Di
seguito riporto uno stralcio dell’entusiastico post scritto da un insegnante di
scuola futurista:
«Io credo che ci sia stato un momento in cui anche noi, a
scuola, abbiamo pensato che la tecnologia avrebbe risolto tutto. Magari non
tutto, non esageriamo: ma diciamo parecchio, abbastanza da far cambiare le cose
più importanti e quindi da rivoluzionare, in fondo in fondo, tutto […].
Poi la tecnologia è finalmente arrivata. Non dappertutto, non in
modo uniforme, non probabilmente come l’avevamo auspicata. Però è arrivata, e
per esempio io uso a scuola il registro elettronico, e nel mio istituto c’è il
wifi in tutte le aule con accesso garantito a tutti gli insegnanti, e ci sono
classi della cosiddetta «generazione web» che non adottano nemmeno più i libri
in formato cartaceo, e ci sono pure le Lim (lavagne interattive multimediali,
per i due o tre che sono rimasti a non saperlo…) su cui proiettare grafici o
navigare il web insieme a tutta la classe, alla ricerca dell’immagine di un
autografo di Leopardi o di un’intervista a David Foster Wallace. E il mio
istituto prevede di collegarsi in rete in fibra ottica nel giro di un paio di
anni, pensate un po’. Il futuro, tanto atteso, è arrivato.»
Il
profilo dell’entusiastico prof mi pare sia sufficientemente tratteggiato, a
cominciare dalla citazione di David Foster Wallace, non prima della leccatina
di pragmatica a Giacomino nostro. Il futuro, dice, è arrivato. Il registro
elettronico anzitutto. La velocità di esecuzione di questo operazioncina è in
diretto rapporto con l’efficienza, parametro insindacabile di valutazione. Tutto
è accelerato, non solo nell’apprendimento, ma persino nello svago, più breve
anche il gusto delle cose, forse un giorno anche la gestazione nelle donne. Poi
seguono altre considerazioni e distinguo del figo prof: conserviamo anche la lavagna
tradizionale, si sa mai possa servire a scrivere una parolaccia al volo. Ma sì, suggerisco, conserviamo anche qualche libro come oggetto vintage.
L’orgasmo
per le nuove tecnologie dev’essere l’effetto dell’ennesima riforma, quella
detta della “bona scuola”. Potenza e tempo, componenti del lavoro meccanico, e
fottiamocene del resto. Chissà se tra autografi e deliri criptografici nel web,
il nostro prof avrà modo di segnalare ai suoi studenti che il futuro riserva
loro, salvo eccezioni, tre opzioni: disoccupazione di lungo corso, precariato,
emigrazione. Oppure desterà la loro attenzione sui significati unilaterali
del dominio, i linguaggi del controllo sociale che hanno il marchio
inconfondibile dell’oppressione, della sofferenza, della morte? Senza esagerare
prof, lasciamole languire tranquille le loro coscienze, poi semmai potranno
seguire, come ultima opzione, l’esempio di Foster Wallace.
*
Il
futuro è dunque arrivato a scuola e
disegna la sua caricatura nel web, ma ora vorrei intrattenermi sul presente a proposito di tecnologie e sul
rapporto contraddittorio che esse generano nella produzione della vita reale.
Lo
sviluppo delle nuove tecnologie ci ha portando con grande rapidità in un mondo
sotto molti aspetti affatto nuovo e anche migliore. Pensiamo solo ai risultati
nella diagnosi, prevenzione e cura delle malattie, oppure alla rivoluzione di Internet nella comunicazione,
all’inedita capacità produttiva raggiunta dal lavoro umano. E tuttavia la tecnologia segue le linee di sviluppo
del capitale, di per sé non ci consentirà di superare nemmeno una delle
contraddizioni alla base della società di classe, e anzi sotto decisivi
profili non fa che divaricare ed esacerbare tali contraddizioni (*).
Nonostante
i progressi scientifici e tecnologici, l’esigenza dominante resta quella di
aumentare sempre più la produzione per motivi di valorizzazione del capitale,
la quale si traduce nell’assoluta irrazionalità di produrre per consumare e di
consumare per distruggere. E tutto ciò in una società dove aumentano le
disuguaglianze e dove l’esclusione si ripresenta con caratteri e ampiezze che
si credevano superati.
