venerdì 29 luglio 2016

Quel socialista al ketchup di Sanders


Con il suo sostegno per la nomina di Hillary Diane Rodham Clinton alla Convention nazionale democratica, la campagna di Bernie Sanders è giunta a una fine ignominiosa. Nulla rimane della sua campagna tranne slogan vuoti di significato reale e frasi ingannevoli. Questo risultato era ampiamente prevedibile fin dall'inizio, come del resto ho già scritto a suo tempo.

Affermare che il consenso dato a Sanders è stato un'espressione di profonda rabbia sociale è molto diverso dal dire che la campagna Sanders si articola e rappresenta questa rabbia. Sanders non mirava a creare le condizioni per una “rivoluzione”, ossia un cambiamento, per quanto nell’ambito del riformismo, come lui affermava nei suoi discorsi elettorali, ma per evitare qualsiasi mutamento. Sanders non parlava in nome della classe operaia e della classe media messe in ginocchio dalla crisi, ma ha fatto il gioco della classe dirigente e della classe politica che vede la crescita dell’opposizione sociale con timore e cerca dei modi per contenerla.

La principale funzione politica della campagna di Sanders è stata quella di deviare e incanalare il crescente malcontento sociale e l’ostilità verso il sistema esistente e il Partito democratico. La sua campagna condotta come sedicente “socialista” è stata un tentativo, riuscito, di prevenire e bloccare la nascita di un movimento indipendente.



L’appoggio ad Hillary Rodham Clinton, già avvocato di uno dei più esclusivi studi legali statunitense e membro dei consigli d'amministrazione delle multinazionali Walmart e Lafarge, è di per sé eloquente. Nel suo discorso alla Convenzione Sanders ha elogiato il suo ex avversario dopo che nella campagna per la candidatura l'aveva criticato per i suoi stretti legami con Wall Street e come rappresentante dell’oligarchia. Ha anche elogiato l'amministrazione Obama, che ha supervisionato il più grande trasferimento nella storia americana di ricchezza dai poveri ai ricchi.

Anche in politica estera la posizione di Sanders è stata chiara, laddove dichiarava il proprio sostegno alla guerra imperialista, affermando tra l’altro il suo impegno a continuare il programma dell'amministrazione Obama e sostenendo che gli Stati Uniti “dovono avere l'esercito più forte del mondo”.

Sempre lunedì scorso Sanders ha rimproverato i suoi delegati, che lo fischiavano, difendendo il suo endorsement all’ex segretario di Stato dichiarando: “Questo è il mondo reale in cui viviamo”. Con ciò intende un “mondo reale” che preclude ogni opposizione tra i due candidati proposti dai partiti democratico e repubblicano, che esclude ogni reale processo democratico in un paese da secoli governato dall’oligarchia del denaro. La “rivoluzione politica” di Sanders contro la “classe dei miliardari” era solo un bluff, in realtà una difesa dello status quo e del sistema bipartitico.



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