martedì 13 aprile 2021

Come non bastasse

 

Non c’è solo, per molti paesi, crisi nell’offerta di vaccini. Da mesi si registra una gravissima crisi nelle forniture di microchip. Sono colpiti molti settori industriali, tanto che numerose fabbriche, soprattutto automobilistiche, hanno dovuto ridurre i turni o chiudere per settimane i loro impianti con complessivi danni per decine di miliardi.

Le cause di questa deficienza sono molteplici e sono state elencate in vari articoli giornalistici. Si va dall’aumento della domanda di elettrodomestici, alla difficoltà delle catene di approvvigionamento globali di radunare tutti i componenti necessari per la produzione, fino alla guerra commerciale tra Usa e Cina (*).

Mettiamoci dentro anche l’incendio della fabbrica giapponese di semiconduttori Renesas Electronics Naka, che ha avvertito che potrebbe essere necessario fino a un mese per riavviare la produzione nello stabilimento. Il 66% della sua produzione è destinata all’industria automobilistica e detiene una quota del 30% delle unità del microcontrollore per auto prodotte in tutto il mondo.

A ciò s’è aggiunto che Samsung, ossia uno dei più grandi produttori di smartphone e produttori di semiconduttori, ha chiuso temporaneamente il suo impianto di chip di Austin, in Texas, il 16 febbraio, a causa dalla devastante tempesta invernale che ha messo fuori uso la fornitura di energia elettrica in tutto lo stato. La società prevede un riavvio della produzione a metà aprile.

Tutte cose che possono stare benissimo in capo alle cause immediate della crisi di fornitura dei chip e che prima o poi torneranno alla normalità, così come, dall’altro lato, prima o poi saremo sommersi da una valanga nell’offerta di vaccini. Del resto mi pare sia già stato detto che la nostra società si presenta come una “immane raccolta di merci”.

Come non bastasse, c’è stato anche il blocco del Canale di Suez per il noto incagliamento di una nave, e ciò una volta di più ha messo in luce la realtà dell’economia mondiale e il suo carattere fortemente integrato.

La natura globale della produzione, che ha raggiunto livelli storici inediti sotto ogni punto di vista, dimostra come sia sempre più urgente e necessaria una pianificazione scientifica sistematica dell’attività economica internazionale, almeno per quanto riguarda alcuni settori strategici. Produzione che non può più essere affidata al caso, ad una “mano invisibile” del mercato che prima o poi aggiusta le situazioni di crisi, non senza aver lasciato che si produca prima grave danno.

Purtroppo le divisioni ideologiche e la promozione incessante del nazionalismo continueranno ad orientare il nostro atteggiamento verso i problemi che ci stiamo portando aventi da decenni e che s’aggravano.

Dovremmo invece comprendere a che cosa stiamo andando incontro continuando su questa strada. Gli Usa sono decisi a impedire con ogni mezzo alla Cina, il loro principale concorrente economico, di ottenere qualsiasi vantaggio tecnologico, così come la Cina non è disposta a tirarsi indietro, a rinunciare di giocare un ruolo importante nella contesa internazionale. Per gli Usa e per la Cina tutto diventa questione essenziale, di vita o di morte. Gli Usa sono disposti a rischiare di provocare una guerra, con la Cina che non potrà tirarsi indietro. A provocarla basta poco, anche un casuale incidente e conseguente escalation, e la situazione in tal senso diventa sempre più pericolosamente matura.

L’Europa, dal canto suo, pur essendo il continente economicamente e socialmente più importante e sviluppato, con i propri secolari egoismi e incomprensioni ha dissipato da tempo il suo primato mondiale, e ora litiga anche solo per sedersi su una sedia. Che pena mi fa.

(*) L’amministrazione Biden dovrebbe incontrare i produttori di chip la prossima settimana per discutere “cosa si potrebbe fare” per sopperire alla crisi che deve affrontare l’industria automobilistica. La Casa Bianca ha anche annunciato alla fine di marzo una proposta di sovvenzione di 50 miliardi di dollari per l’industria nazionale dei semiconduttori nel tentativo di una produzione onshore. Tuttavia il finanziamento, anche se approvato, arriverebbe troppo tardi per avere un impatto sulle attuali carenze, e punta a garantire la catena di approvvigionamento degli Stati Uniti a scapito della Cina, la quale a sua volta considera le sue catene di fornitura di semiconduttori vulnerabili e recentemente ha annunciato che avrebbe promulgato agevolazioni fiscali per la sua industria nazionale, consentendo loro di importare macchinari e materie prime esentasse fino al 2030.

In tale quadro di contesa, Taiwan è emersa come il principale punto critico nella campagna degli Stati Uniti contro la Cina, con una propaganda implacabile pompata giorno dopo giorno dai media e dal governo statunitensi. Taiwan Semiconductor Manufacturing Company, con una quota di mercato dominante del 54%, e United Microelectronics, sempre a Taiwan, non sono gli ultimi fattori di questa campagna.

1 commento:

  1. ...se ti interessa pure la produzione di plastica e' abbastanza bloccata e con prezzi in rialzo vistoso ,
    ( vedi polymer price indexx plastic TT)
    i livelli produttivi sono ancora covid e immagino che vogliano rientrare delle pesanti perdite, succede....

    Si va avanti come si puo' , tanto chi paga e' sempre il consumatore

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