sabato 3 aprile 2021

Il pesce (bauco) di Venezia

Da una decina di giorni circolava la “notizia” dell’anniversario della fondazione di Venezia: 25 marzo dell’anno 421.

Guarda un po’, mi dicevo ascoltando distrattamente, la storia è sempre più materia da far piacere ai consumatori di eventi.

Poi ieri ho letto un articolo a firma di Gian Antonio Stella che racconta come dei burloni abbiano creato due documenti archivistici fasulli ottenendo in pieno l’effetto cercato.

Lode agli ideatori ed esecutori, i quali hanno voluto ricordare con la loro burla di “dare voce e visibilità alle fonti primarie, avere cura degli archivi e delle biblioteche, che non sono polverosi depositi della memoria, ma scrigni di tesori”.

Dati i tempi, chi vuoi si prenda la briga di verificare, magari anche solo sfogliando qualche libro. Per esempio la monumentale opera del mai troppo compianto Wladimiro Dorigo: Venezia origini, Milano, Electa 1983, segnatamente il primo dei tre voll..

La Venezia ducale non data 1600 anni, né vanta un natale preciso. Possiamo collocarla tra il VI e VII secolo, pur se cospicui insediamenti lagunari sono molto più antichi della bizzarra data del 25 marzo 421. Reperti di edifici e strutture di oltre duemila anni ne sono testimonianza.

Il poeta Marziale esaltava in un epigramma le bellezze dei lidi di Altino, le cui ville rivaleggiano con quelle di Baia, luoghi in cui spera di trovar riposo nella vecchiaia. Di quei luoghi, ricordo più modestamente, i miei maggiori mi parlavano spesso della “città morta” sepolta tra le barene lagunari.

Anche in tal caso basta prendere visione di un libro: Ernesto Canal, Archeologia della laguna di Venezia. Molto apprezzato anche dal prof. Dorigo, il libro illustra con rara fattura scientifica perché di quegli antichi insediamenti lagunari si sia persa traccia per molti secoli.

Si deve tener presente il fenomeno sia dell’aumentato livello marino (eustatismo positivo), sia di una diminuzione della quota dei terreni dovuta alla subsidenza presente in tutta l’area lagunare e perilagunare.

La tipologia delle stazioni insediative individuate da Ernesto Canal è molto varia. Spicca l’esistenza di abitazioni di prestigio legate ad un alto tenore di vita, con presenza di mosaici pavimentali, marmi orientali, intonaci colorati e corredi di vetro e ceramica di qualità.

L’arco cronologico è assai ampio per quanto riguarda l’antico, va dal I sec. a.C. al I-II sec. d.C.. Rinvenuti anche resti di fabbriche di laterizi e reperti di edifici lignei risalenti al IV-III sec. a.C.. Numerosi anche gli insediamenti alto-medievali.

Pertanto la città non è nata dal nulla, e neanche a seguito della fuga degli abitanti di terraferma davanti alle orde barbariche (IV-VI sec.). Dopo il passaggio dei predoni, gli abitanti tornavano, com’è naturale, alle loro avite proprietà. Pertanto, la supposta fondazione di Venezia è un mito alimentato dalla stessa Serenissima affinché nessuna potenza straniera potesse rivendicare diritti sul Ducato.

Ha ragione Marino Sinibaldi: “in questo Paese le classi dirigenti non leggono”. Soggiungo: e quando lo fanno in genere leggono robaccia. Una classe dirigente che avrebbe bisogno di vergognarsi e ricostruirsi.

P.S. A proposito di ricorrenze, ieri era il compleanno di Giacomo Casanova, un uomo che interpretò ogni personaggio, tranne il gondoliere. Non era un maldestro Valter Biot; nellepoca di Caterina II andavano di moda stili come il rocaille, ora il kitsch putiniano.

Qui sotto alcuni particolari tratti delle carte allegate al libro di Canal che mostrano il numero e la vastità degli insediamenti inventariati e documentati dall’Archeologo nell’area lacustre nelle varie epoche storiche.






14 commenti:

  1. Sinibaldi osserva anche, con un aneddoto, che il nostro ceto dirigente è meno ipocrita di quello francese (il pudore è comunque il riconoscimento implicito di valori sociali, da noi vige il gretto particulare). Immagino che oltralpe le più confortanti statistiche sulla vendita dei libri si traducano spesso in inutili collezioni bibliotecarie, buone come sfondo per le teleconferenze.
    Sul natale di Venezia penso sia il segno che il municipalismo resta uno dei tratti più caratteristici degli Italiani.
    (Peppe)

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    1. Anche la Francia risente della “secolarizzazione”, ed è un po’ dappertutto così. Diciamo che in Francia la cultura è questione un po’ più larga che da noi e che mediamente la classe dirigente mantiene un livello culturale dignitoso, cosa che in Italia, mediamente, non è.

