domenica 11 settembre 2022

Guardandomi intorno

 

Mi piacciono gli alberi. Non conosco la tassonomia del regno delle piante, ma ho una certa passione nel ricostruire gli alberi genealogici, che di solito invece gli scolari abbatterebbero volentieri alla base del tronco.

Quel ginepraio fatto di Alessandro, Carlo, Edoardo, Enrico, Filippo, Ferdinando, Giovanni, Ivan, Massimiliano, Nicola, nomi seguiti da un numero sequenziale romano, oppure da un aggettivo: grande, calvo, glabro, bello, terribile, senza terra, plantageneta, ecc.. Per non parlare della saga dei papi, i cui nomi si ripetono apposta per farci confusione.

Ebbene, solo con una certa difficoltà riesco a mettere in fila i nomi dei sette re di Roma, causa mio scarso impegno. Con gli imperatori romani è diverso, sfoggio nomi, cronologia, opere e omissioni, e in caso di qualche piccola imprecisione chi vuoi se ne accorga. Così vado in scioltezza anche per i due rami principali dei Medici, figli naturali compresi, e poi per le linee discendenti di alcuni altri casati di nobili, banchieri e altri mortali divenuti noti più per le loro malefatte che per presunte benemerenze.

Non serve scomodare Giordano Bruno o Aby Warburg per chiarire come riusciamo a stimolare la memoria stabilendo nessi tra l’ambiente esterno e il nostro cervello. Che è poi lo stesso principio, tipicamente umano, che ci consente di comunicare e dirigere gran parte del nostro comportamento. I quindicimila versi dell’Iliade e i dodicimila dell’Odissea, prima che fossero cristallizzati nella scrittura letteraria, furono tramandati oralmente per innumerevoli generazioni. Un mondo che non esiste più, dove le capacità mnemoniche erano abbastanza comuni e invece oggi ci appaiono quasi sovrumane.

Per il resto, quando incontro delle persone con le quali magari ho cenato solo qualche settimana prima, posso dimenticarmi i loro nomi, e devo mettermi d’impegno quando li rincontro per evitare gaffe. Penso non si tratti di prosopagnosia associativa, né di Alzheimer o altro tipo di scissione. Certe persone mi passano accanto nel mio sostanziale disinteresse. Invece posso ricordarmi, anche a distanza di molto tempo, il volto e il nome di una persona che avevo appena intravista e che però in quel momento suscitò in me qualche interesse.

Venerdì, transitando per una cittadina dove ho vissuto qualche anno della mia adolescenza e che poi non ho più frequentato, ho avuto bisogno di entrare in un negozio per un acquisto inizialmente non previsto. All’interno, tra altri clienti, ho scorto, nel volto di una signora non più giovane, la fisionomia di una mia ex compagna di scuola. Quando l’ho chiamata per nome, è rimasta sorpresa, e meravigliata quando le ho chiarito chi fossi. L’ultima volta che ci vedemmo fu più di cinquant’anni or sono.

Dopo i convenevoli, usciti dal negozio, abbiamo parlato, più ancora di quello che siamo adesso, di quel noi scomparso. Di quando nei lunghi inverni nevicava e guardavamo dalle finestre un paese di fiaba che oggi non esiste più; della pioggia e del buio a mezzogiorno, di quando la domenica si acquistava con 35 lire un krapfen gonfio di crema pasticciera, naturalmente dopo la messa. L’acquisito senso del sacro e dell’obbedienza, ma non ancora di che cosa fosse realmente fatta la vita.

E ancora, se vi fosse stato tempo abbastanza, avrei voluto discorrere con lei delle nuove letture d’allora, l’ingresso su altri secoli, la conoscenza di personaggi che nella vita reale non avremmo incontrato mai. Insomma, di ricordi belli e non solo di cose malinconiche.

Infine è stata inevitabile una rapida ricognizione basata sui nomi dei nostri coetanei. Apprendevo dalle sue parole, quasi con angoscia, che alcuni di loro, di cui non avevo più avute notizie, erano morti ancora molto giovani, di malattia o a seguito di altre sventure. A casa, più tardi, ho ripensato a ciò che di loro è rimasto, dissolti i corpi. Il vago ricordo di chi li conobbe, e solo ancora per poco.

Quali fili invisibili guidano il nostro destino? Non resta che abbandonarci al caso, arrenderci a quella che i più chiamano fatalità. Gli dèi ci sono grati se non disturbiamo i loro giochi e del resto, guardandomi intorno, non mi pare siano rimasti tra noi molti esseri umani.

1 commento:

  1. "non mi pare siano rimasti tra noi molti esseri umani", solo automi che tirano a campare!

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