Non
è forse un anacronismo e un brutale disprezzo per le condizioni di vita delle
persone che l’innovazione tecnologica per motivi di profitto produca una sempre
più alta disoccupazione (decine di milioni nella sola Europa) e precarizzazione
del lavoro, e ciò per il semplice motivo che una ripartizione razionale del
lavoro in una società capitalista è semplicemente un nonsense?
Fu
Kant, certamente non un nostro contemporaneo, ad asserire che ogni essere umano
dovrebbe essere trattato come un fine e non come un mezzo. E tuttavia
nonostante gli incredibili progressi nel frattempo raggiunti in ogni sfera
dell’attività umana rispetto alle epoche paleotecniche, gli stessi
miglioramenti nelle forme più degradanti dello schiavismo, i lavoratori del XXI
secolo sono trattati in buona sostanza alla stregua di secoli addietro, ossia
come una materia prima da sfruttare, da utilizzare fino all’esaurimento.
Non
c’è un solo momento del discorso neuropatico dei media in cui il lavoratore non
sia visto ossessivamente dal lato del suo costo (sempre troppo elevato) e della
sua produttività (sempre troppo scarsa). Ciò si associa col disprezzo per i
diritti e i modi di vita che siano visti in contrasto o d’intralcio con le
esigenze di sua maestà il mercato, oppio di vecchi e nuovi credenti.
Gli
uomini in carne ed ossa non sono più nulla, ciò che conta è solo l’Uomo
Economico! Nati liberi ed uguali. Liberi d’impiccarsi all’albero delle
illusioni, ma uguali a chi? I padroni conoscono una sola libertà, la loro,
compresa quella empirica di licenziare. Vogliono schiavi obbedienti e zitti, costretti
dallo stato di bisogno a sottomettersi con qualsiasi contratto, salario e orario,
allo scopo di non intralciare il sacro diritto dell’impresa di essere
competitiva sul mercato.
Persino
quei lavoratori usciti dal ciclo produttivo per età sono ormai rappresentati
nel discorso pubblico come meri parassiti, come un costo sociale che è necessario
tagliare. Possono mostrare le teorie di zombie tra i capannoni dell’Expo, ma
vedo nelle vie delle città sempre più numerosi i reietti che si trascinano, e
le mense di carità che segnano il tutto esaurito, e quella che un tempo fu la
classe media fare sempre più i conti con una dura realtà, il diffondersi della
paura, il calo drastico della natalità, le dissipazioni, la deformità
dell’ambiente urbano, l’arte e l’architettura surrogati dalla banalità di
mercanti, lo spettacolo mediatico calibrato sulla stupidità di massa. Tutti
segni inequivocabili del declino in corso e delle tragedie che ci aspettano. Questo
è il presente dei padroni del mondo. Se invece vogliamo attribuire scopi
diversi all’esistenza e aspirare a una società a dimensione umana, per i padroni non deve esserci più posto.
(*)
Oggi i padroni del mondo parlano tanto di ricerca e tecnologia, ma non è stato
sempre così. La preparazione scientifica non veniva valorizzata nell’ambito
della fabbrica. Di seguito alcuni esempi di scuola che riguardano la chimica e
che perciò conosco direttamente, ma se ne potrebbero fare moltissimi altri:
Solvay fece fortuna con il suo famoso procedimento per la produzione della soda, ma non
sapeva nulla di chimica, e così Krupp, lo scopritore dell’acciaio di fusione, e
pure Hancock, pioniere del caucciù. Era gente pratica che si vantava della
propria ignoranza scientifica. Bessemer, inventore di parecchie cose oltre al
processo per la fabbricazione dell’acciaio che porta il suo nome, inciampò
nella sua grande invenzione per aver usato del ferro con un basso titolo di
fosforo. Fu solo quando constatò che il suo metodo non funzionava con i
minerali europei (con un tenore di fosforo molto alto) che si rese conto delle
ragioni chimiche del processo.
