Quanto più la scienza s’incorpora nel capitale sotto
forma di tecnologia, tanto più essa si erge contro il lavoro come potenza
estranea e ad esso ostile.
Agli effetti pratici noi lo possiamo constatare con
la modificazione del rapporto tra gli elementi costitutivi della composizione organica del capitale,
vale a dire nell’aumento della parte costante in rapporto a quella variabile.
Nell’aumento del lavoro morto, passato, rispetto a quello vivo (*).
È ben noto che il mutare del rapporto tra i due
fattori della produzione, cioè capitale costante e capitale variabile, ha come
conseguenza la caduta del saggio del
profitto, come tendenza progressiva.
Vi è da considerare, inoltre, un altro rapporto oltre
a quello descritto, ossia il rapporto tra il tempo di lavoro pagato e quello
non pagato, da cui è dato il saggio del
plusvalore (**).
Il saggio del plusvalore non indica soltanto il rapporto tra il tempo di lavoro pagato e quello
non pagato, ma un rapporto di
sfruttamento e quindi di antagonismo. L’aumento del saggio del plusvalore è
insieme crescita dello sfruttamento e acutizzazione dell’antagonismo di classe.
Il fatto che quest’ultimo, in certi periodi storici sia meglio assorbito,
incanalato e controllato dal sistema di dominio borghese, non vuol dire che
esso, da latente, non possa esplodere socialmente come antagonismo assoluto e
dirompente.
Di questo fatto la borghesia, nelle sue diverse
articolazioni, è ben consapevole e certamente non da oggi. Un segno tangibile
di ciò è dato dall’immane depressione culturale cui sono sottoposte le masse
schiavizzate, con la sapiente regia dei media e dei partiti politici per creare
contrapposizioni all’interno delle classi sfruttate.
Pertanto, quando veniamo a considerare l’impatto che le nuove tecnologie producono sulla composizione organica del capitale e sul saggio del plusvalore, dobbiamo tener presente che non si tratta semplicemente di un rapporto tra “macchine” e uomini, ma esprime il rapporto di dominio della macchina-capitale sull’uomo forza-lavoro. Lo sviluppo tecnologico, se da un lato si presenta suadentemente come “liberazione dalla fatica”, dall’altro è crescita sempre più dispotica del dominio del capitale (la compressione dei salari al minimo, il controllo schiavista sui ritmi di lavoro, la disoccupazione e il precariato di massa, sono solo alcuni aspetti di tale dominio).
Pertanto, quando veniamo a considerare l’impatto che le nuove tecnologie producono sulla composizione organica del capitale e sul saggio del plusvalore, dobbiamo tener presente che non si tratta semplicemente di un rapporto tra “macchine” e uomini, ma esprime il rapporto di dominio della macchina-capitale sull’uomo forza-lavoro. Lo sviluppo tecnologico, se da un lato si presenta suadentemente come “liberazione dalla fatica”, dall’altro è crescita sempre più dispotica del dominio del capitale (la compressione dei salari al minimo, il controllo schiavista sui ritmi di lavoro, la disoccupazione e il precariato di massa, sono solo alcuni aspetti di tale dominio).
(*) La composizione organica del capitale è data: dal
capitale costante, cioè dalla parte del capitale che si converte in mezzi di
produzione (impianti, attrezzature, materie prime e ausiliarie, ecc.), e che non cambia la propria grandezza di valore
nel processo di produzione [a]; dal capitale variabile, ossia la
parte del capitale convertita in forza-lavoro (con la quale si acquista il
“lavoro”), e che cambia il proprio
valore nel processo di produzione. Non solo produce il proprio equivalente
– salari – ma ne produce un’eccedenza, il plusvalore [b].
[a] S’è mai visto un oggetto cambiare
di per sé il proprio valore? Può cambiare il suo prezzo, ma non il suo valore.
Nel processo produttivo, il valore del capitale costante si conserva
trasmettendosi al prodotto, cioè riappare soltanto nel valore dei prodotti
senza aggiungervi altro valore che quello che cede al prodotto di volta in
volta nel corso del processo produttivo.
[b] L’economia borghese chiama il
plusvalore “valore aggiunto”, e non lo fa derivare solo dal capitale
variabile e cioè dalla forza-lavoro, ma dai cosiddetti “fattori produttivi”,
cioè dal capitale complessivo. Lo fa per un interesse di classe ben preciso,
ossia per nascondere la natura dello sfruttamento capitalistico della
forza-lavoro.
(**) Il saggio
del plusvalore è il rapporto tra plusvalore e capitale variabile (salari).
Esempio: dato un capitale costante di 80 € e uno variabile di 20 €, posto un
plusvalore di 20 €, il valore di una merce sarà = a 120 €. In tal caso il
saggio del plusvalore, ossia il rapporto
tra plusvalore e capitale variabile (salari), sarà del 100% (20€ di
plusvalore su 20€ di salario).
Il profitto è una forma secondaria, derivata e
trasformata del plusvalore, è – come dice Marx – la forma borghese nella quale
le tracce del suo sorgere sono cancellate. Esso non è altro che il plusvalore
rispetto al capitale complessivo anticipato, il suo saggio è il rapporto tra il
plusvalore ed il capitale totale investito. Mentre il saggio del plusvalore è =
pv/v, nel caso del saggio profitto esso è = pv/c + v, laddove c
è il capitale costante e v il capitale variabile.
Nell’esempio di prima: dato un capitale costante di
80 € e uno variabile di 20 €, posto un plusvalore di 20 €, il valore di una
merce sarà = a 120 €. In tal caso il saggio del profitto, ossia il rapporto tra plusvalore e capitale
complessivo, sarà del 20% (20€ di plusvalore o profitto su 100€ di capitale
complessivo).
Le leggi del movimento del saggio di profitto non
coincidono con quelle del saggio del plusvalore, dal quale il saggio di
profitto si distingue anche quantitativamente. Il saggio di profitto può
scendere, anche se saggio il del plusvalore reale sale. Il saggio di profitto
può salire, anche se il saggio del plusvalore reale scende.
La categoria del saggio del profitto svolge un ruolo
fondamentale nell’economia politica, poiché il suo movimento è alla base della crisi del modo di produzione capitalistico, non solo, si badi, come
crisi di ciclo, ma come crisi generale-storica.
che palle questi post! ;))
RispondiEliminaLa divisione "politica" all'interno della classe sfruttata è procurata anche dalla caduta del saggio di profitto che costringe da una parte, all'interno dell'impresa, a comprimere il lavoro vivo; e dall'altra, all'esterno, ad aumentare la disoccupazione. Quindi tutte le divaricazioni nel proletariato - garantiti/precari, giovani/vecchi, sud/nord, donne/uomini, destra/sinistra - sono figlie di questa frusta borghese.
non tutte le divaricazioni, per carità, il rapporto tra struttura e le forme del sociale non è così automatico e meccanico. non bisogna mai dimenticare che l'ideologia si porta dietro retaggi storici secolari se non millenari
Eliminacerto.
EliminaIn Italia poi...
Ma va notato che la borghesia non ha impugnato male questa frusta, facendo anche del suo punto debole - la caduta tendenziale del saggio di profitto - uno strumento di dominio.
http://diciottobrumaio.blogspot.it/2016/10/la-tendenza-storica-dellaccumulazione.html
Eliminae anche questo:
Eliminahttp://diciottobrumaio.blogspot.it/2016/10/una-completa-rivoluzione-del-nostro.html
E' un "vecchio" , e anche "ritrito" su questo blog , ma scritto sempre in modo eccellente.
RispondiEliminaNon lo capisce solo chi non lo vuol capire.
ws