Post un po’ lungo che ha lo scopo d’ingannare
la noia, quasi l’angoscia, di queste ore che chiudono l’anno. È inadatto a
passeggeri frettolosi di arrivare al 2016 e a quelli che vogliono scansare il
rischio di imparare qualcosa che già sanno. Consigliato invece a chi non considera
la propria sorte un difetto del destino e che, non potendo fare la storia,
anche per gusti sedentari, preferisce farsela raccontare.
*
Uno
degli aspetti più ingannevoli della percezione del tempo storico ritengo sia
dato dal sistema di datazione del quale noi oggi quasi universalmente ci
avvaliamo. Il tempo storico, per quanto riguarda l’evo antico, si presenta ai
nostri occhi di anime comuni come un rapido assottigliarsi, una diminuzione che
procede con cadenza più secolare che annuale; poi, a cominciare dall’evo
volgare, inizia una tortuosa risalita che diventa sempre più aspra quanto più
s’avvicina alla nostra contemporaneità, laddove ogni più succedanea banalità è
acclamata con iperboli come queste: “il matrimonio, il match, il summit,
l’accordo, … del secolo”!
Di
queste evanescenze ce ne offre uno scampolo paradossale il protestante La
Peyrère, guascone, autore dei Preadamiti (1655),
secondo cui nemmeno Adamo fu il primo uomo, poiché la Genesi riguarda solo il
popolo ebraico e altri uomini vissero altrove prima di lui, senza essere
coinvolti nel peccato originale. Ne prendano nota i testimoni di Geova e pure
gli altri battezzati.
*
Newton
fu cultore e ammiratore appassionato di cronologia, come un qualunque
perdigiorno si divertiva a stabilire le date più antiche, egiziane o
babilonesi, sulla base della dinastia dei loro sovrani e sul principio che si
può calcolare a trent’anni lo spazio medio di una generazione umana. Tuttavia
la durata dei re è più breve per le note circostanze di lite tra fazioni che
rendono sempre insicuro un trono, per cui Newton deduceva che il mondo è meno
vecchio di cinquecento anni di quanto invece creduto dai suoi colleghi. La
spedizione degli Argonauti, per esempio, avvenne nel 909 e non nel 1440
dell’evo classico. Aggiungiamoci che Caino venne ucciso da Abele nell’anno 130,
Matusalemme nacque nel 687 e morì nel 1656 a 969 anni. E tutta la storia della
Genesi non abbraccia che 2369 anni! Sono dettagli buoni a sapersi nel caso
fosse bandito un concorsone per l’immissione in ruolo o per un posto vacante a
Palazzo Chigi.
Lasciamo
stare queste scempiaggini giudaico-cristiane, la cronologia è cosa seria e
importante, una scienza ausiliaria della storia, ci soccorre insegnandoci a riportare
al nostro calendario ed agli anni della nostra èra le date espresse altrimenti
(*).
*
Il
nostro modo di datare gli anni è fatto risalire all’invenzione del
cristianesimo, cioè a cominciare dalla nascita di Gesù, anche se a ben vedere la
saga nazarena comincia molti secoli prima, nei miti che noi chiamiamo pagani,
per poi innestarsi presso i Giudei, i quali avevano raggiunto l’apogeo
religioso e culturale secoli prima di Alessandro (**).
L’anno
civile, prima di Cesare, non esisteva; l’anno era fluttuante, così come è sorto
dal calendario giuliano il Capodanno. Prima d’allora, il metodo per fissare
l’anno consisteva nel legare a un giorno del calendario l’entrata in carica dei
magistrati: in Assiria i Limmu (funzionari il cui nome era utilizzato come
eponimo per indicare l'anno) assumevano la carica il 13 Ijjar; nel calendario attico l’arconte il primo di Hekatombaion (luglio agosto); a Roma i magistrati
dal 222 al 153 a.C. entravano in carica il 15 marzo. Dopo di allora i consoli
entravano in carica dal primo gennaio (i calendari precesariani cominciavano da
tale data). L’anno di carica del magistrato, cioè l’anno eponimo, diventava
perciò un’unità cronologica di lunghezza variabile (a seconda dell’intercalazione)
e con un inizio preciso.
Solo
in età imperiale, sotto l’influsso dell’astrologia, l’anno nuovo acquistò
importanza come tale in quanto limite cronologico e prese piede la nostra festa di Capodanno.
In
antico e presso i vari popoli era adottata anche un’altra forma di denominazione
dell’anno, cioè quella secondo il monarca, i cui anni venivano naturalmente contati
dal giorno dell’ascesa al trono. Ne risultò che l’anno in cui era salito al
trono un nuovo sovrano veniva attribuito per intero al predecessore ma a volte
anche al successore. A Babilonia e in Egitto invece il periodo dall’ascesa al
trono e fino al Capodanno veniva indicato come “inizio del regno”.
