giovedì 25 febbraio 2021

Che pena

 

I politici non esistono più perché non esiste più la politica. Altri dicono che forse è più vero il contrario. Il risultato non cambia.

Permane tuttavia l’esigenza, inalienabile, da parte dei diversi strati sociali, di vedersi rappresentati politicamente. Non avviene per ragioni di passione civile e ideale, roba antica, bensì per mantenere o tentare di recuperare status economico e potere contrattuale in una fase in cui la dominanza assoluta del capitale monopolistico e le nuove tecnologie hanno scompaginato tutti gli assetti consolidati da decenni.

Questa situazione, relativamente recente, è stata alla base, da ultimo, dell’affermazione elettorale del Movimento cinque stelle, in particolare, ma anche della Lega e prossimamente dei fascisti, così come la scomparsa dei grandi partiti ideologici costituì il successo di Forza Italia. Il Pd invece ha dilapidato il lascito di un’altra storia, e sopravviverà a se stesso finché gli rimarranno dei claqueurs televisivi.

L’opzione politica incarnata da questi movimenti e partiti è data da una concezione del mondo lineare e interclassista, capace di suscitare miti semplificatori e agitare paure. Il tutto è mediato dai clan dell’informazione, all’occorrenza in alleanza con quelli giudiziari.

Alla fine che cosa è rimasto? I governi tecnici e la lotta famelica per accaparrarsi delle poltroncine. L’ultima baraonda per quelle di sottosegretario. Che pena.

Ammetto tuttavia che la mia è una visione molto pessimistica, dettata da un’estetica politica che appartiene a un tempo passato, non compreso dai molti e secondo un montaggio della realtà diverso da quello dello streaming.


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