martedì 22 settembre 2015

Che altro ci resta?


Qual è il criterio per stabilire se un paese possa dirsi democratico? E, a monte, che cosa significa “democrazia”? Il potere del popolo? Ma il popolo, pur tenendo ben fermo che si tratta di un concetto assai vago dietro il quale si è imbrogliato di tutto, dorme. E nel suo sonno può stravaccarsi e stiracchiarsi.

Il governo dell’ottimismo scavalca il parlamento e riscrive la Costituzione da capo a piedi in un paio di stanze, al chiuso. E non succede niente. Dovremmo chiederci anzitutto se la stragrande maggioranza dei cittadini sia in grado di giudicare e sulla base di che cosa. Non è possibile avere dei cittadini capaci di giudicare se nulla è sotto il loro controllo e vengono ad essi raccontate solo delle frottole dalle grandi concentrazioni mediatiche in mano a pochi.

Bucare quel muro è pura illusione? Forse, ma tanto più se si sta zitti.



Un tempo c’erano dei piccoli giornali, delle riviste, si comunicavano delle posizioni e delle idee affiggendo manifesti e incontrandosi di persona. C’era ancora una certa circolazione e una genuina discussione pubblica. Oggi tutto questo non c’è più. C’è internet, ma con questo mezzo facciamo fin troppo spesso il verso ai grandi media, non comunichiamo quasi nulla se non a ricalco. Non perché manchi l’intelligenza di farlo, ma perché chi è capace di pensiero proprio se ne sta rannicchiato nella sua botte nella convinzione che tanto è inutile sbattersi per una maionese impazzita.

E dopo, segue forse un qualche dibattito, un qualche scambio davvero? 144 battute di tastiera, compresi gli spazi vuoti (mi pare, non frequento). Il luogo e il tempo di una battuta, di far vedere quanto siamo acuti e spregiudicati nei nostri giudizi. Tranchant, si diceva. Anche i blog, che sembravano promettere qualcosa, ora sono in crisi. Se ricevi quattro commenti è grasso che cola. Che altro ci resta?

S’è smesso non solo di credere ma di discutere seriamente di qualunque cosa, soprattutto di quelle importanti e che un tempo davano un senso al pensare e all’agire. La politica, certamente, ma anche il resto. Perfino lo sport è diventato solo un surrogato del grande business. Non parliamo poi dei rapporti umani, per carità. Basta e avanza Dagospia a raccontarci e inventarsi ogni veleno.

A quali tempi ci si prepara? Chiamiamo intollerabile l’intollerabile e ci ritiriamo nel nostro angolino privato e gliela diamo vinta? È esattamente quello che vogliono. Su questo non ci piove.


9 commenti:

  1. stiamo scoprendo a nostre spese che la coscienza di classe non è, non è mai stata, un acquisizione spontanea del proletariato, non emana dalla prassi lavorativa, non è figlia di elementi identitari, nè resiste nei residui del comunismo novecentesco. tuttaltro. rimboccarsi le maniche e ristudiare tutto da capo.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. La coscienza di classe non è mai esistita. Se vuoi ottenere qualcosa dalle cosiddette masse, devi capire cosa queste masse vogliono. E le masse vogliono, né più né meno, "benessere" o perlomeno la speranza di poterlo, un giorno, ottenere. Non c'è altro. Non serve dire che il tale sistema è sbagliato e neppure sviscerare tutti i dettagli per cui è sbagliato, alle masse non interessa. Si indigna, magari, ma non basta. È inutile puntare alla coscienza di classe, che è solo un fantasma, in un mondo fatto di individui atomizzati. Il fatto, puro e semplice, è che alle masse va bene il capitalismo. Vorrebbe solo un fettina di torta più grande per ciascuno. E siccome il capitalismo non è semplicemente un tipo di modo di produzione economico, ma l'unica vera religione mondiale, indiscussa e indiscutibile, c'è poco da fare. Non butti giù una religione con le teorie, nemmeno se dimostri incontrovertibilmente che è sbagliata e implica i sacrifici umani.
      È triste ma è così.

      Elimina
    2. La coscienza di classe non è mai esistita?
      Questa è una grande balla. Tipica.
      Negli ultimi 150anni vi sono state diverse rivoluzioni o tentativi rivoluzionari. non nascevano dal bisogno di hamburger e coca cola. altro discorso è il fatto che è l'essere sociale a determinare la coscienza. ma anche questo si sapeva da qualche tempo.

