«La questione più piccola è Taiwan, e quella veramente decisiva è il mondo» (Mao Tze Tung» (*).
Chi l’avrebbe mai detto che il Molise, la piccola regione dell’Italia meridionale, potrebbe avere un ruolo così importante nei destini dell’umanità intera. Ebbene sì, uno dei motivi della guerra tra grandi potenze nucleari potrebbe avere origine precisamente da Fornelli, in provincia d’Isernia. Lascio al lettore curioso e volenteroso scoprire il (facile) perché.
Nel 1914, nessuno voleva una guerra europea, che poi si trasformò ben presto in mondiale. Nemmeno l’élite austro-ungherese, men che meno il vecchio imperatore. Nemmeno quell’insulso cancelliere tedesco Theobald von Bethmann-Hollweg (il titolo d’insulso gli fu conferito dal suo predecessore Bernhard von Bülow). Diciamo pure che una conflagrazione bellica europea era nell’aria da molto tempo, ma nessuno quell’anno s’aspettava d’interrompere le vacanze per lo scoppio di una simile guerra, nemmeno dopo il fatto di Sarajevo.
Come succede sempre in queste e anche in altre faccende, la “cosa” prese mano e nessuno riuscì più a fermarla. Barbara Tuchman, nel suo I cannoni d’agosto, ha descritto in dettaglio come gli errori di calcolo, l’onnipresente convinzione in un conflitto breve e vincibile, le manovre tattiche e gli errori accumulati, insomma come le “cancellerie” trascinarono l’Europa e le più giovani generazioni nel groviglio delle trincee e nel massacro su scala industriale della guerra.
Quanto alla propaganda di guerra, è esemplare questo racconto: la sera del 9 agosto 1914, il generale Joseph Simon Gallieni, pranzando in borghese in un piccolo ristorante parigino, sentì un redattore del quotidiano Temps, che sedeva al tavolo accanto, dire a un commensale: “La informo che il generale Gallieni è appena entrato a Colmar con tremila uomini”. Gallieni si avvicinò all’orecchio del suo amico che sedeva a tavola con lui e gli disse: “Et voilà comment on écrit l’histoire!”».
La presidente della Camera degli Stati Uniti, Nancy D’Alessandro Pelosi, arriverà a Taiwan nelle prossime ore. L’affermazione che la Casa Bianca non possa impedire alla Pelosi di recarsi a Taiwan è una balla. Pelosi viaggerà su un aereo militare, supportato da almeno una mezza dozzina di navi da guerra, compresa una portaerei, nel tentativo deliberato di provocare un’escalation nella tensione tra USA e Cina.
Pelosi arriva a Taiwan per mostrare alla Cina che gli Stati Uniti possono fare ciò che vogliono ovunque. Le conseguenze sono potenzialmente catastrofiche. In una dichiarazione al New York Times, Evan Medeiros, ex consigliere asiatico del presidente Barack Obama, ha definito la situazione come “eccezionalmente pericolosa, forse più dell’Ucraina”.
Da parte loro, i funzionari cinesi hanno affermato di vedere la visita di Pelosi come il superamento di una “linea rossa”. Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden aveva già dichiarato nel dicembre 2021: “Non accetto le linee rosse di nessuno”. Tranne le sue, ovviamente.
Dopo la rivoluzione cinese, Taiwan divenne la sede del governo in esilio sostenuto dagli Stati Uniti. Dal 1949 al 1987, il paese è stato sotto il controllo di una brutale dittatura militare, con “la più lunga imposizione di legge marziale da parte di un regime al mondo”. Ad oggi, il governo taiwanese rivendica il controllo di tutta la Cina continentale.
«Secondo la visione dei nazionalisti, Taiwan non ero uno stato indipendente: era alla sede del governo in esilio della Repubblica di Cina, temporaneamente spodestato dagli usurpatori comunisti, ma – come dichiarava a gran voce la propaganda nazionalista – pronto per tornare ad assumere il posto che gli spettava sulla terraferma» (Henry Kissinger, Cina, Mondadori 2011, p. 140.
La visita di Pelosi è l’ultima di una serie di provocazioni e azioni degli Stati Uniti per smantellare sistematicamente la politica della “Cina unica”, che ha governato le relazioni degli Stati Uniti con la Cina per decenni.
La politica della Cina unica fu stabilita dal comunicato di Shanghai del 1972, rafforzata dal comunicato congiunto che stabiliva che “gli Stati Uniti d’America riconoscono il governo della Repubblica popolare cinese come l’unico governo legale della Cina”, pur affermando che gli Stati Uniti manterranno “relazioni non ufficiali” con Taiwan.
