Non c’è uno di noi che non abbia avuto almeno un nonno antifascista e partigiano. Sembra che nell’Italia di allora esistessero solo antifascisti e partigiani. Mio nonno non è stato partigiano, perché non se lo poteva permettere. Nel senso che doveva provvedere a una famiglia numerosa della quale era l’unica fonte di sostentamento. E però, come altri, non se ne stette proprio inerte, per cui l’hanno rinchiuso nel carcere di Santa Maria Maggiore, a Venezia. Nonostante le suppliche di mia nonna, i tedeschi lo spedirono in villeggiatura all’estero, dalla quale tornò minato irrimediabilmente nella sua salute. Fu lui la prima persona, quando avevo cinque o sei anni, a parlarmi dei fascisti. Io non capivo chi fossero, e tantomeno capivo chi fossero i partigiani, che nella mia ingenuità infantile identificavo nei “giapponesi”, senza avere anche in tal caso la minima idea di chi fossero questi ultimi. La cosa che più mi stupiva del suo racconto, era il fatto che secondo lui i fascisti esistevano ancora e invece partigiani non più. Non comprendevo come ciò fosse avvenuto, perché erano scomparsi i partigiani? Il nonno tagliava corto e mi diceva che i partigiani erano scomparsi perché credevano di aver vinto contro i fascisti. Non riuscivo a venire a capo di tale enigma e mi ci volle qualche anno prima che la faccenda mi diventasse chiara. Da allora non ho più avuto dubbi sul perché i fascisti ci sono ancora e perché i partigiani sono scomparsi. Perché i fascisti hanno vinto.

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