giovedì 27 novembre 2025

Questa sinistra vittoriosa

 

Ciò che allontana le persone è semplicemente ciò che pensano e ciò in cui credono. E da dove viene questa roba? Dal sistema economico e finanziario che ha promosso le industrie della comunicazione sostenendo la proliferazione e la mobilità delle reti, creando una società dell’intrattenimento, nella quale siamo trascinati in una spirale di stupidità, inseguendo come criceti che corrono su una ruota una quantità astronomica di “notizie” di scarsa qualità (eufemismo).

Se controlli la comunicazione, direttamente o con l’intimidazione, è chiaro che controlli il processo politico e il consenso. Si dirà che giornali e tv hanno perso rilevanza, che è roba di fascia geriatrica. Non è così. La maggior parte delle notizie veicolate e amplificate dai social ha come base ciò che viene pubblicato dalla stampa e trasmesso dalle tv.

Per una analisi più soggettiva, va rilevato che non c’è nessuno, o quasi, che nella stampa o in tv abbia il coraggio di dire le cose per come sono, di chiamarle con il loro nome. Nessuno, per esempio, afferma che il riarmo e la guerra sono mezzi per sfuggire alla cronica crisi economica dell’Occidente. La coalizione pragmatica ed elettorale tra Partito Democratico e Movimento Cinque Stelle, ha forse una posizione chiara e univoca sulla questione della guerra e della pace?

Oppure, nel rispondere a una domanda su questo o quel personaggio politico non c’è nessuno che evochi la parola “fascista”. Pierluigi Bersani arriva a dire che questi nostalgici vengono “da quella roba là”. A quale legame storico allude? Oltre non va, non s’azzarda a dare del fascista a gente che siede nei più alti scranni della repubblica e però esibisce con orgoglio il busto di Mussolini. Come se questi non fosse stato il maggior alleato di un certo Adolf Hitler!

Mai una parola sulle forze sociali ed economiche che spingono verso questa deriva populista, autoritaria e fascista. Quali interessi economici e finanziari sono coinvolti in questa situazione di crisi ormai avanzata? E anche quando si fa menzione della disuguaglianza sociale o della crescita dell’oligarchia miliardaria, sembra si parli degli omini verdi di Marte.

Negli ultimi due decenni, i governi che si sono succeduti hanno fatto sì che i salari in Italia fossero tra i più bassi d’Europa e, nonostante l’inflazione, in termini di potere d’acquisto siano inferiori a quelli di 20 anni fa. Lo dice la CGIL, che però ha ripreso le sue vecchie pratiche, ovvero negozia contratti quadriennali pessimi per i lavoratori che prevedono aumenti salariali irrisori.

La sinistra liberale e democristiana rimane intrappolata nel sistema esistente, non ne mette in discussione la logica. Nulla da dire sulla trasformazione tecnologica capitalista e la reale sottomissione della forza-lavoro attraverso la disoccupazione e il precariato strutturale, la competizione permanente tra i lavoratori (immigrazione e delocalizzazione, dequalificazione), eccetera. Il campo largo, per farne cosa?

Presentano il mercato, ossia il capitalismo, come un ordine naturale della società, intriso di coerenza ontologica (la catallassi di Hayek!). Ci parlano di democrazia, che è una parola vuota quando la stragrande maggioranza della popolazione non conta nulla. Di libertà, che è una parola falsa quando si è obbligati a lavorare per la sopravvivenza arricchendo chi a suo capriccio ti sfrutta o ti licenzia. Questa è violenza consolidata.

Questa sinistra, non meno della destra, è contraria ad ogni forma di azione collettiva che sollevi interrogativi sul sistema. È contro qualsiasi sfida politica al capitalismo, contro ogni progetto di trasformazione basato sul superamento dell’impresa capitalista e il suo mercato. Riconosce come sacre le ragioni dell’accumulazione privata (salvo una più equa distribuzione: sono dei pagliacci), ed è consustanziale al potere del neocapitalismo globalizzato, alla guerra economica e sociale condotta dalle élite dominanti negli ultimi decenni, che ha distrutto e liquefatto l’ordine che un tempo tollerava le conquiste dello Stato sociale.

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