lunedì 11 ottobre 2010

Una modesta proposta per scatenare la terza guerra mondiale



Sono finalmente parecchi, persino qui in Italia, coloro che si sono accorti della brutta piega che sta prendendo la guerra dei cambi e delle tariffe e delle conseguenze d'un conflitto crescente di questa natura. Ma non manca anche chi crede, e sono la maggioranza, che queste questioni saranno risolte prima o poi con degli accordi negoziali. Non si tratta di inguaribili ottimisti, ma di pragmatici genuini.
Tuttavia c'è da tener conto di un fatto, e cioè che le istituzioni progettate nel dopoguerra, basate sul predominio economico degli Stati Uniti, per impedire il ritorno della guerra commerciale degli anni trenta, sono crollate da tempo. Inoltre va notato che nella storia non si è mai verificato che due grandi potenze commerciali antagoniste siano riuscite ad evitare uno scontro aperto e diretto per la supremazia. Mors tua vita mea, dicevano un tempo.
Ed infatti, nel post di ieri ricordavo come Robert Samuelson, sul Washington Post, ha apertamente difeso la guerra commerciale come mezzo per assicurare la continua supremazia economica degli Stati Uniti: «Nessuna persona a conoscenza degli effetti della tassa Smoot-Hawley nel 1930 dovrebbe gioire per la prospettiva di una guerra commerciale con la Cina, ma sembra che questa sia la direzione in cui va l'America». E soggiunge con nonchalance che si tratta di un rischio che gli Usa si devono prendere!
Di altro avviso il premier cinese Wen Jiabao, il quale ha detto ai funzionari Usa la scorsa settimana che «Se il renminbi [yuan] dovesse aumentare dal 20 al 40 per cento per assecondare la richiesta del governo americano, molte aziende cinesi sarebbero destinate alla bancarotta e un alto numero di lavoratori cinesi sarebbero licenziati e quelli rurali sarebbero costretti a tornare a casa, con grandi sconvolgimenti nella società cinese». Insomma la Cina rischierebbe una serie incontrollabile di disordini sociali e anche questo spiega la sua resistenza a rendere le merci cinesi meno competitive con un yuan più forte.
Ed ecco quindi Samuelson criticare la Cina per «non aver mai veramente accettato le regole fondamentali che governano l'economia globale» e di volere «un sistema di soggetti commerciali per le proprie esigenze». Nella sua conclusione afferma che la guerra economica è un male minore rispetto ad una accettazione del dominio cinese, argomentando così: «Lo scontro è tra due concezioni di ordine mondiale. Gli Usa in qualità di principale artefice e custode del vecchio ordine, sono di fronte a una scelta terribile: resistere alle ambizioni della Cina e correre il rischio di una guerra commerciale, o non fare nulla e lasciare che la Cina riorganizzi il sistema commerciale mondiale secondo i propri piani. La prima opzione sarebbe pericolosa, la seconda potenzialmente disastrosa».

Si tratta, indubbiamente, di una proposta per scatenare la terza guerra mondiale.


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