Il
progresso tecnologico è molto più indietro di quanto invece potrebbe esserlo se
non vi fosse il segreto industriale che ritarda la diffusione delle conoscenze,
così come il sistema dei brevetti che impedisce o ritarda l’introduzione di
perfezionamenti e applicazione nuove. Poi vi sono motivi militari che se da un
lato spingono la ricerca dall’altro ne impediscono la diffusione: la storia di
internet in tal senso è esemplare. In questo sistema economico è impossibile
una pianificazione sul piano generale: ognuno fa per sé ed è giudice di se
stesso. E ciò vale ovviamente anche per il lavoro laddove si procede in assenza
di ogni piano. Pensiamo solo quali conseguenze comporta la cosiddetta “mobilità
del lavoro” che sconvolge ogni stabile relazione sociale e disorganizza la vita
famigliare. L’economia, così fondamentale per lo sviluppo e l’equilibrio
sociale, è lasciata procedere alla cieca.
"Il progresso tecnologico è molto più indietro"
RispondiEliminaio questo non lo so, so che il feticismo tecnologico si tiene per mano col conservatorismo tecnologico e tocca per ora combattere su entrambi i lati della barricata
quello che invece immagino è che se il progresso stesso non affondasse le sue radici nel Capitale concentrato, dove da una parte si ammassano mezzi di produzione e dall'altra "operatori" (operai, tecnici, ricercatori e teorici) avulsi dal progetto complessivo al quale lavorano -anche quando in presenza di altissima specializzazione, il corso del apparato tecnico-scientifico sarebbe diverso: diverse le macchine, diverso il fine, diversa la ricerca.
persino l'apparato non sarebbe più tale: i saperi sarebbero concepiti a partire dalla loro inter disciplinarietà e quindi troverebbero la loro ontologica -ma mai espressa- unitarietà.
non si avrebbe neppure il conservatorismo tecnologico che condiziona in questi giorni le decisioni dei paesi emergenti in merito alle emissioni ecc ecc
pensa solo a quanto siamo indietro per quanto riguarda il trasporto veicolare, ma anche per quanto riguarda l'astronautica si sono persi decenni e le cose non vanno affatto bene come invece sembra
Eliminaper il resto il tuo commento è da cornice
Milioni di pannelli solari con un'efficenza di conversione (ossia: la capacità di convertire in energia elettrica la luce solare) oramai obsoleta devono essere smaltiti prima che nuovi pannelli con un'efficenza di conversione superiore e certificata da anni da vari organi scientifici istituzionali europei ed asiatici, facciano la loro comparsa sul mercato.
EliminaE intanto il pianeta febbricitante, deve aspettare le esigenze di sua maestà Le Capital!
Saluti
in merito al progresso trattenuto e/o deviato per motivi meramente capitalistici, si pensi soprattutto a tutte le procedure mediche che se pure "scoperte" o (anche "anticamente note" , sono state escluse dalla medicina moderna perche' non generatrici di grandi profitti.
RispondiEliminal'elenco è lungo infatti
EliminaLa cosa buffa è che in realtà il registro elettronico, a detta di molti insegnanti veri, non la macchietta renziana citata all'inizio del post, complica pesantemente molte operazioni. "Era meglio quello vecchio" è un commento assai diffuso.
RispondiEliminaIn non pochi casi l'adozione di nuove tecnologie che dovrebbero velocizzare il lavoro comporta di fatto un aumento REALE della produttività minimo, o vicino allo zero, a fronte di un impegno di tempo ed energia più gravoso da parte del lavoratore. Dove lavoro io ormai ogni sei mesi si inventano nuove regole, che vanno studiate, testate ed applicate, per promuovere il "paperless", l'abolizione della carta a favore del "tutto elettronico". Eppure io non vedo girare meno carta di prima.
infatti, a livello globale il consumo di carta è in aumento. non in europa però, laddove è invece in aumento il consumo di carta igienica di lusso, stabile quella standard, in diminuzione quella economica. la francia è in controtendenza, salvo nell'ultimo mese.
EliminaA proposito di certificazioni ISO 9001...2010 Odissea nello spazio..mi ricordo di aver lavorato quasi un anno..per certificare producendo un volume di carta enorme per sapere al volo dove era stipata per esempio la carta igienica..per certificare qualsiasi cosa memorizzata nei Pc serviva un documento cartaceo allegato se ben ricordo..
RispondiEliminaSi può risolvere il problema,portandosi la carta igienica sul lavoro da casa.
Caino