sabato 3 febbraio 2018

Pescecani



Quando ci sposammo, andammo per qualche tempo ad abitare in un alloggio in affitto, in una palazzina di due appartamenti. Al piano di sotto abitavano Claudio con sua moglie Vxxx e il loro bimbo. Me lo ricordo ancora Mxxx, con la tutina blu da sembrare un puffetto.

Claudio, ex tossicodipendente, era uscito da alcuni anni da una di quelle comunità che chiamano di recupero. Un giovane simpatico, semplice, diretto, naïf. Rammento un episodio rivelatore del suo carattere. Una sera Claudio suonò alla nostra porta, stava con il figlioletto. Senza perifrasi, strizzandoci l’occhio, ci disse: “Per favore, teneteci per una mezz’oretta Mxxx, che noi ci dobbiamo fare una sveltina”. Ripetendone le parole e rifacendone il gesto, ridemmo per una settimana. Claudio era fatto così, senza infingimenti ed ipocrisie. Tutti gli volevamo bene, sua moglie stravedeva.

Suo padre era stato per qualche tempo segretario della locale sezione di un partito. Una persona sempre triste e taciturna, non l’ho mai visto sorridere. Credo che la vicenda del figlio tossicodipendente l’avesse segnato profondamente. Per sua sfortuna visse a lungo e morì dopo i fatti che qui racconto (autentici alla virgola).

Una mattina d’inverno, in un prato ricoperto di brina, fu ritrovato il corpo di Claudio, non lontano dalla sua vecchia Renault con la carrozzeria screpolata. Overdose. Si sospettò un regolamento di conti con gli spacciatori della zona: casi molto simili sia prima e anche dopo quello di Claudio. Non se ne seppe più nulla.

Molti anni dopo, il figlio di Claudio e di Vxxx trovò la morte in un incidente. Una sera, mentre rincasava, un pazzo gli attraversò la strada a tutta velocità. L’imbecille rimase illeso e invece Mxxx morì durante il trasporto in ospedale. Uno strazio per tutti, immaginiamo quello della madre.

Perché racconto questo? Un’associazione tra la vicenda di Claudio e una notizia che ho letto l’altro giorno e di cui dirò alla fine del post.

Quando andammo ad abitare nella stessa palazzina di Claudio, egli mi chiese dove lavorassi. Alla mia risposta esclamò quasi con entusiasmo: “Ma è come lavorare alla Fiat, un posto fisso!”. Claudio aveva svolto sempre lavoretti saltuari e mal pagati. Ecco perché citava un’azienda come la Fiat, perché ai suoi occhi essa rappresentava per antonomasia un lavoro fisso, con lo stipendio tutti i mesi, i contributi, le ferie e le malattie pagate. Per lui, marchiato come ex tossico, trovare un posto così non era per nulla semplice (e oggi non è scontato per chiunque).

A volte andava a letto la sera credendo di avere ancora un lavoro, ma il mattino successivo scopriva di essere disoccupato. Forse gli sarebbe bastato un lavoro stabile e decentemente pagato, un po’ di speranza nel domani, per restare fuori dal giro che l’ha portato in quel prato ghiacciato.

*

Bisognerebbe che quelli che distillano odio sui media contro le tutele del lavoro, quelli che considerano la precarietà come una scelta di vita e addirittura come un’opportunità, provassero sulla propria pelle l’esperienza di vivere nei gradini più bassi della società. Non per un breve periodo, non sarebbe lezione sufficiente per quelle teste calde.

Molti stronzi (come definirli diversamente?) considerano con radicata convinzione la povertà, precarietà e disoccupazione come l’inevitabile conseguenza di limiti personali di chi ne viene colpito, declinati in termini di incapacità, pigrizia e mancanza di ambizione. Qualunque individuo potrebbe invece salire sui gradini più alti della scala sociale se solo lo volesse.

È la tesi sostenuta, tra gli altri, da quel vanesio di Eugenio Scalfari su quel cesso di giornale che ha fondato con i soldi dei padroni, cioè quella di mettere in competizione i proletari di tutto il mondo, in una corsa al ribasso dei salari.

Se si vuole spingere la gente ad accettare salari più bassi, bisogna rendere la disoccupazione più penosa da sopportare. È su questo genere d’idee che si costruiscono carriere accademiche, politiche, bloggeristiche e pubblicistiche. Le sofferenze e le tragedie della povera gente sono solo increspature, sacrifici di pedoni sulla grande scacchiera dell’ordine borghese, necessità che s’impongono nelle operazioni dello scontro tra grandi forze che si oppongono.

