giovedì 26 gennaio 2012

Sulla grande scoperta teorica di Schumpeter e dei suoi seguaci


Per fortuna ci sono loro, i neoilluministi che chiariscono il mondo sia ai “critici che [a]gli apologeti del capitalismo di fronte alle problematiche che vengono poste dalla grande crisi globale” (si riferiscono segnatamente a un articolo pubblicato sul Corriere, ma poi un po’ a tutti coloro che non fanno parte del loro seguito). Brancolavamo nelle nebbie e finalmente una luce ci apre la strada alla comprensione, basta “sapere qualcosa attorno alle idee di un economista importante come Schumpeter per riuscire a capire che “distruzione” e “creazione” sono inestricabilmente unite nella dinamica del capitalismo” (*). Capperi, e dire che noi poveretti eravamo ancora rimasti a Hegel, ad una concezione della realtà come processo che si sviluppa mediante contraddizioni (**). 

E soprattutto non ci eravamo accorti che “la Grande Depressione che seguì il 1929 fu effettivamente risolta solo con la II Guerra Mondiale, non con il keynesismo, che venne attuato dopo, nei primi decenni del nuovo ciclo sistemico di accumulazione in occidente, a direzione Usa, aperto da Bretton Woods”.

Il keynesismo fu attuato dopo? Prendo nota della novità. Credevo, come moltissimi e come ho scritto anche solo tre giorni fa, che il New Deal fosse un fatto reale che attenuò la morsa della depressione. Invece ora scopro che le politiche di sostegno, quelle che vanno sotto il nome di keynesiane (bisogna pur dare un nome alle cose), furono attuate solo dopo la guerra. E anche vero che a mia volta  precisavo che tali politiche economiche non superarono la strozzatura se non “con la guerra proclamata da quell’Hitler che fu il prodotto più genuino della crisi e dell’imperialismo”. E infatti, aggiungevo, ebbero effetti ben maggiori nel dopoguerra con le nuove produzioni di massa, l’urbanizzazione e la ricostruzione. Ma, appunto, non furono una novità del dopoguerra.

Scrivono i nostri esperti: «La Grande Depressione del 1929 è stata, invece, il primo atto della crisi sistemica della nuova fase di sviluppo del capitalismo – quella dei funzionari del capitale – ad egemonia statunitense. La transizione dal ciclo precedente, ad egemonia britannica – che rappresentava il capitalismo del periodo propriamente borghese – iniziò con la Grande Depressione 1873-1896, che sfociò nella finanziarizzazione della Belle Epoque, nella crisi del 1907 e poi nella I Guerra Mondiale».

