mercoledì 3 agosto 2022

Chissà se quelli ...

 

Nel III secolo dell’evo volgare, il principato romano visse una violenta crisi fino quasi a travolgerlo. Tra il 235 e il 288, a Roma si succedettero diciotto imperatori, la maggior parte morirono di morte violenta. Quello d’imperatore era diventato uno dei mestieri più letali.

Almeno apparentemente le cause della crisi furono l’assenza di regole precise di successione, per cui il potere era alla mercé di generali elevati alla porpora imperiale dai loro soldati e rapidamente eliminati da un nuovo pretendente. Le guerre civili furono punteggiate da rapine, saccheggi e dall’interruzione di un ordinato commercio. In Gallia, per esempio, i bagaudes, bande di contadini senza terra, schiavi fuggiaschi e disertori, devastarono le campagne per diversi anni, attaccando fattorie isolate e piccoli centri rurali.

Alcuni secoli prima, la conquista da parte della Repubblica romana del bacino del Mediterraneo, della Gallia, dell’Africa e dell’Oriente aveva provocato un gigantesco afflusso di ricchezze, che dapprincipio favorì l’agricoltura con l’ampliarsi degli sbocchi commerciali e venne a svilupparsi una manifattura di tipo industriale.

La prosperità del sistema poggiava sui porti del Mediterraneo e sulla vasta rete stradale realizzata nell’epoca della conquista. Grazie a queste infrastrutture, i mercanti potevano trasportare in modo rapido e sicuro i prodotti agricoli dei grandi possedimenti agrari e quelli dell’artigianato urbano da un capo all’altro dell’impero.

In seguito, però, la concorrenza dell’agricoltura siciliana, africana ed egiziana, affondò i piccoli proprietari terrieri che erano stati la forza (anche militare) di Roma. La migrazione dalle campagne ingrossò le fila della plebe urbana che viveva di distribuzioni gratuite di grano e carne porcina, con accompagnamento di distrazioni “mediatiche”.

Questa evoluzione avvenne a vantaggio dei latifondisti che, residenti nelle loro lussuose ville, si arricchirono al tempo stesso con l’afflusso di metalli preziosi e prigionieri da sfruttate come schiavi – il 35% della popolazione italiana nel I secolo –, il che rendeva poco vantaggiosa ogni forma d’innovazione tecnologica atta a aumentare la produttività del lavoro in rapporto alla manodopera impiegata.

Approfittando della situazione di grave crisi e incertezza in cui versava l’impero, sospinti dalla pressione di popoli asiatici, i “barbari” stanziati ai confini premevano sul limes, sempre in procinto di essere travolto, cosa che avverrà alla fine del secolo seguente e soprattutto in quello successivo ancora.

La crisi fu superata con l’arrivo alla testa dell’impero, nel 268, di Claudio II, un duro soldato dell’Illiria. A costo di notevoli sforzi, egli e i suoi successori, Aureliano, Probo, Diocleziano, Costanzo Cloro e Costantino, riuscirono a respingere i barbari oltre il Reno e il Danubio, a ridurre le secessioni che si erano moltiplicate nell’impero e a ripristinarne l’unità.

La fase più acuta della crisi fu superata ma lasciò il segno sul piano sociale e degli assetti economici. Sul piano sociale l’anarchia generale portò al rafforzamento delle aristocrazie tardo-antiche e l’inizio della ruralizzazione (“La necessità di nutrirsi spiega prima di ogni altra cosa la fuga dei ricchi nelle loro terre, l’esodo dei poveri nei poderi dei ricchi”, Le Goff).

Nelle campagne il lavoro, libero o schiavo, subì una forte regressione. Molte terre restarono incolte mentre le infrastrutture che costituivano il punto di forza di Roma subirono un forte deterioramento per mancanza di manutenzione.

Non più in grado di esportare i loro raccolti su lunghe distanze, i grandi proprietari terrieri iniziarono a produrre generi alimentari di sussistenza e a barattarli. Non potendo importare manufatti dalle maggiori aree urbane dell’impero, s’impegnarono anche a fabbricarli in proprio nei loro possedimenti. Così, a poco a poco, s’instaurò un’economia domestica e di quasi mera sussistenza che fiorirà pienamente pochi secoli dopo.

Prese sempre più piede quella che sarà chiamata servitù della gleba: molti piccoli contadini rinunciarono a parte dei loro diritti per porsi sotto la protezione dei grandi proprietari terrieri. Divennero coloni, una classe semilibera di cittadini romani. La legge imperiale renderà presto ereditario il loro status, costringendoli a rimanere attaccati alla terra e al padrone.

