Non c’è quasi aspetto della vita e degli scritti di Marx e di Engels che non sia stato sottoposto a un sistematico lavorìo di “fraintendimento”, ovvero a una oculata manipolazione e falsificazione. Infatti, la loro critica scientifica del capitalismo rappresenta ancora un’arma potente e temuta dalla borghesia. È per tale motivo che non sono pochi quelli che intraprendendo tale proficua attività di smercio del falso, all’ingrosso e al dettaglio, ottenendo in premio vantaggi di promozione politica, di carriera accademica e di successo editoriale. Il risultato di questa diuturna fatica è la diffusione capillare in tutti gli strati sociali di truismi adatti a infangare Marx e la scienza marxista, serviti in ogni occasione con la sicumera di chi se ne intende!
Prendiamo un esempio molto semplice, banale, innocuo: “la religione è l’oppio dei popoli”. La frase in sé esprime già un senso compiuto, una sua ragione; si tratta però di un concetto che non va oltre una dichiarazione di blando e innocuo ateismo; detta così può sembrare una boutade. Marx invece era un pensatore potente e solo nel suo contesto la metafora marxiana acquista valore autentico di critica religiosa e sociale insieme: «La miseria religiosa è insieme l'espressione della miseria reale e la protesta contro la miseria reale. La religione è il sospiro della creatura oppressa, il sentimento di un mondo senza cuore, così come è lo spirito di una condizione senza spirito. Essa è l'oppio del popolo. Eliminare la religione in quanto illusoria felicità del popolo vuol dire esigerne la felicità reale».
Ci sono però frasi attribuite a Marx il cui spaccio, sic et simpliciter, perde la sua innocuità per assumere la rilevanza della proditoria falsificazione, come nella notissima sentenza: «io non sono marxista». Privata del suo contesto esplicativo, il giochino di attribuire alla frasetta un significato assai diverso da quello che essa in realtà allude nell’ambito storico in cui è stata pronunciata e poi riferita, diventa facile e non c’è nulla di più adatto a favorire il successo del pettegolezzo di una calunnia verosimile.
La frase venne riferita da Engels. In quale contesto e con quale autentico significato? I leader del movimento rivoluzionario francese, cioè Malon e Brusse (possibilisti), da un lato, Guesde e Lafargue (collettivisti), dall'altro, tendevano verso strategie politiche che Marx ed Engels non condividevano appieno, specie per quanto riguarda certe "teorizzazioni". Marx si espresse, esasperato, polemicamente contro tale strategia del partito operaio francese. Di tale esasperazione e contrarietà si fece testimone Engels in una lettera a Eduard Bernstein, datata 2-3 novembre 1882, nella quale dice testualmente:
«Riguardo alla Sua reiterata affermazione che il “marxismo” in Francia soffrirebbe di notevole discredito, Lei non ha altra fonte che un Malon di seconda mano [sottolineatura di Engels; per un resoconto sulle falsificazioni di Malon, cfr. lettera di E. del 28 nov. 1882]. Ora, ciò che in Francia va sotto il nome di “marxismo” è in effetti un prodotto del tutto particolare, tanto che una volta Marx ha detto a Lafaurge: “ce qu’il y a de certain c’est que moi, je ne suis pas marxiste”.
Quindi Marx prese le distanze dal marxismo “sui generis” di alcuni esponenti del Partito operaio francese. Ma attenzione, contro Malon e Brusse piuttosto che contro Guesde e Lafargue (anche se a questi ultimi rimprovera certe "stupidaggini"). Il 15 febbraio di quello stesso anno Marx aveva avuto un lungo colloquio a Parigi con Guesde e accoliti sulle questioni relative al movimento operaio francese. Poi lo reincontra nell’estate, così come avrà nello stesso periodo diversi colloqui con Lafargue su quei temi. Insomma, Marx ed Engels non condividevano spesso le "stupidaggini bakuniniste" di Geusde e Lafargue (la corrispondenza 1880-1883 ne è testimonianza copiosa). In particolare per quanto riguarda il "terrorismo del futuro" di Guesde, "che durerà finché l'inchiostro della stampa non avrà ghigliottinato anche l'ultimo oppressore borghese", scriveva Marx ironicamente nella lettera alla figlia Laura del 13 aprile 1882.
Inoltre, ciò posto, la ribalderia dei falsificatori del marxismo si guarda bene di prendere nota anche di quanto dice Engels in una lettera allo stesso Bernestein il 25 ottobre dell’anno prima:
«Le sono molto grato di avermi scritto […] ciò mi dà l’occasione di spiegarLe la posizione di Marx e quindi, in seconda battuta, anche la mia riguardo al movimento operaio francese […] se a Parigi Guesde e Lafargue vogliono per forza crearsi la fama di tueurs de journaux, noi non possiamo certo impedirlo, ma neanche faremo di più. […] Il fatto, che i nostri amici francesi che vogliono fondare il Parti ouvrier, tutti senza eccezione, da 12-15 mesi non fanno che prendere una cantonata dopo l’altra […].
Sono quelli del Prolétaire a sostenere che Guesde e Lafargue sarebbero il portavoce di Marx […] È vero, tuttavia, che Guesde è venuto qua da noi quando si è posto il problema di redigere una bozza di programma per il Partito operaio francese. […] sono stati poi discussi gli altri contenuti del programma; abbiamo aggiunto qualcosa e qualcos’altro abbiamo tolto, ma, riguardo all’essere Guesde il portavoce di Marx, quanto poco ciò corrisponda al vero, risulta evidente dal fatto che egli abbia insistito per includere quella sua stupidaggine sul minimum du salaire e, non essendo noi i responsabili della cosa, bensì i francesi, alla fine glielo abbiamo concesso, sebbene anch’egli ne abbia ammesso l’assurdità teorica.
[…] L’atteggiamento di Marx, e dunque anche il mio, nei confronti dei francesi è lo stesso che verso gli altri movimenti nazionali. Siamo continuamente in contatto con loro, fin quando ne vale la pena e ce n’è l’occasione, ma ogni tentativo di influenzare la volontà di queste persone ci danneggerebbe soltanto e distruggerebbe l’antica fiducia del periodo dell’Internazionale. E, inoltre, abbiamo troppa esperienza in revolutionaribus rebus per farlo.
Pertanto, l’atteggiamento di Marx e di Engels verso i “marxismi” nazionali è sì quello della collaborazione, ma anche della non interferenza, secondo il richiamato spirito dell’Internazionale. Nella specie, se il “marxismo” dei francesi è quello del compromesso di Malon e Brusse, ma anche delle “cantonate” e delle “stupidaggini” di Guesde e Lafargue, essi non se ne faranno carico, e in tal senso, come scrive Engels nella prima lettera, non sono responsabili e non si sentono coinvolti in quel genere “particolare” di "marxismo".
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