venerdì 1 luglio 2022

Sul Nuovo Concetto strategico della NATO

 

Sarebbe stato politicamente corretto e democratico che il presidente del consiglio dei ministri si rivolgesse alla nazione per spiegare meglio, in questi giorni afosi d’estate, il suo aut-aut espresso in aprile, ossia quello tra carri armati da inviare a Kiev o condizionatori accesi. E ciò anche in riferimento ad altri concreti aut-aut, tipo quello tra lanciarazzi e prezzo di gas e luce, tra equipaggiamenti bellici e inflazione, insomma tra armi e recessione.

In tal caso, dalle Alpi ai Peloritani, si leverebbe forte e all’unisono una risposta che potrebbe essere intesa anche come un invito: “vaffanculo, stronzo”. Quasi unanime, perché ci sono anche quelli disposti, nei loro villini balneari, a bagni di sudore per Kiev.

Bisognerebbe anche spiegare che cosa ci aspettiamo da questa particolare guerra per procura per la quale ci stiamo impegnando ben oltre l’azione diplomatica e il semplice invio di assistenza umanitaria. Ciò ricorda il fenomeno del “costo irrecuperabile” che ha portato gli Stati Uniti, e oggi noi con loro, ad aumentare il proprio coinvolgimento in Vietnam da una manciata di consiglieri a mezzo milione di soldati in combattimento diretto.

A leggere il NATO Strategic Concept non si tratta di una boutade.

Per il momento e in caso di necessità si sono messi a disposizione 8.000 militari, pronti non solo a sudare ma anche a morire per i richiamati sacri valori della NATO. In gran parte Lumpenproletariat che ha creduto bastasse indossare una divisa e battere i tacchi per aver diritto a un salario. Ben gli sta, dovevano leggere ciò che è scritto tra le righe dell’art. 11.

Il segreto operativo e la sicurezza sono senza dubbio la foglia di fico, perché quando s’inviano carri armati e altre armi pesanti a un paese in guerra con un altro, è difficile sostenere che si tratta semplicemente di un modo di dirimere la “controversia” in atto ai sensi del richiamato articolo della costituzione più bella del mondo.

Bisognerebbe anche spiegare perché il diritto incondizionato all’autodeterminazione si applichi solo all’Ucraina, ma non alle popolazioni prevalentemente di lingua russa nell’Ucraina orientale e in Crimea, né ad altri popoli, come per esempio quello palestinese o curdo.

Sostenere poi che l’Ucraina è vittima di un’aggressione da parte russa è, alla luce dei fatti, un’affermazione assurda e ingannevole. La “vittima” ucraina è un regime portato al potere da un colpo di stato nel 2014, finanziato e organizzato dagli Stati Uniti, utilizzando le organizzazioni naziste locali alle quali è stata fornita la forza militare necessaria per i loro crimini contro la popolazione russa residente in Ucraina.

Negli ultimi otto anni, gli Stati Uniti e la NATO hanno svolto l’addestramento e fornito armamento al regime di Kiev in preparazione della guerra contro la Russia. Migliaia di soldati ucraini sono stati addestrati direttamente dagli Stati Uniti negli anni precedenti la guerra, come riporta candidamente e non smentito il NYT del 25 giugno scorso (*).

Sono risposte e chiarimenti che non verranno. Così come non sarà detto nulla di concreto sul “Nuovo Concetto strategico della NATO quale modello per l’Alleanza in un mondo più pericoloso e competitivo”.

Al popolo bue, quello evocato allart. 1 della costituzione e che tra pochi mesi sarà chiamato alle urne, Draghi e il suoi tirapiedi non hanno detto che “l’area euro-atlantica non è in pace” (The Euro-Atlantic area is not at peace), e dunque che siamo in guerra. Nessuno è venuto al balcone a dircelo, ma noi spezzeremo comunque le reni prima alla Russia e poi alla Cina.

Il documento sottoscritto a nome e per conto nostro a Madrid, parla d’impegno a “fornire l’intera gamma di forze” necessarie “per combattimenti ad alta intensità e multidominio contro concorrenti paritari dotati di armi nucleari” (including for high-intensity, multi- domain warfighting against nuclear-armed peer-competitors).

Il precedente quadro strategico della NATO, pubblicato nel 2010, usava la parola “interessi” solo una volta, impegnandosi a “rafforzare le consultazioni politiche e la cooperazione pratica con la Russia in aree d’interessi condivisi”.

Il documento di Madrid fa riferimento sette volte alla parola “interessi”, dichiarando che sia la Cina e sia la Russia sfidano gli “interessi dell’Alleanza”, in primis (serve ricordarlo?) quelli di Washington.

Nel 13° paragrafo si legge che: “La RPC [Repubblica Popolare Cinese] cerca di controllare i settori tecnologici e industriali chiave, le infrastrutture critiche, i materiali strategici e le catene di approvvigionamento. Usa la sua leva economica per creare dipendenze strategiche e aumentare la sua influenza”.

Insomma, questi capitalisti con gli occhi a mandorla, vogliono fare proprio come gli Stati Uniti d’America.

Diciamocelo chiaro: la leadership politica, economica e strategica occidentale è in crisi, così com’è in progressiva e inarrestabile regressione numerica la “razza” bianca. Perciò è necessario darci una mossa, eliminare i concorrenti, anche quelli dotati di arsenale nucleare, costi quel che costi.

¡No pasarán! È questo il grido echeggiato a Madrid nei giorni scorsi.

Tradotto in italiano: godiamoci il climatizzatore, fin che lo consentiranno.

(*) A tale proposito, sarebbe stato utile e democratico che il presidente del consiglio e il suo tirapiedi al ministero degli Esteri spiegassero senza ambiguità al popolo italiano ciò che pensano a proposito del memorandum d’intesa trilaterale tra Turchia, Svezia e Finlandia che consente l’ingresso di Stoccolma e Helsinki nell’alleanza militare, dando in cambio ad Ankara mano libera contro le Unità nazionaliste curde di protezione del popolo (YPG) in Siria (sostenuto da molte nazioni occidentali nella lotta contro l’ISIS), così come contro il Partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK), che il governo turco bandisce come gruppi terroristici. Stoccolma e Helsinki s’impegnano prontamente a sostenere le richieste della Turchia di estradizione di sospetti “terroristi” curdi.

1 commento:

  1. Non trovo niente da aggiungere e tanto meno da eccepire, e questo mi dispiace.

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