venerdì 26 luglio 2024

Pappagalli e bolle

 

Dicono che l’Europa sarebbe obsoleta e la nostra Internet non sarebbe nulla senza le innovazioni dello Zio Sam (s’è visto la settimana scorsa). Per le innovazioni c’è l’ossessione attuale: l’intelligenza artificiale. Lo dimostrano i colossali investimenti effettuati nel corso del 2024, ovvero 200 miliardi di dollari per i quattro colossi Amazon, Microsoft, Google e Meta, con un aumento del 180% rispetto al 2019.

E che cosa importa se ricercatori di vaglia mettono pubblicamente in dubbio la reale rilevanza di questi strumenti? Invece secondo i guru della Silicon Valley e i loro leccapiedi, le IA (ce n’è più d’una) dovrebbero creare un mondo migliore gestendo compiti che noi poveri esseri umani non siamo in grado di svolgere da soli. Sono in realtà solo strumenti che emettono frasi casuali basate su probabilità algoritmiche. Pappagalli stocastici.

Un’eccitazione ingiustificata? Vedremo. Passano gli anni e le promesse che sono state fatte, come quella di sostituire gli esseri umani e quasi tutte le professioni (molto poco i “mestieri”), o di diventare super-intelligenti, sembrano piuttosto vuote e gli ultimi progressi, anche se restano spettacolari, non sembrano convergere in questa direzione.

Le IA accessibili al pubblico sono, per il momento, lungi dal lasciarci senza lavoro perché possono essere più veloci ma non necessariamente più affidabili. Casi comici sono già stati raccontati, quando l’IA inventa letteralmente un fatto presentandolo come verità assoluta. Avendo risucchiato tutti i dati disponibili, comprese le sciocchezze, ora si alimentano a vicenda di quella roba lì.

Ecco dunque la comparsa di articoli fasulli generati con metodi algoritmici. L’obiettivo: plagiare parti di articoli già pubblicati cambiando qualche parola qua e là, come pigri studenti che copiano interi brani da Wikipedia per la loro tesina. Ma usare un dizionario dei sinonimi alla cieca, la maggior parte delle volte finisce con scoppi di risate. Così un “tumore al cervello” si trasforma in un “tumore dello spirito”, un “infarto” diventa un “attacco cardiaco” (non sono la stessa cosa) e una “insufficienza renale” non equivale a “delusione renale”.

Nulla d’inventato in questo repertorio della comicità: un’immagine che doveva rappresentare una pompa cardiaca è diventata un dispositivo venduto da un negozio online e destinato a identificare le perdite d’acqua! E queste frodi interessano soprattutto gli articoli pubblicati dalle riviste scientifiche. Resta che un ministro non ha bisogno della IA come ghostwriter per i suoi strafalcioni.

Gli evangelisti di questo fenomeno sono soprattutto gli amministratori delegati di tutte quelle start-up che hanno interessi finanziari nel promettere la luna per attirare capitali attraverso la raccolta di fondi. E naturalmente broker e speculatori piccoli e grandi. Il 25 giugno scorso la stregonesca banca d’investimento Goldman Sachs ha pubblicato una nota venata di preoccupazione e dal titolo evocativo: “IA generativa: troppa spesa per troppo poco beneficio?”. Un mese prima, The Economist aveva espresso preoccupazione per questo “eccesso d’investimenti” poco giustificato.

Stiamo assistendo ancora una volta ad una “bolla tecnologica” come accadde alla fine degli anni Novanta con l’avvento di Internet (Dot-com Bubble), poi ancora nel 2012 con il boom dei social network? In questi due casi, i massicci investimenti dovuti all’entusiasmo attorno a questi nuovi strumenti avevano portato, tra l’altro, a massicci piani di partenza, poi a chiusure improvvise e alla bastonatura di decine di milioni di sprovveduti sovraeccitati (la maggior parte delle persone non può permettersi speculazioni rischiose).

Una buona percentuale delle aziende create nel settore dell’IA e che stanno acquisendo milioni di dollari di investimenti, non esisteranno tra 5 anni o non avranno l’importanza attuale. Ci sono semplicemente troppe aziende che fanno troppe cose simili e verranno fagocitate dai grandi attori monopolistici.

È come con la mania dei famosi bulbi di tulipani: nonostante la scarsità sia uno strumento potente nell’arsenale del venditore (non diversamente dalla complessità, che tende a essere l’equivalente dell’IA), una volta acquisito il bulbo, l’input è quello di scambiarlo di nuovo, e quindi il potenziale di guadagno è in realtà solo nella capacità di rivenderlo, a un prezzo gonfiato, a un altro acquirente, proprio come molte start-up che sono in grado di generare denaro, per i loro fondatori, solo attraverso la cessione della propria attività.

Lo spazio economico e applicativo dell’intelligenza artificiale è troppo vasto per essere una sola gigantesca bolla. I suoi sostenitori sono sempre pronti a dire che l’intelligenza artificiale è la nuova internet, una nuova architettura fondamentale per la tecnologia, e, se è vero, non c’è modo che possa essere una sola enorme bolla. Tuttavia è nella natura stessa del mercato che le bolle siano ovunque intorno a noi. Il fatto è che non c’è modo di far tornare una bolla nella schiuma nell’acqua saponata: soffi e soffi e o ti scoppia in faccia, o sopravvive abbastanza a lungo da fluttuare attraverso la stanza. E però poi inevitabilmente scoppia.

1 commento:

  1. "È come con la mania dei famosi bulbi di tulipani...una volta acquisito il bulbo, l’input è quello di scambiarlo di nuovo, e quindi il potenziale di guadagno è in realtà solo nella capacità di rivenderlo, a un prezzo gonfiato, a un altro acquirente".
    Anche il mercato dei calciatori è così. Ma ci possiamo adeguare anche noi.
    Facciamo così: io ti vendo a 1000 euro una piantina di basilico napoletano e tu lo rivendi a 2000 come basilico di San Marco a "formamentis". Che si vendicherà invitandoci a una cena a base di cetrioli.
    (https://www.lacucinaitaliana.it/ricetta/pesche-e-cetrioli-ripieni-di-stracciatella-e-nduja)

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