L’attuale classe dirigente americana non vede altro modo per mantenere la sua egemonia globale se non attraverso un conflitto diretto con la Cina. Dal punto di vista degli strateghi militari statunitensi, una guerra con la Cina non è una questione di sé, ma di quando. Il quando e il come sono affidati al caso.
(*) Menorandum of Conversation: Beijing, October 21, 1975, Foreign Relations of the United States (FRUS), vol. XVIII (cit. da Kissinger, Cina, p. 278).
Gli accordi degli anni '70, orchestrati come tutti sanno da Kissinger, avevano appagato la Cina, che si vedeva riconosciuta, sottraendo a Taiwan il seggio nel consiglio di sicurezza, e sostituendosi a Taiwan nel riconoscimento del mondo occidentale. In cambio, la Cina adottava una linea morbida nei confronti dei cinesi di Taiwan. Ho un ricordo personale, quando fui in Cina all'inizio degli anni '90 (quindi un periodo di relativa turbolenza nei rapporti con gli occidentali) di turisti taiwanesi in giro per la Cina continentale, trattati in modo assolutamente amichevole. In realtà, ai cinesi non importa assolutamente nulla di Taiwan, come agli spagnoli non importa di Gibilterra. Se si vogliono tracciare similitudini con il Donbass, occorre ammettere che gli USA sono per l'autodeterminazione dei popoli in un caso, e contro nell'altro. Si tratta di inutili provocazioni. Ossia, inutili a noi che non vogliamo crepare né per il Donbass né per Formosa.
RispondiEliminaÈ la stessa sputata strategia impiegata dalla Compagnia delle Indie orientali nel XVIII sec. in India. Per es. da Richard Wellesley: vedi "Anarchia "di W. Dalrymple alle illuminanti pp. 428-31.
EliminaNon succedera' nulla. Interessante la storia della repubblica cinese che reclama tutta la cina continentale. Ho letto qualcosa a proposito, istruttivo. A taiwan sono anche buddisti, la gran parte dei taiwanesi pratica il buddismo tibetano. In cina i tibetani non possono fare come gli pare, e la loro lingua e' sempre piu difficile da studiare e preservare.Piu di 130 monaci si sono dati alle fiamme per denunciare la terribile repressione del governo cinese, comunista. La questione di taiwan ha legami anche con il tibet e come il suo piu' autorevole portavoce, Dalai lama ha detto : la questione tibetana si risolvera' e, pacificamente. Ecco, non vedo l'ora che al mondo sia data questa giustizia
RispondiElimina"Non succederà nulla" ? Mi pare sia lei a volersi illudere. Non solo su questo punto.
EliminaDopo la rivoluzione cinese, Taiwan divenne la sede del governo in esilio sostenuto dagli Stati Uniti. Dal 1949 al 1987, il paese è stato sotto il controllo di una brutale dittatura militare, con “la più lunga imposizione di legge marziale da parte di un regime al mondo”.
RispondiEliminaQuesto, è molto difficile da far digerire al lettore medio ideologizzato e occidentale.
P. S: il virgolettato è di Mao?
È possibile avere qualche ragguaglio sulla " più lunga imposizione di legge marziale da parte di un regime al mondo”?
EliminaIo onestamente non ne so niente.
Grazie!
https://en.wikipedia.org/wiki/Martial_law_in_Taiwan#:~:text=The%20term%20is%20specifically%20used,been%20surpassed%20by%20Syria.).
EliminaDal 1987 e' cambiato moltissimo. Persino la terra ha completato la sua rotazione molto piu velocemente del solito il 29 luglio( un fenomeno che si osserva da anni).
EliminaLa fretta ci porterà alla rovina
EliminaVenti caldi di guerra in agosto! Allora ricapitoliamo: guerra calda in Ucraina; disordini in ascesa tra albanesi del Kosovo e serbi; e ora Cina e Usa a Taiwan. Sicuri che non scappi la frizione ed inizi la guerra aperta? Mentre qui noi andiamo ad elezioni nelle quali non si parla di nulla che riguardi la guerra. Pura fuffa! Io lo penso sempre di più che agosto porta male!
RispondiEliminaFinché l'oligarchia statunitense non avrà apertamente la guerra in casa continuerà a dominare appiccando incendi ovunque. In ogni caso non mi pare finirà bene; la voracità del capitalismo quando domina gli Stati sembra irrefrenabile.
RispondiElimina(Peppe)
https://www.officinadeisaperi.it/eventi/provocazioni-pericolose-da-il-manifesto/
RispondiEliminaEssendo gli USA l'imperialismo più forte militarmente, ma quello meno dinamico economicamente, non gli resta altra strada logica che DISTRUGGERE MILITARMENTE il rivale prima che sia troppo tardi.
RispondiEliminaAle