Dopo aver riflettuto, ho deciso di non usare la trascrizione della mia cartella clinica nel post che sto scrivendo. Nonostante si tratti di trascrivere un’anamnesi breve, sincera e schietta, non penso interessino le mie patologie, che spaziano dalle notti insonni a certe giornate di noia.
Il mio medico era all’antica, scriveva le ricette con una penna a sfera finché non glielo hanno impedito. Negli ultimi anni, prima della pensione, fu costretto a dotarsi di computer e stampante, e ciò solo, mi diceva, per scrivere delle ricette. Lo faceva ribollire dentro.
Passavamo un’oretta assieme nel suo ambulatorio. Fuori, ad aspettare, quasi mai c’era qualcuno la sera tardi. Mi raccontava qualche sua storiella, vera o verosimile che fosse. Il suo modo di narrare mi intrigava. La prendeva alla lontana e, quando sembrava che si fosse perso nel discorso, in un lampo arrivava alla diagnosi: il mondo è sempre più di merda.
Mi raccontava anche cose più amene, di quando era stato in marina. I marinai, mi diceva, non soffrivano mai di mal di gola. E spiegava il perché di questo insolito fenomeno constatato in due anni di ferma come sottotenente medico.
A me non interessava fosse un bravo clinico, solo che non facesse difficoltà nel prescrivermi ciò di cui ho bisogno per affrontare la vita, dunque assai poco e sempre la solita mercanzia. Anche per i farmaci è tutta una questione di valore aggiunto.
È morto l’estate scorsa per un infarto all’età di 68 anni, poco dopo la pensione. Ricordo la cupa processione dei partecipanti al funerale, quasi tutte persone dalla settantina in sù. La figlia, dietro la bara, era seguita da un flusso laminare di Opium di Chanel, di modo che l’incenso tardava ad attecchire.
Il medico che lo ha sostituito, con la faccia immersa nel suo computer, ha l’elocuzione pontificante di un prete nel suo confessionale. Cos’è questa nuova voce che si gonfia nel parlarmi? È consapevole del posto al vertice della gerarchia stabilita tra medico e paziente. Ha sempre una diagnosi pronta, vuole dimostrarmi rapidamente il suo sapere e potere. A trent’anni crede perfino di conoscere che cos’è il mal di vivere.
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