giovedì 13 maggio 2021

Due pesi e due misure

 

Il 7 maggio, Amnesty International ha annunciato di riassegnare lo status di “prigioniero di coscienza” ad Alexei Navalny, che gli aveva tolto alla fine di febbraio a causa della sua storia d’incitamento all’odio. La decisione di Amnesty non ha a che fare con un cambiamento nelle idee politiche di Navalny, ma accoglie le sollecitazioni (di chi?) per presentare un personaggio della destra più ideologica e fanatica come una sorta di crociato della “democrazia”.

Nel 2007, Navalny ha lasciato il partito di opposizione Yabloko (con stretti legami americani e che ha unito le forze con il National Bolshevik Zakhar Prilepin, cosa che potrebbe sembrare paradossale solo agli ingenui), per aderire al National Russian Liberation Movement. Il manifesto di questo movimento è una classica combinazione di critiche (sul tipo CasaPound) alle élite e appelli d’impronta etnica per il risveglio nazionale.

Pur offrendo alcuni contentini alle minoranze, il movimento di Navalny si rivolge ai “russi” usando un termine (russkie) che si riferisce esclusivamente alle persone di etnia russa, non a tutti i cittadini del paese, che è composto da più di 180 gruppi etnici non-russi (quasi il 20% della popolazione). Per diversi anni, Navalny ha co-organizzato la Russia March, una manifestazione annuale di fascisti e neonazisti.

Sempre nel 2007, Navalny ha pubblicato due video deliranti su YouTube in cui incita alla violenza contro le popolazioni del Caucaso, chiedendo di sparare a queste persone e di deportare gli immigrati. Anche senza la conoscenza della lingua russa, si può avere un’idea del carattere di questi video prendendone visione: qui e qui. Navalny (quello nelle immagini dei due filmati non è un sosia) non solo non ha mai ripudiato queste posizioni, ma si è rifiutato di rimuovere i video e ha affermato che queste posizioni fanno parte del suo curriculum politico.

La campagna pro-Navalny è imbastita da Washington e sostenuta da molti governi europei. È oggetto d’innumerevoli articoli e servizi televisivi che hanno utilizzato l’avvelenamento di Navalny attribuendolo al Cremlino sulla base di affermazioni non provate e perfino assurde, allo scopo di far apparire Navalny come un oppositore democratico al regime di Putin e degli oligarchi che hanno in mano il paese.

L’opposizione interna ha un qualche sostegno negli strati più ampi della popolazione, e trova alimento nella rabbia diffusa per la corruzione e il carattere grottesco dell’oligarchia russa. Navalny, tuttavia, ha tra i suoi sostenitori proprio certi ambienti oligarchici, in particolare quelli affiliati al magnate russo-israeliano Mikhail Fridman e del suo Gruppo Alfa.

Amnesty International ora si rammarica della sua passata decisione di privare Navalny dello status di “prigioniero di coscienza”, sottintendendo che le posizioni politiche di Navalny costituivano poco più che errori che riguardano il passato, e che fa parte della missione di Amnesty incoraggiare le persone ad abbracciare positivamente una visione dei diritti umani e di non rimanere prigioniere della loro passata condotta politica (testuale).

Amnesty riconosce all’oppositore anti-Putin lo status di “prigioniero di coscienza”, ma rifiuta di riconoscerlo, per esempio, a Julian Assange o Chelsea Manning, che hanno denunciato i crimini di guerra degli Stati Uniti. La vicenda di Assange è (dovrebbe essere) troppo nota per essere rievocata qui, e quanto a Manning, rinchiuso per anni in carcere, è stato continuamente torturato e perseguitato.

4 commenti:

  1. Scusi, ma Chelsea Manning non è una donna?

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    1. All'anonimo delle 12e19 (da Wikipedia): Nata con il nome Bradley in Oklahoma da padre statunitense e madre gallese, a tredici anni si trasferisce in Galles con la madre e la sorella a seguito della separazione dei genitori. Quattro anni dopo ritorna negli Stati Uniti, e si arruola nell'esercito.[3] Nell'ottobre 2009 viene mandata in servizio in Iraq, a est di Baghdad, con la 10th Mountain Division, dove lavora come analista di intelligence.

      Nell'agosto 2013 è stata condannata a 35 anni di carcere. Immediatamente dopo la condanna, Manning ha pubblicamente reso noto di non riconoscersi nel genere maschile e di avere una percezione di sé femminile. Ha quindi intrapreso un percorso di transizione e cominciato un trattamento ormonale utile per il cambio di genere, scegliendo quale nome Chelsea Elizabeth.[4][5] Il 17 gennaio 2017 il presidente degli Stati Uniti d'America, Barack Obama, ha commutato la sentenza, riducendone la durata e spostandone il termine all'anno 2017, rispetto al 2045 del verdetto.[6] La sua scarcerazione è avvenuta il 17 maggio 2017.
      Scarcerata, dopo sette anni e quattro mesi, il 17 maggio 2017 per grazia del presidente uscente Barack Obama, ritorna in carcere dall'8 marzo 2019 per aver rifiutato di testimoniare davanti a un Grand jury a proposito di WikiLeaks, uscendo nuovamente di prigione il 12 marzo 2020.

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  2. Sto leggendo un libro sulla Russia di Putin e parla spesso di questo Navalny,grazie per queste puntualizzazioni.

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