Quella
della datazione e delle corrispondenze cronologiche è dunque materia abbastanza
complessa (qui solo accennata). Ancora nel VI secolo si calcolavano comunemente
gli anni usando l’éra di Diocleziano. Però sorse un problema. La Chiesa
esigeva che la festa pasquale cadesse la prima domenica dopo il plenilunio di
primavera (cioè dopo il 21 marzo). Ne conseguiva la necessità del calcolo e
della tavola dei cicli pasquali. Nel 525 l’abate Dionigi il Piccolo elaborò una
tavola più completa, in sostituzione di quella valida fino allora, e fu in uso fino alla riforma gregoriana del 1582.
La
tavola di Dionigi risaliva però a quella del vescovo alessandrino Cirillo (ora noto
comunemente per via di Ipazia), che usava l’èra di Diocleziano. Infatti, in Egitto, in sostituzione del proprio calendario
non venne adottato quello giuliano con inizio al primo gennaio, poiché questo
era assai scomodo per le osservazioni astronomiche compiute fino ad allora
sull’anno variabile egiziano, che in tal modo venivano annullate. Gli astronomi
proseguirono dunque, anche dopo l’abdicazione di Diocleziano, la fittizia
numerazione dei suoi anni di regno.
Per
eliminare la datazione secondo Diocleziano, attestato dalla Chiesa come
persecutore dei pii cristiani, Dionigi introdusse quella ab incarnatione Domini, ancora oggi in uso, uguagliando l’anno 248
di Diocleziano al 532 della nascita di Gesù. In tal modo: 532 meno 248 si
ottiene l’anno 284, ossia quello dell’ascesa all’Impero di Diocleziano. Nella
tavola di Dionigi, all’anno 247 di Diocleziano venne fatto seguire l’anno 532
di Cristo. Questa datazione venne d’uso comune in Occidente e fu usata per
esempio già 562 nella Computatio
Paschalis. Con ciò non si deve credere che la comune datazione di epoca imperiale
sia scomparsa d’incanto.
Possiamo
dire che l’introduzione della datazione ab incarnatione Domini precede di poco la nuova datazione musulmana adottata in
Medio Oriente.
*
È
vero, e anche la datazione in uso lo dimostra, che non possiamo immaginare la
nostra storia senza il cristianesimo, ossia quanto è accaduto sulla scena del
mondo in quindici secoli senza ciò che questa religione ha formulato e
realizzato. Tuttavia il cristianesimo non è a sua volta concepibile senza il
retaggio di secoli e secoli di civiltà che precedono la sua affermazione. E del
resto, com’è noto, il cristianesimo ha mutuato in tutto e per tutto l’esistente
adattandolo alle proprie esigenze.
Una
parte essenziale della storia dell’uomo moderno ha inizio già con le civiltà
arcaiche e si perfeziona poi con la cultura greca che si diffonde per mezzo
della colonizzazione e il commercio in Sicilia e in Occidente e fino lungo le
coste del Mar Nero e in Oriente.
Non
si è dovuto dunque attendere il cristianesimo per udire la denuncia
dell’ingiustizia e la condanna delle guerre, e a ciò basterebbe citare Esiodo.
Anche in tal caso il cristianesimo segue dopo molti secoli, peraltro predicano
il disprezzo di sé stessi, l'avvilimento, la mortificazione, il servilismo,
l'umiltà e la viltà, insomma tutte le qualità che nulla hanno a che fare con la
dignità di uomini liberi.
È
però un fatto che la civiltà greca e quella romana erano costruite su un’istituzione
che sfidava la ragione e (molto meno) la morale: la schiavitù. Forse è vero che
essa in origine rappresentò un progresso, offrendo un’alternativa all’uccisione
dei prigionieri, ma poi questa pratica divenne fine a se stessa, nel senso che
la guerra divenne un mezzo per procurarsi forza-lavoro a buon mercato.
Per
giustificare la schiavitù, i greci e poi i romani insistettero sul fatto che
gli schiavi erano esseri inferiori, e non deve stupire che un gigante quale fu
Aristotele aderisse a tale convinzione. L’interesse di classe, ieri come oggi,
annichilisce il senso morale e falsa la coscienza. E del resto il prezzo delle
coscienze non è mai troppo alto e siamo abili nel reprimere i sensi di colpa.
Per
superare la schiavitù sarebbe stato necessario un rivolgimento sociale radicale
che nessuna forza poteva imporre. Si sarebbe trattato di una pretesa in
contrasto con la vita pratica quale si era stabilita da lungo tempo, ossia con
il livello di sviluppo raggiunto dalle forze produttive materiali della società.
