Prendo spunto da un piccolo e insignificante episodio al quale ho assistito oggi, per poi svolgere una riflessione più generale sui rapporti di convivenza con gli immigrati originari di società e culture diverse dalla nostra.
Mentre tornavo da Venezia in treno, mi è capitato d’assistere a un episodio in sé banale ma rivelatore, a mio avviso, di un certo clima e di una tendenza. Nei sedili prossimi al mio, sedevano due giovani, probabilmente di origine indo-pachistana. A differenza di tutti gli altri passeggeri non indossavano la prescritta mascherina. Dio mi guardi dal voler entrare nel merito di tale obbligo.
Poco dopo la partenza, passa il controllore, nel caso di specie una giovane donna. Con garbo chiede ai due passeggeri di indossare la mascherina. Costoro la cavano di tasca e la indossano, lasciando fuori bocca e naso, quindi la controllora intima loro di indossarla correttamente. I due giovani alzano la mascherina fino alla bocca, lasciando fuori il naso. Che si fa? Nulla, e fa bene la controllora a proseguire con il suo daffare mentre i due giovani si tolgono la mascherina.
Non escludo che episodi del genere interessino anche degli italiani, tuttavia a mio avviso è sintomatico che episodi simili (assenza di biglietto, rifiuto di esibire un documento, ecc.) che mi sono capitati di vedere abbiano sempre avuto per protagonisti questo tipo di stranieri, tra migliaia di essi che però si comportano correttamente. Si potrebbe anche almanaccare sociologicamente, ma non è il caso.
In questo caso, ripeto, nulla di che, ma ciò mi ha portato a delle riflessioni più generali, in relazione di un episodio di stupro che in queste ore ha suscitato molto clamore mediatico per via della campagna elettorale. Ritengo che se dovessimo tener conto di questi gravi episodi di violenza sessuale, sono più numerosi quelli commessi da italiani, magari tra le mura domestiche. Tuttavia, per quanto riguarda l’insieme dei reati, è netta la prevalenza di quelli commessi dai cosiddetti extracomunitari, e il rilievo mediatico e allarme sociale è spesso in rapporto con la strumentalizzazione politica (i reati quotidiani dei “colletti bianchi” fanno molta meno notizia).
E però non si possono chiudere gli occhi. Specie chi vive in città sa bene quanto diffusa e organizzata sia la delinquenza delle bande di stranieri. Penso concretamente a ciò che conosco, ossia a quartieri come l’Arcella a Padova o via Piave a Mestre. Qual è la nostra strategia di difesa? Nessuna. Siamo sulla difensiva, impotenti. Questo per quanto riguarda spaccio, furti, prostituzione, eccetera.
Vi è anche un altro aspetto della questione immigrazione che mi porta a una riflessione. E in tal caso sono le nostre idee a essere sulla difensiva. La nostra ragione è sulla difensiva. Siamo spesso costretti all’autocensura. Chiedo: vale la pena rischiare la vita per affermare liberamente un proprio modo di essere o una propria opinione? Si tratta, a mio avviso, di una questione serissima perché ti mette permanentemente nella situazione di una potenziale vittima.
Di che cosa si tratta è presto detto. Parliamoci chiaro: chi di noi si sentirebbe libero di dire in pubblico ciò che pensa realmente a riguardo dell’islamismo, ossia senza ipocrisie e senza alcuna autocensura, come quando critichiamo il cristianesimo e il cattolicesimo in particolare? Anche su questo tema passiamo più tempo a pensare in anticipo ciò che non dovremmo dire e fare. Oppure c’è tra noi qualcuno che, a viso aperto, è disposto a correre il rischio di difendere idee come quelle di Salman Rushdie e dei suoi “versi satanici”? Fatevi avanti, cittadini coraggiosi.
L'Unità, 28 luglio 1957, a proposito dei Trattati di Roma:
RispondiElimina"Le speranze di una sensibile diminuzione della nostra disoccupazione in seguito alla liberalizzazione prevista dal trattato non possono essere convalidate in nessun modo. Inducono al pessimismo soprattutto i seguenti fatti: si prevede un aumento di produttività ma non una riduzione degli orari di lavoro, sarà richiesta mano d’opera specializzata ed altamente qualificata mentre quella italiana disoccupata si caratterizza proprio per la sua bassa qualificazione (sotto questo aspetto l’economia italiana corre addirittura il rischio di vedersi privata della mano d’opera migliore attraverso l’emigrazione degli operai specializzati). Inoltre la mano d’opera italiana entrerà in concorrenza sugli stessi mercati con la mano d’opera — a bassissimo costo — dei paesi d’oltre mare."
La nostra bandiera nazionale dovrebbe recare una grande scritta: Tengo famiglia
RispondiElimina(Leo Longanesi)
Sinceramente né nell'ambito pubblico né in quello privato ho mai visto censure o reticenze nell'esprimere critiche anche violente sull'islamismo o nel difendere, giustamente, Rushdie. Nelle notizie vedo invece una sovraesposizione quando il delinquente è della religione e/o del colore "sbagliato", si confronti ad esempio la copertura del caso dell'ucraina violentata da un richiedente asilo rispetto a quello contemporaneo di Nina Gryshac, ucraina anche lei, uccisa dal compagno italiano. Piuttosto ci vuole un notevole coraggio nella critica di altre religioni, per esempio criticare Israele (paese in cui vige di fatto l'apartheid e la sopraffazione su tutto quello che non è ebraico) come visto può costare la carriera politica.
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