mercoledì 24 agosto 2022

Le "equipotenti" fiabe di Andrea Zhok

 

Per caso ho messo gli occhi sulle “pillole” programmatiche redatte da Andrea Zhok, uno dei tanti che agognano una sponda parlamentare per le proprie ambizioni personali. Concorrerà alle elezioni politiche insieme ad altri ambiziosi riformatori raggruppati nella lista Italia Sovrana e Popolare, un pot-pourri di filosofi che nel prossimo parlamento ci farà immancabilmente divertire come e più del movimento di Grillo e al pari del duo Calenda-Macario.

Mi soffermo sul sapore di una sua pillolina, e temo che le altre abbiano il medesimo gusto:

«Adottare il principio dell’autodeterminazione significa adottare una visione geopolitica che sostiene una prospettiva MULTIPOLARE nei rapporti internazionali, dove si assume che, in presenza di asimmetrie di potere tra diverse nazioni, sia comunque auspicabile l’esistenza di una pluralità di poli di attrazione (“potenze”). L’esistenza di una pluralità di poli approssimativamente equipotenti rende meno ricattabili le potenze minori, gli stati più deboli, giacché questi possono oscillare tra diverse sfere d’influenza, avvicinarsi ad una sfera d’influenza differente, se la precedente sfera si dimostra troppo oppressiva, oppure cercare una posizione di neutralità tra esse. Il multipolarismo è la “democrazia” possibile in un campo dove essa è formalmente impossibile, cioè nei rapporti tra nazioni».

La frase chiave è: «dove si assume che, in presenza di asimmetrie di potere tra diverse nazioni, sia comunque auspicabile l’esistenza di una pluralità di poli di attrazione (“potenze”)». Qui manca evidentemente l’esplicazione del soggetto che dovrebbe farsi carico, ossia “assumere”, il compito di far girare il mondo in un certo modo e non come procede nell’attualità concreta. E poi, da quando in qua, storicamente, “auspicare” un qualcosa ha significato, nell’ambito della politica di potenza, ossia nell’ambito della realtà storica e non solo del mero desiderio, anche la sua realizzazione pratica?

Chi dovrebbe decidere, come e quando la costituzione della “pluralità di poli approssimativamente equipotenti”? Che cosa significa “approssimativamente”? Di approssimativo colgo solo il fraseggio del prof. Zhok. Già lo vedo in veste di ministro degli Esteri che va a dire queste cose a Washington, a Pechino, a Mosca, a Nuova Delhi. Chi deciderà per Cipro, per la Siria, per la Libia e via elencando a quale “polo” dovranno aggregarsi e a che cosa dovranno attenersi? Già vedo i Paesi arabi, ma anche Pakistan e India, andare d’amore e d’accordo tra loro, per non parlare dei Paesi sudamericani e africani. Chi e come deciderà per le risorse, per il commercio e per tante altre cose? Il prof. Zhok, dalla Farnesina, evidentemente.

La “democrazia” nei rapporti internazionali è una chimera, non è mai esistita e ogni Stato o qualsiasi vaneggiato “polo equipotente” la intenderebbe in modo diverso a difesa d’interessi propri e contrapposti. Risibile è anche la distinzione, del tutto e semplicemente concettuale, tra “imperialismo” e “globalismo” (non mi pare il caso d’insistervi qui).

Tutto ciò poi è in palese contraddizione con “una discussione dove viga il realismo geopolitico, il tema degli interessi nazionali”, sempre auspicata dal nostro Metternich a riguardo dell’immigrazione (su cui non dice assolutamente nulla di concreto). È in contraddizione anche con un suo monito, quello che riguarda il “mondo fiabesco e moraleggiante, estraneo alla realtà dei rapporti di potere e del confronto tra interessi indipendenti”.

Zhok deve scegliere: o le fiabe o il realismo. Una scelta impossibile se ti candidi alle elezioni, laddove è necessario raccontare stronzate, chiacchiere senza costrutto effettivo, vacui “auspici” sui massimi sistemi, roba buona per catturare il voto dei gonzi.