      Elimina
    3. "..che le rivoluzioni vanno a finir male…Fa ridere. Ma chi prendiamo in giro?

      Quando i «nouveaux philosophes» hanno scoperto che le rivoluzioni finiscono male…allora bisogna essere veramente ottusi. L’hanno scoperto con Stalin, poi la strada era spianata, l’hanno scoperto tutti. Per esempio, recentemente, a proposito della rivoluzione algerina: «vedi, è finita male perché hanno sparato sugli studenti».

      Ma insomma chi ha mai creduto che una rivoluzione potesse finire bene? Chi?

      Si dice che gli inglesi almeno evitano di fare le rivoluzioni, ed è assolutamente falso. Ma oggi viviamo in una tale mistificazione…Gli inglesi hanno fatto una rivoluzione, hanno ucciso il loro re…e cosa hanno ottenuto? Cromwell. E cos’è il Romanticismo inglese…è una lunga meditazione sul fallimento della rivoluzione. Non hanno dovuto aspettare Glucksmann per riflettere sul fallimento della rivoluzione staliniana. L’avevano già.

      E gli americani, non si parla mai degli americani che hanno fallito nella loro rivoluzione e molto più dei bolscevichi. Non prendiamoci in giro. Gli americani perfino prima della guerra d’indipendenza, attenzione, di indipendenza, si presentano meglio come…meglio di una nuova nazione. Hanno superato la «nazione», esattamente come dirà Marx del proletariato. Superata la nazione, basta con la nazione, realizzano il nuovo popolo, fanno la vera rivoluzione, esattamente come i marxisti scommetteranno sulla proletarizzazione universale, gli americani scommettono sull’emigrazione universale. Sono le due facce della lotta di classe. È assolutamente rivoluzionario. E l’America di Jefferson, di Thoreau, di Melville. Un’America completamente rivoluzionaria che annuncia l’«uomo nuovo», esattamente come lo annunciava la rivoluzione bolscevica. Ebbene, ha fallito, tutte le rivoluzioni falliscono, lo sanno tutti. Si fa finta di riscoprirlo adesso, ma bisogna essere ottusi. Oggi si rifugiano tutti nel revisionismo. Furet scopre che la Rivoluzione Francese non andava poi così bene. Benissimo, d’accordo, è fallita anche quella, ma lo sanno tutti. La rivoluzione francese ha partorito Napoleone… si scoprono cose che certo non impressionano per novità. La rivoluzione inglese ha partorito Cromwell, la rivoluzione americana cosa ha dato…ancora peggio. Ha partorito non so…Reagan. Non mi sembra poi tanto meglio.

      Insomma siamo in un tale stato di confusione. Che le rivoluzioni falliscano, che finiscano male, non ha mai fermato la gente, non ha mai impedito che la gente diventasse rivoluzionaria. Si mischiano cose del tutto diverse. Le situazioni in cui l’unica via d’uscita per l’uomo è diventare rivoluzionario…Anche qui, ne stiamo parlando dall’inizio, è la confusione tra «divenire» e «storia». Se la gente diviene rivoluzionaria..(..)

      Sì, è la confusione degli storici. Gli storici ci parlano dell’avvenire della rivoluzione, delle rivoluzioni, rivoluzioni, ma non è questo il problema. Allora possono sempre risalire indietro per mostrare che se l’avvenire è così fosco è perché il fosco c’era già fin dall’inizio. Ma il problema concreto è perché e come le persone divengano rivoluzionarie. E fortunatamente non saranno gli storici a impedirlo. È evidente che…i sudafricani si trovano in un divenire rivoluzionario, i palestinesi si trovano in un divenire rivoluzionario. Poi ci vengono a dire : « ah vedrete quando avranno trionfato, se la rivoluzione riuscirà andrà a finir male». Ma non saremo assolutamente nello stesso genere di problemi.

      Ci sarà una nuova rivoluzione, si attiveranno dei nuovi divenire rivoluzionari. Gli uomini, nelle situazioni di tirannia, di oppressione, non hanno altra scelta se non diventare – rivoluzionari.