Quanto alla situazione delle città, non fu certo più brillante: minacciate dalla scarsità, circondate da bastioni e popolate da profughi, si rinchiusero in se stesse.

Sul piano economico-finanziario, la disorganizzazione del commercio, il crollo della produzione agricola, l’esodo rurale, furono causa dell’impennata dei prezzi, divenuta particolarmente incontrollabile nella seconda metà del III secolo.

Una misura di grano, che prezzava un solo denario sotto Augusto, ne prezzava quattro nel 250, ben 50 nel 276, 75 nel 294 e 330 nel 301. L’inflazione fu ulteriormente aggravata dalle ripetute questioni monetarie in cui i successivi imperatori s’impegnano per far fronte all’aumento delle spese militari.

All’arrivo al potere di Diocleziano, nel 284, la situazione economico-finanziaria era catastrofica. Va rilevato che tra il 238 e 274, l’offerta di moneta venne moltiplicata per sette! Furono tentate varie riforme monetaria abbandonando il vecchio denario per un nuovo denario d’argento, che ebbe sotto Aureliano 94 parti di rame e solo 6 di argento. Queste riforme non ebbero effetto sull’inflazione, anzi, i prezzi raddoppiati in meno di dieci anni!

Diocleziano ristabilì l’argenteo di Nerone, usando una lega con una maggiore percentuale d’argento che si disse argentum pusulatum. Neanche Diocleziano riuscì a rialzare il valore e il prestigio dell’argento. L’imperatore tentò di rimediare all’inflazione imponendo, senza successo, un calmiere, ossia non prezzi fissi ma un tetto massimo a essi (Edictum de pretiis rerum venalium, emanato fra il 20 novembre e il 9 dicembre 301).

L’elenco di più di mille prodotti e tariffe è di grande interesse per conoscere la tipologia dei consumi d’allora, tipo l’“olio di mirra”, ma ovviamente erano elencati anche merci e servizi molto più popolari, quali i cereali, carne, vino, birra, lenticchie, salsicce, ma anche scarpe, cappotti, spese di trasporto, viaggi in mare, stipendi e compensi per le libere professioni.

«Abbiamo deciso, come tutto il genere umano sembra pregarci di fare, di fissare non il prezzo delle merci, ma un massimo». Per i trasgressori erano previste pene severissime (sulla carta), tra cui la pena capitale. L’auspicio fu di contenere l’inflazione, lasciando tuttavia libertà agli operatori nei diversi mercati locali di accordarsi anche su prezzi inferiori a quelli stabiliti come massimi per legge.

L’editto fu il complemento della riforma monetaria, fiscale e della nuova forma di tassazione agraria, la iugatio-capitatio, cui doveva adeguarsi l’intero sistema produttivo, in ciò imponendo, attraverso la fissazione di determinati rapporti economici, un ordine sociale corrispondente a una volontà politica, sancendo il controllo del potere imperiale sulla società e l’economia, e che sarà il punto di partenza dell’assolutismo bizantino.

L’editto dioclezianeo del 301 esprimeva i pretia rerum venialum in moneta divisionale prevalentemente di rame, in denarii; il prezzo dell’oro “filato” fu fissato ad appena 12.000 denarii alla libbra, e, corrispondentemente, quello in barre a 10.000 denarii. In altre parole Diocleziano voleva sì creare un sistema monetario su una base solida, ma in ragione favorevole alla moneta divisionale in rame rispetto all’oro!

Un’economia monetaria stabile non si può fondare sul corso forzoso di una moneta divisionale tenuta artificiosamente alta, e dall’altra parte su una buona moneta aurea. Un maldestro tentativo che avrà esempi ancora nel XX secolo, come quando nel 1925 il Regno Unito decise di ritornare alla parità aurea con la sterlina e qualcun altro decise di tenergli testa con la lira italiana. Ci riuscirà, ma sappiamo a quale prezzo e soprattutto chi lo pagò.

Il fallimento necessario dell’editto del 301 dipese soprattutto da questo rapporto artificioso fra denario e libbra d’oro (10.000 a 1), un rapporto economico assurdo. Costantino, che poco dopo successe al padre Cloro, fu rivoluzionario anche in questo, ossia compì una radicale trasformazione fondando il suo sistema sulla moneta d’oro. Nell’epoca costantiniana il rapporto sarà 60.000 denarii per una libbra d’oro.