      Non credo molto alle classifiche di lettura. In Austrialia, per esempio, i libri più letti sono Harry Potter. In Italia vanno alla grande i libri di cucina e dintorni. Quindi dovremmo fare un discorso, non facile, sulla qualità della lettura.

      In Italia la saggistica ha poco a che fare con la saggistica scientifica. Recentemente ho letto un volumone ben scritto di 606 pp. senza una nota. D’accordo, si tratta di divulgazione, ma quando citi una frase di qualche personaggio o altro autore devi avere la creanza di dire “dove”, anche se chi legge è una massaia. Altrimenti è tutto buono, come faceva Montanelli (alias Gervaso) che inventava di sana pianta. Quella poi che uno perché è giornalista grande firma si senta in diritto di pubblicare in tema di qualsiasi cosa è altra cattiva faccenda.

      Quando ci sono le note, in genere, il riferimento è a fonti secondarie o peggio (non mi riferisco solo a Vespa, Augias, Scurati, Guerri e compagnia editando, perché in tal caso si sa o si dovrebbe sapere di che merce si tratta) . Posso farlo io nel blog, non è ammissibile da parte di autori che oltretutto ritengono di essere obiettivi e rigorosi nei loro libri.

      Non solo. Si traducono dei classici omettendo le note, che sono fattore essenziale. Ho in mente uno di questi classici della storiografia più volte riedito, dove le note sono assolutamente indispensabili per l’esplicazione di allusioni contenute nel testo, ma le note sono omesse nelle edizioni italiane. Sciatteria, trascuratezza, calcolo economico e roba del genere.

      Ecco il senso della burla così come esplicitato dai suoi autori.

      Buona giornata.

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    2. Concordo con lei sul sotto-utilizzo delle note, specie in quei libri che hanno la pretesa di fare informazione (su qualsiasi argomento).
      Volevo chiederle, invece, in merito all'opera di Montanelli e Gervaso: innanzitutto se l'ha letta e se crede che ci siano delle inesattezze dai primi volumi sino alle guerre mondiali.
      Nel caso, se posso, ha da consigliare qualche testo "simile"?
      La ringrazio.
      AG

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    3. di simile, non ho consigli.
      preferisco le monografie per argomento.

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    4. Però. Se posso permettermi: 3.000 anni non sono pochi. Ci sono dei periodi che conosco abbastanza bene, avendoli approfonditi con parecchie letture. Per esempio, sul secolo XVI modestamente ne so più di un po'. Però ci sono anche dei buchi, o addirittura delle voragini, che originano principalmente dal fatto che magari mi interrogavano all'inizio del trimestre, e io avevo altro da fare che studiare, se ero certo di non essere beccato. Per chiudere a posteriori i buchi, e poi decidere su cosa approfondire, lo confesso: ho usato Montanelli/Gervaso. E lo rifarei.

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    5. ma certo, non è che i manuali scolastici o i bignami siano qualcosa di meglio di montanelli/gervaso/cervi.

      voglio dire che per la divulgazione vanno più che bene, ma non oltre. tutto qua.

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    6. Fossero solo le note a mancare... Ricordo una terrificante traduzione di un libro di Kershaw che sembrava fatta con Google Translator, con errori nella coniugazione dei verbi e dove il 30 gennaio 1945 era definito il giorno del "ventesimo anniversario della presa del potere" come se dodici anni di nazismo non fossero stati abbastanza.


      Giovanni

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    7. caro Giovanni, ma vai a trovare proprio i pelini nell'uovo di pasqua. ciao

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  2. Domando: pesce d'aprile si diceva pesse baùco? Io non me lo ricordo.

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    1. No, ma lo trovo del tutto pertinente, almeno più dell'agnello a pasqua. infatti mangerò pesce (bauco). E tu?

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    2. Mai amato l'agnello italiano. Tuttavia, i casi della vita mi hanno portato a lunghi soggiorni in Turchia. La carne ovina lì è straordinaria, e la ragione me l'ha detta un turco: poca erba e secca. Le bestie sui muovono molto, se no farebbero la fame.
      Comunque, a Pasqua non dipenderà da me, ma dal lockdown. Pranzo con parenti acquisiti, che contribuiranno con il secondo, appunto di agnello.

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    3. ricordo accompagnato con lo yogurt.
      sospettavo avessi intrallazzi col saladino

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  3. Gentile Olympe, mi permetto un off topic e di rivogerle una domada dato che seguo il suo blog da più di un decennio e reputo la sua capacità di analisi ben superiore alla mia. Leggo in rete una gran quantità di controinformazione sensibile e ben argomentata, con contenuti assimilabili ai suoi e comunque apertamente in contrasto con quelli della tv e dei giornaloni. Come mai il potere,che notoriamente controlla tutto, ne permette la diffusione? Mi viene in mente solo la schedatura dei fruitori per futuri provvedimenti. Se é cosi sono già in cammino verso il prossimo gulag. Vabbè che sono anzianotto,magari muoio prima....

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