Nuovi e più avanzati rapporti di produzione potevano essere solo figli del
tempo.
Ad
ogni modo, il cristianesimo non mutò mai nulla: i suoi principî sociali hanno
giustificato la schiavitù antica, esaltato la servitù della gleba medievale, e con
la Rerum Novarum si sono prestati
anche a difendere l'oppressione del proletariato, sia pure richiamando i
padroni a corrispondere la “giusta mercede”. Assumendo un’aria un po’ lamentosa
i preti convalidano tuttora la schiavitù su base “volontaria” e trasferiscono
in cielo la compensazione di tutte le infamie.
Il
cristianesimo al pari delle altre religioni si è sempre ben guardato dal
rimuovere le cause sociali della povertà, e la Chiesa si è sempre preoccupata
di manovrare gli scambi verso l’inferno o il paradiso stabilendo la povertà
come la caparra che il gregge deve versare per il regno dei cieli.
Buon 2016.
(*)
Giulio Cesare riformò il calendario civile romano, uscito di fase di tre mesi
rispetto a quello celeste, sistemandolo a partire dal primo gennaio del 45 a.C.
Ma la sistemazione non fu perfetta, sicché alla fine del XVI secolo si era
nuovamente prodotta una sfasatura in eccesso di dieci giorni, e Gregorio XIII
ne stabilì l'omissione, sì che il 5 ottobre del 1582 divenne il 15.
Poiché
l’anno dev’essere composto di giorni interi, oggi si considera l’anno civile di
365, a cui ogni quattro anni si aggiunge un giorno “intercalare” (il 2016 è uno
di questi anni), tralasciando però ogni 400 anni tre di questi giorni
intercalari per far corrispondere l’anno civile medio quasi esattamente a
quello reale. Tranne questa omissione, introdotta come detto nel 1582 da
Gregorio XIII con la bolla Inter
gravissimas pastoralis offici nostri curasper, per motivi connessi al
calcolo della pasqua, il nostro calendario “gregoriano” è rimasto
sostanzialmente quello istituito da Giulio Cesare. Credo sia d’interesse sapere
che furono due fratelli calabresi, Luigi e Antonio Lilio, gli ideatori del
calendario gregoriano. Soprattutto Luigi, astronomo e matematico, si occupò
delle epatte: si chiamano “epatte li undici giorni da aggiungere
all'anno lunare per renderlo uguale a quello del sole, così è stato dato lo
stesso nome di epatte a questi trenta numeri disposti nel calendario, perché
ciascuno di essi preso per epatta di un anno denota il numero dei giorni che
restano fin all’ultimo del dicembre precedente dopo compiute le dodici lune,
come il num. X, epatta dell’anno 1662, ha fatto vedere che l’ultima luna
dell’anno precedente 1661 si è terminata alli 21 di dicembre, d’onde sono
rimasti dieci giorni fino al termine del medesimo anno.” (Francois Blondel,
La storia del calendario romano,
Rovereto, 1747, pp. 198-99.
(**)
Il cristianesimo prese possesso di un mondo dapprima in decadenza e poi in
disfacimento. I motivi fondamentali del suo successo mi pare di averli
riassunti in questi post: (1), (2) e (3).
L’interesse di classe, ieri come oggi, annichilisce il senso morale e falsa la coscienza
RispondiEliminapurtroppo e' questo "l' alfa e l' Omega" della storia ( comunque la si voglia computare)
Ed e' da ingenui sperare che "il giusto& il bene" trionfino mai, anche se bisogna constatare che il cammino della storia , pur serpeggiando tra tante bassezze, abbia comunque migliorato la media condizione umana.
Questo,almeno fino ad oggi,per domani non si sa.
lei si riferisce al paradiso, noi invece puntiamo a una società senza classi, un'utopia concreta di possibilità razionali. ciò distingue un comunista fino a oggi, e anche per il domani.
Elimina"Senza classi".......sociali.
EliminaIl Comunista oltre ad essere dotato di 'possibilità razionali'non comuni,deve avere ,se non di più,grandissima doti di bontà,comprensione e onestà.
" ai voglia aggiungere rhum chi nasce strunz nun pò diventà babbà".
E questo non solo da oggi o domani, è da sempre. Buon 2016 a lei(te) e al resto del mondo. lr
Il correttore automatico ti ha giocato un brutto scherzo: 'ab incarnatione Domini', non 'ad incarnazione'.
RispondiEliminaed infatti, grazie. questo cavolo di correttore corregge ciò che non deve (facendo anche di peggio in taluni casi) e non ciò che dovrebbe. per fortuna ci sono lettori attenti e cortesi.
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