Non
è crollato solo il consenso verso la classe politica: sta franando sempre più
massicciamente il consenso verso il sistema. Fortuna che ci sono i Cinquestelle
che per un po’ terranno botta vendendo nuove illusioni. Poi sarà peggio, o
molto peggio. Le crisi delle democrazie hanno sempre fatto seguito alle crisi
economiche e di sistema. Peraltro oggi non siamo semplicemente in presenza di
una classica crisi di ciclo, ma alla fine di un’epoca. E ciò non avviene, come
sosteneva Scalfari nel 2013, “per l’esaurirsi delle responsabilità”. Avviene
per impossibilità della sua continuazione. Per analogia si potrebbe richiamare
a tale riguardo il Tardo Antico.
Le
disuguaglianze economiche si fanno sempre più marcate e dunque la
radicalizzazione dello scontro sociale è solo questione di tempo. Alla gente
comune non interessa nulla del referendum, dell’Italicum e cose del genere. Vuole
lavoro, chiede sicurezza e di non patire un sistema di permanente taglieggiamento
che salvaguarda i forti in danno dei deboli. Però non si tratta solo di questo,
e non solo la classe politica, la classe dirigente e proprietaria, ma anche il
ceto intellettuale borghese, salvo eccezioni, non è ancora in grado di
comprendere la dimensione inedita del cambiamento in atto.
Non
lo comprende poiché la sua realtà si scontra con ben definiti interessi, dunque
con la loro posizione di classe. Ed ecco dunque che dal 2008 ci raccontano che
il capitalismo non denota contraddizioni interne, vieppiù la contraddizione
centrale dell’economia capitalistica si collocherebbe tra produzione e consumo.
Si tratterebbe, come ho sentito ripetere anche questa sera da Freccero in tv, di
far ripartire i consumi. Una tesi questa molto comune, che è sostenuta dal cólto
e ripetuta dall'inclita.
Soprattutto
da quei marpioni che vogliono riformare e salvare il capitalismo dalle sue
crisi (parlare loro di crisi generale-storica di questo modo di produzione è
tempo perso), ma sanno benissimo che motivo fondamentale delle crisi di ciclo è
il lavoro non pagato, l’estorsione di plusvalore, il furto di tempo di lavoro
altrui. Quel plusvalore che non viene impiegato per nuovi investimenti né speso
in consumi. Ed è ciò che produce quel fenomeno
che variamente viene chiamato sovrapproduzione di merci o di sottoconsumo
(concetti economici della teoria borghese della sproporzionalità). Essi hanno
buon gioco nel camuffare il fenomeno per
la causa.
Ed
è appunto perché essi sanno bene qual è la causa – anche se non possono
gridare che il re è nudo – che propongono di risolvere la questione tassando
maggiormente profitti e rendite, in modo da reperire quelle risorse che
consentirebbero di “riproporzionare” i diversi settori dell’economia. Per loro la
politica fiscale è come il paracetamolo, abbassa la febbre e si guadagna tempo
(e diritti d’autore e altre prebende).
Dall’altra
parte della barricata, ma solo apparentemente, troviamo chi si ostina in
concezioni che deducono questo stato di cose dall’ingiustizia e dalla malvagità
del capitalismo. Demonizzare da un punto di vista morale il capitalismo (magari
nella sua variante neoliberista, ossia quella del capitalismo senza tanti
complimenti) non solo non serve a nulla ma è sbagliato e antistorico.
Il
capitale impiega il sistema delle macchine solo per aumentare il tempo di
pluslavoro, ma facendo ciò, senza volerlo, riduce ad un minimo
la quantità di lavoro necessario alla produzione di un determinato oggetto.
Sicché mentre la massa dei valori d’uso si accresce enormemente in seguito
all’aumentata produttività del lavoro, si riduce il tempo di lavoro necessario
alla loro produzione e, dunque, il valore di scambio in essa contenuto.
Come
dunque non comprendere che ad entrare in crisi è il modo di produzione basato
sul valore di scambio? E ciò non può non avere conseguenze inedite e di portata storica assolutamente epocale.
“Vegliate, dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora” (Mt 25,13)
RispondiEliminaOttimo scritto , talmente chiaro e lineare da poterlo capire anche un analfabeta. Complimenti
RispondiEliminaws
Sempre un piacere leggerTi e condividere !
RispondiEliminacaino