giovedì 4 luglio 2024

Il "reset" della sinistra

 

C’è un’idea preconcetta, quella che i fascisti siano un partito retrogrado. Al contrario, non potrebbero essere più in sintonia con i tempi. Se non lo fossero, non sarebbero il primo partito in Italia, in Francia e forse domani in Germania. In questa società dove si privilegia l’”identità”, dove ognuno parla solo di sé, dove disprezziamo, insultiamo e attacchiamo chiunque osi esprimere un’opinione contraria alla propria, l’estrema destra è perfettamente a suo agio.

Il voto ai fascisti non è più solo un voto di malcontento o di rifiuto di altri partiti, il classico “è tutto marcio, tutto un magna-magna”. È diventato un voto di convinzione: i valori e le idee che i camerati difendono. Altro che la diatriba sull’antifascismo. La comodità del fascismo e dell’antifascismo è che essi sul piano sociale oscurano la vera lotta, quella tra il grande capitale e i suoi schiavi.

Com’è avvenuta questa trasformazione? Sono decenni che la sinistra, sposando il liberalismo, ha rotto con l’egualitarismo a favore dall’aggressività predatoria di un’economia che sacrifica la vita degli sfruttati al profitto, salvo piangere poi le vittime del “caporalato”. L’intera società, sulla base di svendite del patrimonio pubblico, di tagli alla spesa pubblica e di vergognosi contratti di lavoro, è stata assoggettata al caporalato. Non ha fatto tutto la destra, una grossa mano l’ha data la sinistra.

Per l’avidità totalitaria, già il desiderio di vivere senza padroni, ossia il rifiuto della servitù volontaria, è un crimine. Il guaio è che la sinistra si sente d’accordo con i padroni. Pensi la sinistra a quanto del male ha fatto ai lavoratori subordinati con cose come il jobs act e altre schifezze relativa alla cosiddetta flessibilizzazione della forza-lavoro. Pensi a quanto sia sconsiderato affermare che c’è bisogno di sempre nuovi immigrati. A non considerare l’autoritarismo della UE come un problema.

Non si combatte una religione opponendole un’altra religione, quella del neoliberismo. Non si può vincere politicamente e ideologicamente la destra su un programma in cui sono imbattibili.

E ora la guerra. Dobbiamo vedere il sorriso dei fabbricanti e trafficanti d’armi in un momento in cui i loro prodotti a prezzo elevato stanno dilaniando donne, bambini, uomini, animali, foreste e paesaggi. In nome e in difesa dell’”aggredito” e contro l’aggressore. Quanta cattiva coscienza: in nome e per conto della Nato e degli interessi di Washington; oppure e per contro in acritica difesa di Putin e degli interessi di Mosca.

Perché preoccuparsi finché l’opinione pubblica preformattata si schiera dalla parte dell’uno o dell’altro belligerante, come se fosse una partita di calcio tra Russia, Ucraina, Israele, Palestina? Le scommesse sono aperte e gli applausi degli spettatori sovrastano le urla della popolazione civile massacrata.

Poi il gioco della “paura”, artatamente alimentata dai media, non solo quelli di destra (c’è oggi differenza?). Paura della fine del mese. Paura dell’inflazione. Paura di retrocedere. Paura dei ricchi. Paura dei poveri. Paura dei vecchi. Paura dei pensionati. Paura dei giovani con le felpe con cappuccio. Paura dei disoccupati. Paura degli ebrei. Paura degli arabi. Paura dei neri. Paura dei cinesi. Paura di essere “sostituiti”. Paura degli spacciatori. Paura dei gay. Paura degli studenti. Paura dei genitori. Paura dei pedofili. Paura degli ecologisti. Paura delle femministe. Paura della guerra. Paura del caos. Paura del traffico. Paura del virus. Paura di qualsiasi cosa.

Tutti abbiamo paura e l’elenco è infinito. Mescola preoccupazioni legittime e ansie irrazionali. È un sentimento che porta a desideri folli di giustizia rapida, di vendetta immediata e diretta. Il susseguirsi di queste ansie, il deragliamento storico delle nostre società, come è già accaduto in passato, ha favorito l’avvento di nuove forme di fascismo (non necessariamente di destra!). Pertanto l’istigazione alla paura non è casuale ma fa parte di una strategia.

Anche il protrarsi del nostro indugio di porre fine a una civiltà odiosa è il prodotto di una scientifica dissuasione, di una pressione ideologica costante che ci impedisce di pensare anche solo ciò che vorremmo essere: liberi dall’individualismo e dalla sua coscienza alienata, abitanti di una Terra la cui abbondanza ci permetterebbe di godere liberamente. E di questo, di una reale alternativa al sistema, nei programmi ma soprattutto nelle idee e nelle teste della sinistra, non c’è traccia. Reset.

4 commenti:

  1. Io avrei scritto società (borghese) e non civiltà odiosa. Penso ci sia grande differenza!

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    1. Giusto, avevo pensato anch'io di scrivere società, ma poi ho scritto civiltà perché è proprio la nostra civiltà a essere fuori rotta e non solo una sua particolare forma sociale.

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  2. O. T: in questo caso è concorrenza sleale 😁😁😁

    https://www.qualenergia.it/articoli/eolico-offshore-tedesca-luxcara-16-turbine-ming-yang/

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