venerdì 5 luglio 2024

La fusione delle illusioni

“Devo ammettere che il progetto si trova in una situazione molto difficile”, ha detto Pietro Barabaschi, nuovo direttore generale, davanti ai parlamentari europei, mercoledì 25 ottobre 2023.

Il faraonico programma, che coinvolge 35 paesi, del reattore nucleare sperimentale Iter (International Thermonuclear Experimental Reactor ), situato a Cadarache, nel mezzo di una foresta di pini e querce ai confini delle Bocche del Rodano, promette in prospettiva di ottenere “un’energia non inquinante, decarbonizzata, sicura e praticamente senza rifiuti”. In realtà si tratta di un progetto titanico e dispendioso in termini energetici, con montagne di metalli tossici e rifiuti radioattivi (*).

La costruzione di una quarantina di edifici monumentali ha già richiesto lo scavo di 3 milioni di metri cubi di terra, la produzione di 150.000 m3 di calcestruzzo, l’installazione di una linea THT e di una sottostazione elettrica di 4 mila ettari. Per raffreddare i magneti superconduttori del reattore, Air Liquide ha costruito sul sito il più grande impianto criogenico del mondo, alimentato con elio (prodotto dal metano) importato dal Qatar.

Per effettuare i calcoli necessari a configurare la reazione di fusione, Iter utilizza supercomputer che, a partire dal 2035, genereranno ogni giorno 2,2 petabyte di dati, l’equivalente di 20.000 dischi rigidi di computer di consumo, e la loro elaborazione richiederà un consumo energetico maggiore di quanto richiedono due backup giornalieri. Ma l’aspetto più preoccupante dell’impatto ambientale della fusione risiede nella quantità senza precedenti di metalli necessari per un simile reattore.

Prendiamo un metallo poco conosciuto, il niobio. Il principio della reazione di fusione che avverrà nel tokamak dell’Iter – una sorta di bottiglia magnetica – prevede il confinamento di un plasma riscaldato a più di 150 milioni di gradi Celsius mediante giganteschi campi magnetici (la temperatura nel centro del Sole è di 15 milioni di gradi). Per produrli servono 10.000 tonnellate di magneti superconduttori, i più grandi mai progettati. Le loro bobine sono costituite da due leghe di metalli preziosi: niobio-titanio e niobio-stagno.

Una delle promesse della fusione nucleare è proprio quella di non creare alcuna scoria radioattive. La reazione prevista all’Iter richiede trizio radioattivo, che proverrà dai reattori canadesi a fissione nucleare ad acqua pesante che lo producono. Durante un esperimento di fusione, appena il 2% del trizio verrà consumato, il restante 98% si spargerà nei tubi e nei materiali. Non si potrà quindi evitare la contaminazione dell’acqua di raffreddamento con trizio.

Il berillio è un altro metallo essenziale per la fusione nucleare: questo metallo figura nella breve lista degli elementi naturali più tossici al mondo, insieme all’arsenico e al mercurio. Nella maggior parte dei suoi usi, in elettronica, viene utilizzato sulla scala del grammo; la costruzione del reattore Iter ne consuma 12 tonnellate. Bombardato da neutroni, il rivestimento in berillio del tokamak dell’Iter si disintegrerà rapidamente: la durata di vita di questo metallo in un reattore a fusione è stimata dai cinque ai dieci anni. Non solo sarà necessario sostituire regolarmente i suoi moduli, ma anche evacuare la polvere di berillio dopo ogni esperimento. Come riciclare questo berillio una volta irradiato in un tokamak?

Inoltre, dobbiamo tenere presente che l’intero gigantesco tokamak di 23.000 tonnellate (tre volte il peso della Torre Eiffel), irradiato durante gli esperimenti, diventerà esso stesso una gigantesca scoria nucleare, con tanti metalli che sarà quasi impossibile riciclarli.

Il divertore, uno dei componenti critici del reattore, una sorta di posacenere in tungsteno da 540 tonnellate incaricato di dissipare il calore, potrebbe sciogliersi. La radioattività sarà tale che nessun essere umano potrà intervenire, e sarà necessario sostituire le parti e tappare le perdite in modo interamente robotico (auguri).

Dei 119 impianti sperimentali di fusione costruiti o progettati in tutto il mondo, 22 sono ora privati. Un gigantesco giro d’affari. Morgan Stanley, Alphabet (Google) e Paul Allen, cofondatore di Microsoft, la società americana Tri Alpha Energy ha raccolto 750 milioni di dollari promettendo ai finanziatori che sarebbe stata in grado di raggiungere i 300 milioni di gradi Celsius e un giorno faranno a meno, promettono, del trizio facendo reagire i protoni con il boro (il boro è ottimo come preparazione murale antimuffa, ma non fatelo sapere ...).

