Non
si può comprendere la storia antica se non si ha presente il rilievo che in
quelle società aveva il lavoro di milioni di schiavi. Si calcola che su 60
milioni di abitanti, l’Impero romano impiegasse circa 10 milioni di schiavi. Il
ricambio organico di questa massa richiedeva il cinque per cento di nuovi
schiavi ogni anno, vale a dire circa 500.000 nuovi schiavi da allevamento
diretto o da vivai esterni (*). Gli storici convengono che in Italia, tra la
metà del I sec. e.c. ed i Giulio-Claudi, ci fosse fra i 30 e il 40 per cento di
schiavi, ossia circa 2,5 milioni su una popolazione totale di 7,5 milioni.
Sono
quelle riportate cifre non lontane dall’effettiva realtà storica, e può
apparire perfino incredibile che Senofonte preveda di comprare per conto di
Atene tre schiavi per ogni cittadino, ossia tra i 70 e i 90 mila schiavi! La
sua intenzione è di acquistarli progressivamente, cominciando con un gruppo di
1.200. Non è la difficoltà a procurarsene molti di più in una sola volta che lo
spinge a questa tattica, bensì la consapevolezza che acquistandone molti di più
in una sola volta, i prezzi sarebbero aumentati a scapito della qualità (S.
Bussi, Economia e demografia della
schiavitù in Asia Minore ellenistico-romana, LED Edizioni Universitarie,
2001).
E
tuttavia tali cifre sulla consistenza del fenomeno della schiavitù nell’antichità
sono esigue e quasi risibili a confronto di quanto avviene nella nostra epoca,
laddove, per fare un esempio, solo due grandi società di capitale impiegano
quasi tre milioni di schiavi: nel 2016, la catena Walmart ha registrato 15
miliardi di utili con il lavoro di 2,3 milioni di schiavi, e Amazon un utile di
2,3 miliardi con l’impiego di 541.900 schiavi (settembre 2017).
Il
totale degli schiavi messi direttamente a profitto in tutto il pianeta dal
sistema capitalistico ammonta ad alcuni miliardi d’individui. L’entità del
plusvalore estorto è enorme e alimenta da un lato l’accumulazione delle società
capitalistiche stesse (la sola Apple ha una liquidità
di 200 miliardi di dollari), e dall’altro stimola la stratosferica speculazione
finanziaria (basata su quegli algoritmi che ormai producono il 66% degli scambi
sulle Borse mondiali), nonché l’incremento della ricchezza di poche decine di migliaia
d’individui (l’1% più ricco dell’umanità possiede più del restante 99%, secondo
l’Oxfam).
A
quest’ultimo riguardo, immaginiamo una comunità di villaggio costituita da 100
individui dei quali solo uno possieda una ricchezza maggiore a quella
complessiva degli altri 99. Potremmo definire una simile comunità come liberale
e democratica? E, soprattutto, quanto durerebbe la cosiddetta pace sociale in
tale contesto senza la minaccia di finire di là delle sbarre e in assenza di
una pervasiva azione manipolativa ideologico-mediatica? La pace sociale in
una simile situazione non durerebbe dall’alba al tramonto di un solo giorno.
(*)
L’affermazione di Max Weber secondo cui la guerra fu una caccia agli schiavi è
da considerarsi valida per tutte le epoche dell’antichità (St. economica e sociale dell’antichità, Editori Riuniti, 1981).
Viceversa, in epoca moderna le guerre servono, e non secondariamente, per
risolvere il problema dell’eccedenza di forza-lavoro. Anche in epoca antica si
poneva tale problema, specie in Grecia e nell’Asia Minore, ed era risolto
abitualmente con l’esposizione dei bambini. Anche nella “democratica” Atene, ma
in tal caso l’abbandono era discreto, mentre nelle regioni dell’Asia Minore era
un fatto pubblico. Per contro, nell’Egitto greco-romano, dove la riproduzione
servile svolgeva un ruolo importante, l’esposizione dei bambini era un fenomeno
raro, e per gli schiavi nati in casa era vietata l’esportazione.
-->
È sempre un piacere leggerla quando snocciola questi dati.
RispondiEliminaG.M.
E a proposito di Amazon: http://www.ansa.it/sito/notizie/tecnologia/hitech/2018/02/01/amazon-bracciali-per-monitorare-staff_fa03ebe6-9c7f-4fbc-b668-5bcee4346ebc.html
RispondiEliminaeh, ho visto
EliminaOlympe, con tutto il rispetto, a me questa storia dello schiavo non mi piace, non ti seguo
RispondiEliminal' orizzonte antico era veramente angusto, non che oggi vada meglio, ma è diverso, forzatamente universale ma universale
spiegati meglio e vediamo
Eliminauh che bello: piove, posso risponderti
Eliminail motivo che mi porta a dire quello, lo sai anche tu, è quello del lavoro sociale astratto, prodotto specificatamente capitalista e inesistente nel evo antico se non sporadicamente
Lavoro sempre più estraneo e ostile ma che alla lunga renderà illegittimi il mantello identitario di professione o mestiere, nonostante questi ultimi tengano ancora duro. questo sta avvenendo persino fra i ceti intermedi, a cui è difficile oggi attribuire lo status di notabilato
dannatamente universale avrei dovuto scrivere, l' orizzonte della liberazione globale comunque si fa largo attraverso le eccezioni -antagoniste allo stato attuale- di nazionalità, razza, corporazione, lobby, racket, casta, cordata ecc
non è sufficiente, ma le prossime generazioni nasceranno avendo incorporato questa condizione
come dire: il Capitale canta il proprio trionfo sovrapponendosi al moderno, cioè alla storia, e invece la ghiaccia riproponendo il loop di antichi servaggi classisti (e questo fai bene a rimarcarlo) ma quello che provoca non lo sa neanche lui
epperò dal mio punto di vista parlare di schiavi, faraoni, feudalesimo ecc non paga, anzi in generale rimanda (non è il tuo caso ma ragionaci) al tempo di un capitalismo più temperato e meno destabilizzante per il corpo sociale il cui il ricordo, purtroppo, è ancora presente e fa da tappo alle nuove istanze
qui non posso puntare troppo su concetti marxiani quali lavoro concreto e lavoro astratto, e dunque sul duplice carattere del lavoro rappresentato nelle merci e simili cose. devo puntare a far capire che di là delle forme assunte dallo sfruttamento nella modernità (la dequalificazione, l'operaio massa, ecc.) e quelle che via via va assumendo, nella sostanza delle cose, l'operaio e il salariato in generale, sono schiavi della condizione capitalistica non meno di quanto lo fossero gli antichi schiavi. altrimenti qui non ti capisce più nessuno (o quasi).
EliminaNella sostanza non c’è differenza tra il lavoro degli schiavi antichi e quello degli schiavi moderni.
RispondiEliminaSe il lavoro non è finalizzato al benessere globale e sociale è puro e semplice SFRUTTAMENTO.
nella sostanza non c'è differenza nell'essere schiavi, c'è differenza invero nelle forme e nella qualità dello sfruttamento della forza-lavoro
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