nel dormiveglia, quelle cazzate che il più delle volte si dileguano quando ti svegli».

«E cosa c’entro, già non mi aspetto niente di buono dai miei sogni, figuriamoci da quelli degli altri», si difende Barenghi tentando un arrocco. «E poi – continua sarcastico – non sono mica Popper-Lynkeus o quel plagiario di Sigmund, ho optato per un altro mestiere, anche se pur sempre attinente con le bugie e il loro quotidiano aggiornamento». Riccardo ha scelto il giornalismo, come dice un po’ scherzando, perché gli permette di alzarsi tardi al mattino. La sua fonte principale di reddito era stata la gestione, insieme ad altri, di una discoteca, poi chiusa dalla polizia per motivi di droga. Lui si era fatto qualche giorno preventivo, ma non c’entrava nulla, pulito, ed infatti verrà assolto. Ha una compagna e ora anche un figlio. È un tipo sveglio, ama il calcio e altre cose, al giornale s’interessa di politica interna, di scala mobile e dintorni. Ha amici sicuri, militanti a sinistra doc, come Ferdinando Adornato.

«È una cosa lunga?», s’informa quindi Riccardo, stretto nella veste di Daldanius.

«Dipende».

«Allora vai sul punto e censura i dettagli». In quel momento entra nella stanza Luigi Pintor, fa un cenno ai presenti e si mette in ascolto.

«Beh, tutto comincia con una data e un luogo. È il diciotto brumaio … ».

«Ho capito, Napoleone …» sospirò Barenghi nella speranza di arrivare al dunque in meno di due secoli.

«Ma no, scusa, si tratta di un’altra cosa», quasi si dispera il praticante.

«Non mi dire che la tiri lunga e poi, infine, m’acchiappi con Craxi!».

«Ma no, figurati, Craxi semmai viene dopo. Nel sogno tutto ha inizio il diciotto brumaio del 1989, tra cinque anni. Il posto è Berlino, cioè, succede, cioè, che cade il Muro!»

«Scusa, in che senso?»

«Nel senso che il Muro non c’è più!», risponde il piccolo Nostradamus allargando le braccia.

«Prospettiva interessante, ma prematura», osserva Barenghi, rastrellandosi la barba. «La sopravvivenza media garantita da quei regimi è, in ultima analisi, sempre antagonista della vita vera. E poi che c’entra il diciotto brumaio?».

«Non lo so, ho controllato, convertendo la data nel nostro calendario viene fuori il 9 novembre», lamenta ormai sfiduciato il sognatore.

Interviene Pintor: «È un classico della storia l’alternanza di fasi di stagnazione e di rapido sconvolgimento. Marx ha scritto pagine mirabili su questo tema. La quantità di tutto ciò che questa società ci impone e ci infligge ha già superato la soglia oltre la quale ogni equilibrio faticosamente costruito viene rotto con violenza. Marx ha scritto che ogni epoca si pone solo i problemi che può risolvere, e questo è vero; e oggi siamo giunti precisamente al punto in cui non è più possibile risolverne nessuno senza risolverli tutti. Resta il fatto, detto tra noi, che i cocci della sinistra dei paesi occidentali sono sempre pronti a farsi raggirare da tutte le propagande di scarto. E questo succede ad ogni cambio di stagione».

«Sì, d’accordo – soggiunse pragmaticamente Barenghi – ma non colgo al momento alcun elemento premonitore di cambiamenti così decisivi, epocali».

«E invece è già tutto così chiaro se lo sai leggere – riprende Pintor. Se questo mondo rimane ancora per un po’ in mano a codeste classi dirigenti, la catastrofe ci coinvolgerà tutti. Ormai la funzione ultima ed essenziale di questa economia, in cui regna il lavoro-merce che assicura tutto il potere ai padroni, è la produzione d'impiego. Ma mi rendo conto che importa poco ... ».

«Il sogno – si affretta ad aggiungere il nostro praticante – prosegue con la scomparsa dell’Urss, e poco dopo, in Italia, avviene lo scioglimento del PCI».

