sabato 21 gennaio 2012

Fratelli d'Egitto


Scrive Gianni, un lettore del blog, in un suo commento:

Le rivolte egiziane e tunisine, per ora, sono servite unicamente ad abbattere la strozzatura del libero mercato costituita da regimi familiari di Mubarak e Ben Alì, manipolatori dell'economia dei loro paesi. I loro interessi, estesi a dismisura da un parentado insaziabile e nazionale, mal si coniugavano con la libertà sovranazionale dei capitali. Ormai erano servi troppo esosi e arroganti. Le rivolte in Libia sono state il grimaldello utile a distruggere per sempre uno stato. Senza uno stato nazionale le multinazionali faranno tutti i cazzi che vorranno.

Cosa aggiungere? Barack Obama nel discorso pronunciato all'Università del Cairo nel 2009  aveva parlato chiaro sulla necessità di “inaugurare una nuova era”, di presentare l'America come “un impero che non è interessato solo a sé stesso". E ancora: "Nessun sistema di governo può o deve essere imposto da una nazione a un'altra. Ma questo non riduce il mio impegno per avere governi che riflettano la volontà della gente”.

Intanto il partito Giustizia e Libertà (Fjp), braccio politico dei Fratelli musulmani egiziani, ha stravinto le elezioni legislative in Egitto conquistando il 47,18% dei seggi del nuovo parlamento (235 seggi della nascente Assemblea del Popolo, 127 dei quali con le sue liste e altri 108 grazie ai propri candidati nelle rispettive circoscrizioni. Al secondo posto il partito fondamentalista salafita Al Nour, con 121 seggi (circa il 24%). Il partito liberale Wafd ha ottenuto il 9% dei seggi. I restanti seggi sono suddivisi tra formazioni politiche minori.

Quindi, avendo stravinto gli islamisti si deve dedurre che l’analisi di Gianni è sbagliata?

Nelle elezioni del 2010, controllate da Mubarak e alle quali prese parte solo il 15% dei votanti (oggi siamo al 54%) i Fratelli Musulmani, correndo come indipendenti, si aggiudicarono il numero record di 88 seggi. Né va dimenticato che Obama nel suo discorso si rivolgeva proprio a loro quando citava il Corano ricordando le proprie radici familiari a partire dal suo stesso nome, Barack Hussein Obama. Nell’occasione sottolineava i contributi dell'Islam alla civiltà occidentale e come l'Islam sia "senza dubbio parte della storia degli Stati Uniti".

I Fratelli Musulmani non vanno confusi con i fondamentalisti, essi si rifanno ai valori di uno Stato moderno e democratico, rispettoso del principio di unità nazionale e della giustizia (uguaglianza davanti alla legge, giustizia e solidarietà sociale). Per contro, i salafiti di Al-Nour mirano invece all’applicazione dei principi islamici a tutti gli aspetti della vita sociale e politica del paese, enfatizzando il ruolo onnicomprensivo dell’Islam come religione di Stato. Tuttavia le posizioni di questo partito non sono poi così nette come sembra (anche in rapporto al sostegno della causa palestinese) e anzi è accusato di ricevere finanziamenti dalla monarchia saudita e dal Qatar! Altra componente islamista, però moderata, è quella di Al-Wasat che ha preso parte alle manifestazioni di piazza Tahrir e che collabora con i partiti non islamici.

Come si vede si tratta di una situazione politica molto complessa che riflette una realtà storica e sociale assai frastagliata, ma ciò che emerge con chiarezza è l’assenza di un’organizzazione politica antagonista e di classe di rilevo.  In tale quadro è chiaro che, al di là dei contrasti di facciata tra le varie componenti islamiste e tra queste e i partiti laici, l’oligarchia economica dominante continerà a essere mandataria degli interessi occidentali e segnatamente di quelli americani, proprio così come Gianni ha ben messo in evidenza. Del resto, a mia volta, il 2 febbraio dell’anno scorso, scrivevo: tutto questo sta a dimostrare che, al di là dell’entusiasmo per gli avvenimenti in corso,  in assenza di un’organizzazione e di un programma rivoluzionario di classe, la sconfitta dei proletari egiziani sarà inevitabile. Come solito cambierà tutto perché tutto resti come prima, a conferma del dominio globale dell’occidente atlantico.

5 commenti:

  1. Non ho risposto subito perché mi sembrava di invadere un po’ troppo il suo blog. Anche se mi è molto piaciuto il coinvolgimento che ha creato l’olio.

    Innanzitutto la ringrazio per la considerazione, e concordo che il senso tragico è quello che Lei indica: “Nulla cambia”. Siamo, sempre, per ora, nel territorio di un capitalismo che trae profitto e spinta dalle rivolte e dal sangue dei poveracci.

    Il senso generale di quello che volevo esprimere, - partendo dalla rivoluzione francese che ha usato il sangue dei popolani per instaurare il dominio borghese su di loro - è quello dell’uso delle rivolte che Lei segnala : ” in assenza di un’organizzazione e di un programma rivoluzionario di classe, la sconfitta dei proletari egiziani sarà inevitabile”. Questo principio, chiaramente, come evidenzia in tanti suoi scritti, è estendibile a tutto il mondo, ed è bene che ce lo teniamo ben presente nella mente di fronte a tutte le prossime rivolte, che scoppieranno anche in Europa. Perché chi ci sta di fronte lo conosce, e lo usa, perfettamente.