Costantino spostò l’epicentro del sistema monetario sul solido d’oro, in tal modo spostò tutta la vita economica e sociale dell’impero; i prezzi furono fondati sull’oro, e ufficialmente calcolati in rapporto al solidi.

I possessori di oro si trovarono d’un tratto a essere gli effettivi signori della società del IV secolo. I possessori di moneta divisionale, in rame, furono rovinati. Le classi sociali si stabilizzarono in proporzione diretta alla loro capacità di acquisto in moneta buona di oro. Il III secolo era finito; una nuova epoca cominciava, in cui stavano da una parte i potentiores possessori di oro, dall’altra la afflicta paupertas ancorata alla moneta di rame, che troveranno sollievo alle proprie miserie materiali e spirituali aderendo al cristianesimo, alla sua potente e capillare organizzazione assistenziale.

Mi chiedo quanti dei leader politici che promettono mirabilie in vista delle prossime elezioni conoscano un po’ di questa storia dell’inflazione del Tardo Antico. Soprattutto quelli che puntano a un ritorno alla liretta (in rame o argento?).

9 commenti:

  1. Questo di seguito diviso in due parti è il programma di ITALIA SOVRANA e POPOLARE.
    È possibile avere un suo parere?

    1) 🟢 Fuori l'Italia da NATO, UE, euro, Oms.
    Stop all'invio di armi al regime ucraino e basta guerra e sanzioni alla Russia, ricostruzione dei rapporti diplomatici. Una situazione che sta devastando la nostra economia ed il suo tessuto sociale. Archiviare la stagione dell’unipolarismo atlantista per approdare ad un mondo multipolare fondato sulla solidarietà e sovranità di stati affratellati Internazionalmente, cioè l’opposto del globalismo mondialista.

    ⚪ Basta dittatura sanitaria e green pass. Nessun obbligo vaccinale. Attivazione di piani di medicina territoriale e di prossimità. Ristrutturazione generale della sanità pubblica e fine di ogni privatizzazione in questo settore.

    🔴 Senza tregua nella lotta alla mafia, alla corruzione e alle organizzazioni criminali, fine del segreto di stato sulla stagione della stragi e sulle responsabilità interne ed internazionali nella strategia della tensione. Una vera riforma della giustizia dalla parte del popolo, con una magistratura non asservita ai poteri forti, a tutela delle ragioni dei più deboli.

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    1. Il mio parere? Propaganda elettorale.
      fuori l'italia dalla NATO, dalla UE? E perché fuori dall'OMS? ma dai, siamo seri non facciamoci prendere per il culo da questo ennesimo baraccone.
      Per il resto manca l'indicazione concreta di tutti gli strumenti e le coperture (per non dire delle alleanze politiche necessarie) per attuare anche una sola voce di questo programma. È l'ennesima illusione.

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  2. 2) 🔴 La difesa dell’ambiente non in senso propagandistico ma seguendo realmente la filiera delle responsabilità del mercato globale.

    🟢 Denuncia della sistematizzazione del terrore come strumento di governo dei popoli respingendo ogni ipotesi di transumanesimo, i cui prodromi sono stati sperimentati durante la gestione del Covid. Insediamento commissione d’inchiesta parlamentare sulle scelte dei governi durante l’emergenza. ⚪

    Un politica economica che riprenda la programmazione industriale e sociale improntata in senso antiliberista e popolare. Una attualizzazione della lotta di classe nel mondo disumano delle multinazionali.

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    1. Ho una proposta concreta: a parità di salario settimana di 4 giorni x 6 ore. Che dice, mi candido e lei mi vota?

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    2. Questo sul salario minimo mi è sfuggito. Sempre nel programma di ITALIA SOVRANA E POPOLARE :

      🟢 Una assoluta attenzione ai temi del lavoro, azzerando tutta la legislazione relativa alla precarizzazione e agli attacchi al lavoro autonomo, piena occupazione, salario minimo a 1200 euro, piano di manutenzione nazionale del territorio, assumendo regolarmente forza-lavoro dal reddito di cittadinanza, socialità per invalidi con assegno minimo a 1000 euro, sviluppo del welfare per la famiglia come centro dell’azione sociale.

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    3. Al sabato sera pizza gratis per tutti

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  3. Io ti voto ad una condizione : devi partecipare a qualche talk show. Così almeno ti vedo......ti leggo da 12 anni e non so nemmeno se sei bionda o mora, alta o bassa magra o grassa. Chiederei una foto ma capisco di correre troppo. Comunque la curiosità è tanta

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