martedì 27 febbraio 2018

Elezioni: non debemus, non possumus, non volumus


I risultati elettorali nei paesi europei e negli Usa – e dunque anche il risultato che si avrà nelle elezioni italiane di domenica prossima – mettono in luce che a essere sotto accusa sono i fenomeni provocati dalla globalizzazione (per usare un termine borghesemente corrente).

Tale quadro è aggravato da un lato dal declino atlantico e dalle divisioni europee, dall’altro dall’emergere di potenze che nel XX secolo stavano sostanzialmente ai margini della contesa imperialistica mondiale, quali anzitutto la Cina, ma anche l’India, l’Iran, la Turchia, ecc..

Sembra quasi di assistere a una riedizione, su scala mondiale, della Guerra dei Trent’anni, quando nessuna delle potenze europee aveva capacità di leadership ed erano in lotta tra loro per l’egemonia senza riuscire a trovare un equilibrio.
Finora le élite liberiste hanno sottovalutato il bisogno sociale di ordine e chiarezza, tanto che, per esempio, il fenomeno delle migrazioni ha assunto una portata che comincia a essere chiara solo ora, mentre per il passato l’immigrazione era stata una tigre da cavalcare. Ora il problema è scendere dalla tigre.

Sanno bene che un’epoca s’è chiusa e che le forme illusorie della democrazia partecipativa (!) non bastano più a incanalare e gestire il consenso. Ancora una volta tentano la carta del trasformismo in politica e della paura sul piano sociale, fomentando vecchi spettri in paesi come l’Italia, la Germania, l’Austria, e nuove fobie in altri, come quella del terrorismo islamico, abilmente gestito in Francia fino alle elezioni presidenziali.

L’arma strategica, anche in questa fase storica di crisi generale, è l’informazione: selezionata, inquinata, manipolata, avvelenata. C’è una stretta correlazione tra il dominio reale totale nell’ambito della produzione-consumo e la produzione immateriale di ideologia-informazione.

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Sui calcoli elettorali dei nostri Machiavelli c’è poco da aggiungere a ciò che è già davanti agli occhi di tutti. Non c’è partito che non prometta spese pazze, e anche Renzi non si tira indietro, basta pensare che tra i punti alla base delle promesse elettorali del Pd c’è la proposta di superare il fiscal compact (vai a dirlo ad Angela).

Per risalire la corrente Renzi ritiene, come riportava Avvenire, “di dover tornare alla propria indole anti-sistema” per poter “recuperare i consensi necessari a riaffermare la propria centralità nel quadro politico che si comporrà dopo le urne”. E in tal senso vale citare, tra l’altro, la mozione di sfiducia del Pd alla Camera contro il governatore della Banca d’Italia.

Velleitarismo e populismo hanno accompagnato come sempre la campagna elettorale, cui seguirà immancabilmente il mercato delle vacche e l’estenuante trattativa per la spartizione di poltrone e strapuntini, con reiterate minacce incrociate di far saltare il tavolo. Tutto ciò nonostante e anzi proprio in forza degli annunci di principio che in questi ultimi giorni piovono da ogni parte, e cioè i non debemus, non possumus, non volumus.

4 commenti:

  1. Lucidità e sintesi.
    Brava!

    Marco

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  2. "tentano la carta del trasformismo in politica e della paura sul piano sociale, fomentando vecchi spettri in paesi come l’Italia, la Germania, l’Austria"

    Questa frase mi ha colpito molto, forse perchè non so se ho capito bene quello che intendi.

    Se ho capito bene ipotizzi che si stia favorendo, in maniera "controllata", la crescita dei partiti fascisti allo scopo di riuscire a mandare a votare gli antifascisti?

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    1. l'azione è molto più sofisticata ma nella sostanza è così

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