Che la povertà dipenda molto più dalla mancanza di lavoro, dal basso livello salariale e dalla precarietà del posto di lavoro piuttosto che dalla scarsa voglia di lavorare è un fatto così chiaro che altri negrieri parlano di “politiche attive”, come se il carattere del capitalismo e i suoi processi (la rampante globalizzazione) che scolpiscono la realtà come leggi di natura fossero davvero permeabili alle buone intenzioni del riformismo fuori tempo massimo.

Per tornare alla Fiat, nel 1967 era la prima industria automobilistica d’Europa, davanti alla VW, la quarta nel mondo dietro ai tre colossi americani. So bene quali sono, secondo gli stronzi di cui sopra, le cause del declassamento e liquidazione della grande industria in Italia: tutta colpa dell’IRI, del ’68 / ’69 e simili.

Ieri l’altro leggevo le dichiarazioni di un tizio, secondo il quale Agnelli, prima di tirare le cuoia, gli avrebbe detto: «Alla mia morte, vendi tutto». Après moi le déluge! Si dice che Agnelli avesse un gran stile, e non ci vuole molto per averne più di un Marchionne, ma si tratta pur sempre di pescecani.

12 commenti:

  1. 1967 ? giusto un anno prima del "mitico" '68 , non certo venuto " per caso".

    Perché come il collasso nazista '45 deriva dalla cruciale vittoria sovietica di stalingrado del 1942 anche il collasso del "lavoro" post 1992 chissà da quale cruciale vittoria del "kapitale" sarà derivata ?.
    E magari per la risposta potrebbe essere utile comparare le lezioni del toninegriprima con quelle del tonynegridopo (indizio: la y non è un refuso)
    ws

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    1. eh, su toni ci sarebbe da dire molto, o anche nulla

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    2. Il collasso del "lavoro" lo varrei partire dalla sconfitta operaia sui 4 punti della scala mobile.
      Un saluto Roberto B

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  2. che furto di vita

    quando non si decide nulla, decidere può sembrare decidere di farsi una pera, così va e non c'è da farci sopra alcuna sociologia. quella la fanno già i cronisti che a volte, giustamente, vengono presi a sassate

    c'è semmai da chiedersi come sarebbe se, invece che ingoiare un rospo dopo l' altro, procedessimo all' atto di dire basta

    la rivoluzione sociale al momento sembra cacciata pure dall' immaginario, arricchimento della realta'. eppure--

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  3. Potrebbe essere che "la cruciale vittoria del Kapitale" derivi dalla perdita del referendum sui 4 punti di scala mobile?
    Un saluto Roberto B

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    1. quello fu un momento di una fase, ma bisogna inquadrare il tutto nel mutamento della composizione di classe di quegli anni

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  4. Però..

    Qualche dato positivo

    L'Economist ha previsto lo scoppio della guerra mondiale tra una ventina di anni circa,(silenzio totale in Italia, sull'articolo in questione )

    Invece Huffigton Post ci rassicura che : "In calo invece l'ingrossamento del pene (- il 28%). In generale, nel 2016, l'aumento del seno rimane l'intervento più richiesto (il 15,8% del totale), seguito da liposuzione (il 14%), chirurgia delle palpebre (12,9%) e ritocchi al naso (il 7,6%)."

    Non saprei quale delle due notizie sia la migliore, credo la prima che mi sembra inevitabile.. questione di tempi!

    caino

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  5. Pardon ..dimenticavo

    Encomiabile invece la raccomandazione ai genitori del Presidente della confindustria del Cuneese di non far studiare i figli .Da previsioni sembrerebbe che per Cuneo, serviranno 40.000 operai per il futuro prossimo (pardon schiavi).

    ps Non so perché ,ma Cuneo per me Alto Piemonte, razzisticamente parlando ,mi ricorda un sacco di barzellette.

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    1. a me il lago maggiore e altre cosette

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    2. Buongiorno Olympe, ma il lago Maggiore le ricorda cose belle o brutte o, peggio, ridicole? Sa, io ci vivo sul lago Maggiore e ci tengo che faccia bella figura. Sempre bello leggerla.

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    3. mi ricorda una bellissima vacanza e conto di ritornarci
      grazie

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