lunedì 22 agosto 2022

La provocazione come principio fondamentale

 

Sabato scorso, Daria, la figlia dell’intellettuale nazionalista russo Aleksandr Dugin, è stata uccisa dall’esplosione di una bomba collocata nella sua auto Toyota Land Cruiser mentre viaggiava in un’autostrada a ovest di Mosca. L’obiettivo previsto dall’attentato era Aleksandr Dugin, il quale doveva viaggiare nella stessa macchina di sua figlia e invece aveva cambiato veicolo all’ultimo momento.

A poche ore dall’attentato, i media statunitensi, ai quali ovviamente si sono accodati tutti gli altri, si sono premurati a negare l’ovvia conclusione che l’omicidio fosse collegato alla guerra in corso tra gli Stati Uniti e la Russia in Ucraina. Questo per confondere l’opinione pubblica occidentale, ma in realtà l’assassinio porta il fetore della polizia segreta ucraina e dei suoi gestori della CIA.

La collocazione ideologica e politica di Aleksandr Dugin nonché logica degli sviluppi contemporanei portano alla conclusione inevitabile che l’attentato porti le impronte di Washington, e sia stato calcolato per estendere la guerra in atto. Quale mezzo migliore che costringere Putin a vendicarsi, facendolo sembrare colpevole dell’escalation del conflitto?

Il coinvolgimento di Washington in uno scenario del genere non è solo plausibile, ma è un’ipotesi di default, salvo prova contraria. L’intera storia dell’imperialismo statunitense è costellata di omicidi e guerre istigate dalle agenzie d’intelligence statunitensi.

Quattro giorni prima dell’attentato, il New York Times descriveva con enfasi i metodi di assassinio e di attentato con l’auto utilizzati dall’intelligence ucraina. In un articolo intitolato «Dietro le linee nemiche, gli ucraini dicono ai russi “Non sei mai al sicuro”», il giornale descriveva come i “partigiani” ucraini si sarebbero infiltrati per piazzare esplosivi e “assassinare funzionari che considerano collaboratori dei russi”.

Il Times descrive in dettaglio come un agente ucraino abbia piazzato una bomba “avvolta in un nastro adesivo con il lato adesivo rivolto verso l’esterno, in un vano ruota” di un’auto. In altra occasione, “hanno posizionato una bomba sotto il sedile del conducente, per farla esplodere quando si avvia il motore”.

Washington ha profuso immense somme di denaro e armi nel conflitto, ma la presa della Russia sull’Ucraina meridionale e orientale non è in discussione. Pertanto gli impegni e gli obiettivi strategici degli Stati Uniti possono essere assicurati solo dalla suppurazione ed espansione del conflitto, e questo richiede provocazione, naturalmente salvaguardando il proprio patrocinio morale, cioè di quelli che stanno aiutando la vittima aggredita.

L’obiettivo reale è di ridisegnare la mappa della massa continentale eurasiatica, di frammentare la vasta massa geopolitica della Russia, dalle steppe alla taiga, quindi contrapporre l’Europa a Mosca. Divide et impera, siamo sempre lì con la storia dell’imperialismo di qualsiasi colore, ma tanto più di quello statunitense.

Infatti, è questo calcolo sconsiderato che guida l’imperialismo statunitense. La provocazione è sempre stata il principio fondamentale del comportamento internazionale di Washington (gli esempi storici più noti sono numerosi). Questa motivazione è alla base anche della visita di Nancy Pelosi a Taiwan, allo scopo di esacerbare i rapporti con Pechino e fomentare il conflitto tra la Cina e Taiwan.

2 commenti:

  1. https://www.officinadeisaperi.it/eventi/salto-di-qualita-pericolosissimo-dagli-ammazzamenti-anonimi-a-quelli-mirati-da-agi/

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  2. Ricorda come una ventina di anni fa eravamo tutti impegnati nella crociata della 'guerra al terrorismo'?
    Io ho sempre fatto notare ad amici e conoscenti che come 'terrorismo' è sottinteso che si definisca sempre quello degli altri, mai quello nostro o degli amici.

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