      Quando poi si dice: «è andata male», non si parla della stessa cosa. È come se si parlassero due lingue assolutamente diverse. L’avvenire della storia e il divenire attuale della gente non sono la stessa cosa.."
      (G.Deleuze -Abecedario -G"Gauche")

      https://www.youtube.com/watch?v=Y51Rxv4VvVE

      Filippo

      Elimina
    4. veramente è più tragico sapere che la potenzialità c'è ma non è provocabile a piacere, nessuna mosca cocchiera potrà guidare il carro prima che il cavallo sia pronto
      a me quelli che "è triste ma è così" mi sanno di zombi, si alimentano della stessa carne putrida di cui si nutre il dominio

      Elimina
    5. Oh, che bello, sfogati pure, tu che non sei uno zombi. Chissà di che carne fresca ti nutri tu, vorrei proprio saperlo. Parli di mosca cocchiera, di cavallo, di carro, tutta questa mitologia da quattro soldi. Chiediti perché il cavallo non è pronto. Non sarà perché nel frattempo è schiattato di vecchiaia? Forza, accomodati, tu che sei così vivo e vitale, tu che non sei come gli altri zombi, ma vivi della grande idea del progresso umano.
      Fai vedere di cosa sei capace. Fai proposte concrete che abbiano appeal e poi vediamo chi ti segue. O magari chiediti come mai questa potenzialità non è provocabile a piacere.
      Io non so quanti anni hai tu, ma io ho un età sufficiente per avere visto come "le potenzialità" sono state usate e riusate per inculare i lavoratori, da parte di gente che avrebbe dovuto sostenerli. Coadiuvati da gente come quello citato nel commento sopra, il buon Deleuze che critica la Guache e ha contribuito ad affossarla inframmezzando concetti farlocchi come il divenire - pippo, deterritorializzazione, rizomi, flussi e cazzi del genere e facendo un mischione improbabile tra Nietzsche e Marx.
      Perché è successo? Perché la rivoluzione ha "fallito"? Perché le rivoluzioni falliscono? Innanzitutto non è vero: la rivoluzione americane del 1776 e quella francese del 1789 non hanno propriamente fallito. Viviamo ancora dei suoi strascichi nel bene e nel male, nonostante imperialismo USA oggi e Restaurazione nel XIX secolo. Hanno veramente trasformato il mondo. No, l’unica vera rivoluzione che ha fallito completamente, guarda caso, è proprio quella del 1917.
      Perché nessuno ha più voluto saperne dal 1989 ad oggi? Probabilmente era molto più allettante per tutti, compreso il buon Deleuze, che il sistema continuasse così come è.
      Sai, un buon stipendio da professore mica è da buttare. Neanche la pensione.
      "E' triste ma è così" è sbagliato. Non è triste, è così.
      E qui, utilizzando una piattaforma informatica di stampo finanziario - capitalistico, critichiamo il sistema. Non è un piccolo boccone di "carne putrida" pure questo? Va bene, anche Marx usava gli strumenti borghesi della sua epoca ed era, fondamentalmente un intellettuale borghese che non avrebbe voluto vivere in una società egualitaria, per sua stessa ammissione.
      Mi fai ridere. Sei come quelli che vogliono fare deragliare un treno in corsa sputando noccioline sui binari.
      Sulla faccenda della "coscienza di classe" il discorso è lunghissimo e io non ho più tempo e voglia. Ognuno crede a quello che vuole, dalla Teiera Volante alla Vittoria del Proletariato.
      Volevo solo scrivere “zombi ci sarai te e tua sorella” ma mi sono lasciato prendere la mano. Me ne scuso.

      Elimina
    6. non sapevo di aver citato Deleuze, un pensatore mediocre,i tuoi sfoggi di realismo mi sembrano troppo disperati per essere veri

      Elimina
  2. Mala tempora currunt, già.
    Ma non certo per i padroni del baccellaio, compresi i figli di puttana che gli fanno da reggimoccolo.

    RispondiElimina
  3. No, come te, non gliela diamo vinta... non possiamo.
    La vita, la storia, sono movimento, sempre.
    Cosa faccio?
    Mi preparo.
    Quando passerà il treno - e passerà, senza che siano necessari atti di fede - farò un gran balzo e non lo perderò di certo.
    Tu fai parte della mia preparazione. ciao, un abbraccio. g

    RispondiElimina