Finora Tri Alpha ha confinato un plasma riscaldato ad una temperatura pari a 10 milioni di gradi Celsius per cinque millisecondi in un reattore a campo magnetico invertito (una tecnologia completamente diversa da quella quello di ITER).

Con i soldi di Jeff Bezos (Amazon), la società canadese General Fusion sta sviluppando un reattore a metà strada tra la fusione magnetica e la fusione inerziale dotato di una parete di metallo liquido (piombo-litio) per convertire il calore. Commonwealth Fusion Systems, da un team del Massachusetts Institute of Technology e supportato da Bill Gates, ha raccolto 200 milioni di dollari per creare un reattore tokamak che promette sarà più compatto di Iter grazie a 500 chilometri di magneti superconduttori di terre rare (ittrio-bario).

I magnati dell’industria tecnologica e i fondi di venture capital non sono gli unici a finanziare tali progetti: ci sono anche compagnie petrolifere e del gas. Le compagnie petrolifere Eni, Chevron ed Equinor hanno investito nei Commonwealth Fusion Systems. Nel consiglio di amministrazione di Zap Energy, che nel New Mexico sta perfezionando la Z Machine, un generatore di raggi X pulsati in grado di raggiungere diversi miliardi di gradi Celsius. Le compagnie petrolifere si assicurano così che, se un giorno la fusione nucleare produrrà elettricità, saranno in grado di continuare a dominare il mercato energetico.

Anche la Cina ha prodotto il proprio tokamak (costruzione completata nel 2006). Nel febbraio 2016 ha annunciato che questo reattore, l’Experimental Advanced Superconducting Tokamak (EAST), era riuscito a mantenere il plasma di fusione ad una temperatura di 50 milioni di gradi Celsius per poco più di cento secondi.

La Germania (coinvolta anche in ITER) ha inaugurato il Wendelstein 7-X nel dicembre 2015. Questo reattore è attualmente in grado di riscaldare il plasma a 100 milioni di gradi Celsius, ma per un tempo più breve rispetto al reattore cinese.

Si sta creando un settore della fusione nucleare, con la promessa di fornire energia senza emissioni di carbonio in pochi decenni senza alcuna garanzia di successo. Finora nel reattore Iter si è riusciti a mantenere per sei minuti e quattro secondi un plasma a una temperatura stazionaria di 50 milioni di gradi Celsius. Il tokamak costruito vicino a Oxford (Joint European Torus), ha prodotto due volte e mezzo la quantità di energia di fusione ottenuta nel 1997, pari a 59 megajoule per 5 secondi.

Nessun reattore a fusione ha finora prodotto uno kilowattora di elettricità.

(*) In pratica, una reazione di fusione nucleare richiede che due nuclei atomici cosiddetti “leggeri” si compenetrino per formare un nucleo più pesante. Per fare ciò è necessario che i nuclei superino l’intensa repulsione dovuta alle loro cariche elettriche.

In questo contesto le leggi della fisica sono chiare: per sperare di superare la repulsione elettrostatica tra i due nuclei e mettere in gioco le forze di attrazione nucleare a corto raggio, dobbiamo essere in grado di generare temperature di diverse centinaia di milioni di gradi.

Quando due nuclei atomici si fondono, il nucleo risultante si trova in uno stato energetico instabile e deve ritornare ad uno stato energetico stabile e inferiore. Il ritorno a questa stabilità della materia si ottiene mediante l’espulsione di una o più particelle (fotone, neutrone, protone, nucleo di elio, a seconda del tipo di reazione). L’energia in eccesso viene poi distribuita tra il nucleo e le particelle emesse, sotto forma di energia cinetica. È questo risultato energetico che si desidera recuperare e utilizzare nel contesto dello sfruttamento della fusione nucleare controllata.

8 commenti:

  1. Aspetta e spera.
    50 anni fa leggevo di come la fusione controllata sarebbe stata possibile in 5-10 anni. Piu passa il tempo e piu difficoltà vengono fuori e il traguardo viene spostato in avanti.
    Sempre meglio sputtanarci i soldi qui che in armamenti, almeno ne sortirà qualche sporadica ricaduta tecnologica.

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  2. Il nucleare è il passato, compreso quello a fusione!

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  3. https://www.pv-magazine.com/2024/07/05/china-could-lead-the-world-to-net-zero/

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    1. intanto inquina per 1/3. andiamoci piano con gli entusiasmi. non parteggio per nessuno.

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    2. Beh, vista la popolazione. che devono fare visto il modello di sviluppo (capitalistico) in alternativa, morire?

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  4. “Eni ha una forte relazione d’affari con una società che di fatto sta contribuendo a finanziare la guerra in Medio Oriente”, dichiara la campaigner “Finanza pubblica e multinazionali” di ReCommon, Eva Pastorelli.

    https://www.qualenergia.it/articoli/gas-naturale-israele-raddoppia-esportazioni/

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