«Chiaro che in una simile situazione i nodi verrebbero al pettine», chiosa Barenghi cercando consenso nell’espressione ieratica assunta da Pintor. «L’Urss è ormai un peso morto per le sue stesse classi dirigenti, la sua stessa immobilità antistorica lo condanna, si tratta solo di certificarne il decesso ma ci vorrà ancora del tempo, e molte sono le incognite sulla transizione. Comunque, permetti di dirti che non si tratta di un sogno molto originale e poi, scusa, per dirla alla buona, non ho ancora capito per quale cavolo di motivo lo vieni a raccontare a me».

«D’accordo, però nel sogno c’è Craxi. È costretto alla latitanza, fuggiasco all’estero!», esclama compiaciuto il nostro amico.

«Ah, ecco, lo sapevo che finiva così, anche per oggi abbiamo Craxi come companatico», protesta sbuffando ma con poca convinzione il redattore barbuto.

«Sì, e poi … poi c’è anche Riotta», rivela con un coup de théâtre il poveretto.

«Riotta chi, Gianni?», chiede finalmente sorpreso Barenghi guardando nuovamente un Pintor che cerca qualcosa frugando nelle proprie tasche ma senza cavar nulla.

«Sì, proprio lui», conferma il narratore con un’enfasi non corrisposta.
I vincenti li vedi già alla partenza e Riotta è un cavallo di razza, quell’uno su mille che ce la fa, come dice quel tale. Vanta pedigree e conoscenze coltivatissime, ovviamente, altrimenti i garretti non bastano. E vaghe idealità politiche, ma non gli manca la scaltrezza per cogliere le opportunità. Possiede quella prontezza di spirito che un altro siciliano, estinto, ebbe a dire che “usurpa il nome di intelligenza”. Ma Gianni non è solo furbo, è anche intelligente, peccato per quel senso di superiorità che gli barbaglia negl’occhi. Come altri della sua generazione, è lettore avido delle quarte di copertina e di recensioni, ma non è supportato da una memoria di ferro, per cui può capitargli di confondere un libro per un altro. Prima di altri comprenderà che un sistema deve regnare o scomparire, e la sua esperienza negli Usa, per una laurea in chiacchiere e da dove invia le proprie corrispondenze al manifesto, sarà in tal senso decisiva per maturare un'etica più essenziale e diventare un critico laterale, cioè un critico che si esprime con franchezza ma senza mai scoprire le cause, se non nelle forme dell'apparenza. Questo è l'essenziale, il resto è personaggio: Silicon Valley diventa la sua canzone preferita e del senno di poi è un abile azionista. Decanta internet dieci anni prima della comparsa del web e l’iPod quando il mangianastri ha appena sostituito il vinile. Potrebbe scrivere una collana di libri senza dire nulla. I suoi incontri sono con le persone giuste e approda ad una matrimonio giustissimo.

«Nel sogno diventa direttore del giornale della Confindustria – conclude il praticante – e scrive a favore dell’incremento della spesa militare a sostegno di nuove e lunghe guerre».

Pintor accenna uno sghignazzo e sta per lasciare la stanza, ma prima di inforcare la porta si gira e sentenzia con celia: «Tutto può essere, non dobbiamo dimenticare, si parva licet, che il fondatore de Il Popolo d’Italia fino a poche settimane prima era l’acclamato direttore de l’Avanti! Comunque tu, dai retta a me, dovresti cenare più leggero la sera».

Dileguatosi Pintor, Barenghi si alza e, con un cenno che scoraggia possibili repliche, accomiata il praticante, dicendogli: «Non fare cenno di questa stronzata con Riotta, altrimenti, lo sai, s’incazza serio».

Il praticante prima di allontanarsi ha il tempo di concludere: «Nel sogno ci sei anche tu, Riccardo».

«Ah, ah, e non dirmi che andrò a scrivere per il giornale della Fiat!».

«No, Riccardo, questo non te lo dirò».

2 commenti:

  1. "...militanti a sinistra doc, come Ferdinando Adornato."

    sei un grande ;)

    ne avevo perso le tracce, poi lo ritrovo l'altra sera in un tiggì che fa il portavode dell'UDC.

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  2. grazie. l'elenco delle banderuole sarebbe lungo, fin troppo

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