11 commenti:

  1. Ho l'impressione che la chiave del tuo non amichevole post sia nella chiusa. Il difetto di Zhok sta nell'aver reagito a una situazione, sulla quale ha idee e valutazioni non lontane dalle tue, adottando una linea di azione diversa dalla tua, ossia correndo alle elezioni. Si tratta di una decisione a mio parere velleitaria, e gliel'ho anche detto. Mi ha risposto che non c'è offerta politica soddisfacente a cui possa aggregarsi: in sostanza, non vuole mischiarsi con la destra. La via che ha scelto lo condanna alla marginalità, ma è rispettabile. Rispettabile è soprattutto il fatto che agisce per motivi ideali: è chiaro anche ai bambini che, stando nel mondo accademico, non conviene uscire dal coro, cosa che lui ha fatto in modo sistematico prma sul covid e poi sulla guerra.
    Una volta presa la via stretta e in salita, che doveva fare? poteva e doveva solo esplicitare in modo il più possibile chiaro e completo le sue linee programmatiche. Lo ha fatto in modo forse verboso, ma uscendone con il più interessante documento programmatico fra quelli presentati per le elezioni del prossimo settembre. Naturalmente ciò non significa che io condivida tutto. L'ho sollecitato, per esempio, a esprimersi con più chiarezza sul termine "liberale" e derivati, che lui confonde continuamente con i significati della parola "liberal" in uso nei paesi anglosassoni. Mi ha dato ragione, rimandandomi però a un suo libro sul tema. E qui emerge la matrice accademica: come si fa a chiedere voti presumendo che l'elettore conosca i suoi testi?
    Però, al di là di strategie e tattiche elettorali, sul tema specifico io ragiono così: la neutralità dell'Italia è ciò di cui abbiamo bisogno. Non c'è nessuno, in tutto l'arco politico, che la proponga, ad eccezione di Italia Sovrana e Popolare. nell'ambito di questa formazione, l'unico che argomenta sul tema è Zhok. Vogliamo tacciarlo di velleitarismo? e sia. Ma per quegli altri, che dobbiamo fare?

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    1. neutralità dell'Italia? l'italia non potrà mai essere neutrale, né lo è stata in passato. il piemonte ha avto bisogno dei francesi, poi dei prussiani in chiave antiaustriaca, poi degli austriaci in chiave antifrancese, poi degli anglo-francesi per la questione adriatica (1915), poi davvero un'espressione geografica, inevitabilmente.
      che fare degli altri? non è che possono deciderlo io.

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    2. mi fate venire in mente il TLT...

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    3. ricordate Fabio Cusin?

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    4. Proprio tu, che conosci quella storia come pochi, mi citi a esempio il 1915? È esattamente il modello che Zhok vorrebbe seguire

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    5. PS. Mi auguro che tu non mi obietti che alla fine siamo entrati in guerra. Il modello consiste nel muoversi fra i due poli

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    6. Infatti, l'Italia non poteva restare neutrale, approfittò della situazione e ruppe l'alleanza per stipularne una nuova, in realtà un'alleanza obbligata anche quella che giocò a favore degli Alleati. Se si fosse mantenuta realmente neutrale il corso della storia europea e mondiale sarebbe stato diverso. Se poi avesse mantenuto fede all'antica alleanza, per la Francia non ci sarebbe stato scampo. Dal secondo dopoguerra non abbiamo nemmeno questa opzione. Pensare di uscire da questa logica è irrealistico. Perciò dico di non raccontarci favole.

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    7. Il muoversi fra i due poli mi fa ricordare Andreotti e la teoria dei due forni.

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  2. Con chi condivide tanta nostra analisi si dovrebbe essere un po' meno severi, credo.

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  3. Gentile Castaldi, pur leggendo ed apprezzando entrambi direi che l'ultimo paragrafo è sacrosanto

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