Con
il suo sostegno per la nomina di Hillary Diane Rodham Clinton alla Convention
nazionale democratica, la campagna di Bernie Sanders è giunta a una fine
ignominiosa. Nulla rimane della sua campagna tranne slogan vuoti di significato
reale e frasi ingannevoli. Questo risultato era ampiamente prevedibile fin
dall'inizio, come del resto ho già scritto a suo tempo.
Affermare
che il consenso dato a Sanders è stato un'espressione di profonda rabbia
sociale è molto diverso dal dire che la campagna Sanders si articola e
rappresenta questa rabbia. Sanders non mirava a creare le condizioni per una “rivoluzione”,
ossia un cambiamento, per quanto nell’ambito del riformismo, come lui affermava
nei suoi discorsi elettorali, ma per evitare qualsiasi mutamento. Sanders non
parlava in nome della classe operaia e della classe media messe in ginocchio
dalla crisi, ma ha fatto il gioco della classe dirigente e della classe politica
che vede la crescita dell’opposizione sociale con timore e cerca dei modi per
contenerla.
La
principale funzione politica della campagna di Sanders è stata quella di
deviare e incanalare il crescente malcontento sociale e l’ostilità verso il
sistema esistente e il Partito democratico. La sua campagna condotta
come sedicente “socialista” è stata un tentativo, riuscito, di prevenire e
bloccare la nascita di un movimento indipendente.
L’appoggio
ad Hillary Rodham Clinton, già avvocato di uno dei più esclusivi studi legali
statunitense e membro dei consigli d'amministrazione delle multinazionali
Walmart e Lafarge, è di per sé eloquente. Nel suo discorso alla Convenzione
Sanders ha elogiato il suo ex avversario dopo che nella campagna per la candidatura l'aveva criticato per i suoi stretti legami con Wall Street e come rappresentante
dell’oligarchia. Ha anche elogiato l'amministrazione Obama, che ha
supervisionato il più grande trasferimento nella storia americana di ricchezza
dai poveri ai ricchi.
Anche
in politica estera la posizione di Sanders è stata chiara, laddove dichiarava il
proprio sostegno alla guerra imperialista, affermando tra l’altro il suo
impegno a continuare il programma dell'amministrazione Obama e sostenendo che
gli Stati Uniti “dovono avere l'esercito più forte del mondo”.
Sempre
lunedì scorso Sanders ha rimproverato i suoi delegati, che lo fischiavano,
difendendo il suo endorsement all’ex
segretario di Stato dichiarando: “Questo è il mondo reale in cui viviamo”. Con ciò intende un “mondo reale” che preclude ogni opposizione tra i due candidati
proposti dai partiti democratico e repubblicano, che esclude ogni reale processo
democratico in un paese da secoli governato dall’oligarchia del denaro. La “rivoluzione
politica” di Sanders contro la “classe dei miliardari” era solo un bluff, in
realtà una difesa dello status quo e del sistema bipartitico.
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