    Infatti, il secondo ragionamento era legato a quelle che mi sembrano le ultime strategie occidentali, legate ad un accresciuto peso delle mutinazionali nella loro conduzione.

    Se con la corruzione, con il debito, con la guerra non riesco a creare un regime stabile a me favorevole, o se per fare questo devo spendere troppo in sovvenzioni, corruttele, armi, etc., e oltre a ciò, sono sempre a rischio delle ubbie dei ras locali che io stesso ho creato, allora è per me la massima convenienza che non ci siano Stati; in specialmodo dove il mio obbiettivo è solo la rapina di materie prime, e non di altri prodotti, che necessitano una parvenza di organizzazione statale, che mantenga le necessarie infrastrutture, e il necessario minimo ordine.

    Questo è lo stato di fatto a cui si è pervenuti, per ora, in Iraq e in Libia, e in futuro…Afghanistan? Siria? Iran? Stati Africani?

    Alimentare disordini, terrorismo, rivalità è meno costoso che alimentare Stati, e non crea personaggi che potrebbero sfuggirmi di mano (Saddam e company).

    L’Hallyburton con Dick Cheney è stata un’incubatrice di outsourcing della gestione della guerra, e del territorio dopo la guerra.

    Il depotenziamento degli Stati, più in generale, mi pare ormai un portato universale del fatto che su 100 PIL mondiali 50 siano multinazionali, e non nazioni. E che di queste 50, 42 siano americane… la dice lunga. Anche i dati da Lei riportati indicavano che l’80% dell’economia mondiale è in mano a 142 gruppi industrial finanziari.

    In quest’ottica quello che sta succedendo in Europa è perfettamente leggibile, salvo le variabili che allargano il palcoscenico dagli USA a altri comprimari, come UK e Deutschland, e a comprimari in decadenza come Sarkò.

    Depotenziamento degli Stati (con annesso allargamento delle possibilità di nuovi profitti in settori sinora pubblici, attraverso privatizzazioni e dismissioni) che, in Europa, passa attraverso cessione di potere: dalle democrazie alle tecnocrazie.

    Ed ecco che le rivolte, i disordini che rimangano tali, mi sembrano proprio come… la vaselina.

    Vorrei tornare su Egitto e Tunisia… ma per adesso ho di nuovo invaso troppo.

    gianni

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  2. ben vengano le invasioni, purtroppo sono assai rare
    grazie

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  3. Mancanza di informazione
    e mancanza di rappresentanza politica.

    Un collo di bottiglia (classico di questa fase politica e sociale, per le sue numerose ricorrenze storiche) che bisogna cercare di superare.

    Continuo a pensare che il suo blog abbia tutta l'autorevolezza, e chiarezza di visione d'insieme, per diventare un aggregatore di notizie di sinistra.

    Un luogo da frequentare per essere informati prima di leggere La Repubblica o il blog di Grillo.
    Anche, modestamente,una federazione dei blog di sinistra, una vetrina collettiva che superi la frammentazione di internet, che colleghi le varie bolle in cui ci separiamo.

    Si potrebbe fare se si potessero mettere insieme le capacità informatiche necessarie, e aprendo una discussione sui criteri e metodi redazionali aperti alla collettività. Wikipedia è un bel risultato di un lavoro collettivo...

    L'informazione, insieme alle lotte e ai movimenti, è l'incubatrice della rappresentanza politica.

    I have a dream! diceva

    Più modestamente, vedo una necessità a cui varrebbe la pena rispondere con un tentativo di progetto.

    Strutturare le invasioni.

    grazie per la pazienza
    ai miei pensieri molesti

    gianni

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  4. In effetti avevo scritto “per ora”, perché ritengo che situazioni in cui una parte così grande di popolazione giovane vive in povertà , e disoccupazione, siano difficili da stabilizzare. Vediamo se i fratelli mussulmani sapranno, in qualche modo, seguire la via della Turchia, diluendo le tensioni sociali con lo sviluppo.

    Per la Libia può valere un ragionamento analogo ma rovesciato: la popolazione si rassegnerà alla nuova condizione di povertà e insicurezza portata dalla caduta di Gheddafi che assicurava servizi e welfar? Alcuni segnali ci sono: la contestazione a Jalil di ieri e notizie, da confermare, di uno scontento crescente delle potenti tribù del sud fanno presagire movimento e instabilità.

    Ma di più: nella fretta avevo scritto solo capitali sovranazionali. Invece dovevo aggiungere nazionali, nel senso che regimi familiari, così presenti sulla scena economica, non vanno bene alla libertà anche dei capitali interni. Se il mio sospetto è corretto dovremo vedere in futuro in Egitto un’erosione della quota di economia nazionale detenuta dai militari a favore della base sociale dei fratelli mussulmani (oltre a quella non indifferente detenuta dal clan Mubarak) e quindi ad un ampiamento del movimento dei capitali.

    gianni

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  5. ci penseranno appunto le tribù, una volta trovato l'accordo sulla spartizione dei petrodollari, a tenerli buoni

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