«Sono
bestie, non hanno alcun rispetto per gli umani … ». Maria Grazia lancia parole
terribili, ti fissa con i suoi occhi marroni, come per conoscerti meglio.
Ventisette anni di pulizie negli uffici, di volta in volta per una dozzina
d’imprese, piuttosto piccole. Ha quasi 58 anni, un'intera “carriera” nel pulire e pulire,
sa di cosa sta parlando.
La
sua rabbia è fredda: «Sono diventata dura, a volte aggressiva». Maria Grazia la
si può incontrare il mattino poco prima delle 6.30, in stazione, avvolta in un
cappotto pesante e una sciarpa bianca. Fa la pendolare per più di tre ore ogni
giorno, la sua giornata è da stella a stella. Due piccoli contratti: al mattino
lavora in centro città per tre ore, nel tardo pomeriggio altre tre ore di
pulizie in una grande azienda, in zona industriale, periferia sud-est.
In
mezzo c’è un pasto a prezzo fisso, e poi, quando si può, la “sua” panchina nel
parco, alle spalle della Cappella degli Scrovegni, dove non è mai entrata. A
chiacchierare con donne dello stesso destino, dipendenti di ditte in subappalto
che lavorano un po’ qui un po’ là, sempre con l’ansia di un nuovo contratto, la
paura di ammalarsi, di perdere il lavoro.
Dopo il lavoro, Maria Grazia ha ancora due autobus e il treno. L’aspettando due
figli: la ragazza lavora in una birreria, dalla sera e fino a tardi; il ragazzo, molto più piccolo, va ancora a scuola, la quarta in un istituto agrario. In certi
periodi dell’anno lavorava nei vivai, gli piaceva ed erano contenti di lui, ma
non lo chiamano più, causa complicazioni burocratiche.
Mi
racconta di qual era il suo sogno da giovane, quando andava ancora a scuola e
arrotondava come cameriera: diventare infermiera professionale. E invece è
venuto presto il matrimonio, la famiglia, il marito, proprietario di un distributore
con autolavaggio, posseduto dal vizio del gioco, quello delle carte. «S’è
mangiato tutto stando seduto al bar», mi dice. Poi s’è ammalato, sempre dentro
e fuori dagli ospedali, finché è morto. Dal tono comprendo che è stata una
liberazione.
Il
treno sferraglia e scarta sull’ultimo scambio, qualche istante e sarà in
stazione. Ci stringiamo la mano, scambiandoci un arrivederci sorridendo. Non la
vedevo da alcuni anni, né lei mi aveva più rivisto su quel treno. Allora ci incrociavamo,
ma solo al mattino, senza mai una parola, salvo un cenno di saluto.
Questa è la nuda verità che attraversa l'esistenza di un essere umano in tantissimi casi che non fanno notizia; mi chiedo allora cosa si può fare per non rimanere egoisti e brutalmente impotenti davanti alle differenze.
RispondiEliminaPerchè secondo me il vero dramma attuale è la differenza che esiste tra gli uomini, una differenza fatta di privilegi innati, di cultura e informazione e accessibilità incolmabili. Così che non trovo risposta alla domanda e rimango schiacciato dal disgusto e dal vacuo che sento dentro ed intorno a me non riuscendo ad assolvermi nè a condannarmi completamente.
Un amico ingegnere napoletano mi disse che la peggior cosa è essere ignavi.
Io non mi ritengo tale ma senza dubbio so di avere solo matite spuntate nelle mie mani contro il potere costituito.
Però la testimonianza la porto avanti a testa alta.
Grazie per la lettura
Un caro saluto
Roberto
il 4 marzo non usiamo le matite, non legittimiamo il nuovo fascismo
EliminaE a Maria Grazia è andata pure bene. Il "treno che sferraglia e salta sull'ultimo scambio" per qualche altro pendolare è stato l'ultimo treno.
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