Ah, ma allora è storia vera quella del “secolo americano”! Noi ingenui si credeva a una boutade, una di quelle frasette tanto per darsi un tono. E quindi è pure degno di considerazione quanto ebbe a scrivere Hobsbawm: «La struttura internazionale formale finì quindi per divergere sempre più dalla struttura reale. La politica internazionale divenne politica planetaria, di cui almeno due potenze non-europee [Usa e Giappone] dovevano intervenire con efficacia» (Il trionfo della borghesia 1848-1875, p. 99). E per il resto basta leggere quanto riporta Lenin citando Vogelstein, il quale scriveva nel 1910, oppure scopiazzare direttamente il suo saggio sull’Imperialismo che è del 1916.
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(*) «Questo processo di 'distruzione creatrice' costituisce il dato fondamentale del capitalismo: è in questo che consiste, in ultima analisi, il capitalismo, ed ogni impresa capitalista deve, volente o nolente, adattarvisi». Schumpeter si riferisce al fatto che il progresso tecnico consista nella creazione di nuovi prodotti e industrie, in tal modo sono eliminati posti di lavoro nelle vecchie industrie e ne sono creati nelle nuove.
Queste sono le “scoperte” a cui si rivolgono i teorici dell’antimarxismo mascherato. Non serve andare a cercare postille in inediti marxiani per trovare decine di citazioni che confermino questa cosa:
«La borghesia non può esistere senza rivoluzionare continuamente gli strumenti di produzione, i rapporti di produzione, dunque tutti i rapporti sociali. Prima condizione di esistenza di tutte le classi industriali precedenti era invece l'immutato mantenimento del vecchio sistema di produzione. Il continuo rivoluzionamento della produzione, l'ininterrotto scuotimento di tutte le situazioni sociali, l'incertezza e il movimento eterni contraddistinguono l'epoca dei borghesi fra tutte le epoche precedenti. Si dissolvono tutti i rapporti stabili e irrigiditi, con il loro seguito di idee e di concetti antichi e venerandi, e tutte le idee e i concetti nuovi invecchiano prima di potersi fissare. Si volatilizza tutto ciò che vi era di corporativo e di stabile, è profanata ogni cosa sacra, e gli uomini sono finalmente costretti a guardare con occhio disincantato la propria posizione e i propri reciproci rapporti.
Il bisogno di uno smercio sempre più esteso per i suoi prodotti sospinge la borghesia a percorrere tutto il globo terrestre. Dappertutto deve annidarsi, dappertutto deve costruire le sue basi, dappertutto deve creare relazioni.
Con lo sfruttamento del mercato mondiale la borghesia ha dato un'impronta cosmopolitica alla produzione e al consumo di tutti i paesi. Ha tolto di sotto i piedi dell'industria il suo terreno nazionale, con gran rammarico dei reazionari. Le antichissime industrie nazionali sono state distrutte, e ancora adesso vengono distrutte ogni giorno. Vengono soppiantate da industrie nuove, la cui introduzione diventa questione di vita o di morte per tutte le nazioni civili, da industrie che non lavorano più soltanto le materie prime del luogo, ma delle zone più remote, e i cui prodotti non vengono consumati solo dal paese stesso, ma anche in tutte le parti del mondo. Ai vecchi bisogni, soddisfatti con i prodotti del paese, subentrano bisogni nuovi, che per essere soddisfatti esigono i prodotti dei paesi e dei climi più lontani. All'antica autosufficienza e all'antico isolamento locali e nazionali subentra uno scambio universale, una interdipendenza universale fra le nazioni. E come per la produzione materiale, così per quella intellettuale. I prodotti intellettuali delle singole nazioni divengono bene comune. L'unilateralità e la ristrettezza nazionali divengono sempre più impossibili, e dalle molte letterature nazionali e locali si forma una letteratura mondiale» (Marx-Engels, Manifesto del partito comunista, I capitolo).
Alla lettera, però, tale processo di 'distruzione creatrice' non costituisce “il dato fondamentale del capitalismo”, come ritiene Schumpeter, ma solo il meccanismo attraverso il quale esso tende a superare le crisi di valorizzazione. Non per nulla il movimento contraddittorio della società capitalistica sono le alterne vicende del ciclo periodico percorso dall'industria, e il punto culminante di quelle vicende la crisi generale. Invece il dato fondamentale del capitalismo, ciò che lo distingue essenzialmente dai precedenti modi di produzione, è la produzione di plusvalore.

(**) «Nella sua forma mistificata, la dialettica divenne una moda tedesca, perché sembrava trasfigurare lo stato di cose esistente. Nella sua forma razionale, la dialettica è scandalo e orrore per la borghesia e per i suoi corifei dottrinari, perché nella comprensione positiva dello stato di cose esistente include simultaneamente anche la comprensione della negazione di esso, la comprensione del suo necessario tramonto, perché concepisce ogni forma divenuta nel fluire del movimento, quindi anche dal suo lato transeunte, perché nulla la può intimidire ed essa è critica e rivoluzionaria per essenza» (K. Marx, Il Capitale. Critica dell’economia politica, Poscritto alla II edizione).

7 commenti:

  1. Ahh... che bel regalo

    Che piacere
    quando le cose sono ristabilite nella loro corretta prospettiva.

    Ma, giusto perchè "se li conosci li eviti", chi è il galoppino di turno?

    Anche se scrivere sul Corriere è già un bella garanzia per essere evitati.

    gianni

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  2. no, caro gianni, questi c'è l'hanno con tutti quelli che non la pensano come loro, compresi, incidentalmente, quelli del corriere

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  3. Avevo letto male.

    Credevo le citazioni tratte dal corriere.

    Pardon. Anche se il corriere lo evito lo stesso, esclusi i casi in cui sono curioso di sapere che succede in quell'area sociale di riferimento, che attualmente credo un po' frastornata.
    gianni

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  4. Questo post è una boccata d'aria fresca.

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  5. http://www.conflittiestrategie.it/2012/01/25/troppe-idee-confuse-sul-capitalismo-e-la-sua-crisi/ non riesco a trovare l'articolo a cui fate riferimento.

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  6. le false coscienze illuminate sbagliano anche le date. l'articolo è del 23/1 e non del 21/1:

    http://www.corriere.it/cultura/12_gennaio_23/taino-capitalismo-mutato-anima_5d188c88-45cf-11e1-9389-b1111b488a17.shtml

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