Ci è stato raccontato che la Russia era prossima al default nel 2023, poi nel 2024 e ancora nel 2025. Sicuramente lo sarà nel 2026, o al più tardi nel 2027. Del resto anche Putin è moribondo a causa delle più svariate e gravi patologie. Con questo non voglio dire che Mosca se la passi bene.
Qualcuno che crede di essere spiritoso e di sapere come funziona il capitalismo, sostiene che per mettere in ginocchio la Russia è sufficiente tagliargli le esportazioni di idrocarburi. Anche dei carboidrati, soggiungo.
A chi vende Mosca il proprio gas e petrolio? Praticamente a tutti, anche all’Italia, ma specialmente Francia, Spagna e Belgio. Che magari poi riesportano in Germania. Non è da escludere che a Bruxelles si scaldino in parte col gas russo.
Abbiamo presente quell’oca starnazzante di Macron, che vuole inviare truppe europee a morire per Zelenskyj? Almeno fino all’inizio di quest’anno la Francia era il maggior importatore europeo di gas naturale liquefatto (GNL) russo, per un valore di 2,68 miliardi di dollari.
Secondo i dati del Centro per la ricerca sull’energia e l’aria pulita (CREA), al 29 maggio 2025 la Russia aveva generato oltre 883 miliardi di euro in esportazioni di combustibili fossili dall’inizio della guerra, di cui 209 miliardi di euro provenienti dagli Stati membri dell’UE.
Da quando l’Ucraina ha sospeso all’inizio di quest’anno il gasdotto Bratstvo, che riforniva l’Europa dalla Russia attraverso il territorio ucraino, l’Europa si è rivolta alla Turchia, con TurkStream, che attraversa il Mar Nero ed è operativo dal 2020. Nel periodo gennaio-febbraio 2025, le importazioni di gas russo in Europa, instradate attraverso la Turchia, sono aumentate del 26,77% rispetto al volume dell’anno scorso.
Oltre alle vendite dirette, la Russia può contare sui ricavi derivanti dalla raffinazione del petrolio: in Turchia e in India, le raffinerie lavorano il petrolio greggio russo sanzionato, a volte miscelato con petrolio proveniente da un’altra fonte, per rivenderlo ai paesi dell’UE. Una scappatoia che consente il riciclaggio di questo petrolio sanzionato da parte di un paese terzo.
La Francia è anche un importante consumatore di fertilizzanti russi. Dall’inizio del conflitto, le importazioni di questi fertilizzanti sono aumentate dell’86%, passando da 402.000 tonnellate nel 2021 a 750.000 nel 2023. L’agricoltura francese dipende dai fertilizzanti russi. Ma allora ci prendono in giro? Certo.
Una prova? Dal sito ufficiale dell’Unione Europea: «L’UE eliminerà gradualmente le importazioni di petrolio e gas dalla Russia entro la fine del 2027, in base a una proposta legislativa presentata oggi [giugno 2025] dalla Commissione europea». Quando i cosiddetti leader europei s’incontrano tra loro, si danno di gomito e ridono a crepapelle.
Mosca è il terzo produttore e il secondo esportatore di petrolio greggio al mondo. Vende soprattutto a Cina ed India, due potenze con una popolazione che assomma al 36% di quella mondiale. Un dato sul quale si riflette assai poco.
Un discorso a parte merita l’uranio, che vede protagoniste la Nigeria e la Georgia (ma guarda un po’). La Nigeria ha deciso di nazionalizzare l’estrazione dell’uranio del gruppo nucleare francese Orano, con evidente scorno della Francia e soddisfazione di Russia e Cina. La Georgia, che detiene alcune delle maggiori riserve di uranio della regione, ha annunciato ufficialmente la vendita delle sue riserve, in particolare alla Russia. C’è bisogno che a Tbilisi la gente scenda in piazza con le bandiere della UE.
E il debito pubblico russo? Il rapporto debito/PIL si aggirava intorno al 16-17% prima del 2022 e ha registrato una diminuzione fino al 16,4% nel 2024.
Quando si parla di debito pubblico, mi viene in mente quello italiano, ovviamente, ma anche quello statunitense non scherza. Nel mese di agosto, il debito pubblico degli Stati Uniti, in rapporto al PIL, ha superato il livello più alto raggiunto dall’inizio del XX secolo, considerando che nel 1945 era al 106% (Congressional Budget Office - CBO).
L’ammontare del debito americano oggi ammonta a più di 37.000 miliardi di dollari, ovvero il 130% del PIL. Solo dieci anni fa era circa la metà 18.176 miliardi di dollari, con un rapporto del 101,4%. Il governo degli Stati Uniti sta ora spendendo più per il pagamento degli interessi che per la difesa (la “difesa” più cospicua del mondo).
Queste cifre sono così enormi da essere vertiginose. Per darvi un’idea della situazione: ogni cinque mesi, gli Stati Uniti aumentano il loro debito di altri 1.000 miliardi di dollari; ogni anno, aggiungono due terzi del debito pubblico italiano, accumulato in cinquant’anni!
Scrive sempre il CBO, un ente indipendente: «Il debito pubblico, alimentato da ampi deficit, raggiungerà il livello più alto di sempre nel 2029 (misurato in percentuale del prodotto interno lordo) e continuerà a crescere, raggiungendo il 156% del PIL nel 2055. È destinato ad aumentare anche in seguito». Senza dire del debito privato ...
Quanto al deficit: «rimarrà elevato rispetto agli standard storici nei prossimi 30 anni, raggiungendo il 7,3% del PIL nel 2055».
È normale che un paese s’indebiti, soprattutto dopo una crisi economica o dopo una guerra. Ad esempio, dopo le guerre napoleoniche, il debito della Gran Bretagna era pari al 300% del suo PIL. Ma per un paese dove si prevede una crescita economica nei prossimi tre decenni più lenta rispetto a quella degli ultimi tre decenni, e con una crescita demografica che sarà più lenta nei prossimi 30 anni rispetto agli ultimi 30, più che della Russia mi occuperei della crisi americana.
Nei prossimi 25 anni, il principale fattore trainante dell’aumento della spesa federale a lungo termine sarà l’invecchiamento della popolazione americana, poiché il numero di persone di 65 anni o più aumenterà molto più rapidamente della popolazione in età lavorativa, determinando un aumento della spesa per i programmi per i pensionati. Mal comune mezzo gaudio dicono a Roma.
«Su base pro capite, il sistema sanitario statunitense è il più costoso tra gli altri paesi ricchi. Eppure, i risultati sanitari americani non sono generalmente migliori di quelli dei nostri pari e, in alcuni casi, sono peggiori, anche in ambiti come l’aspettativa di vita, la mortalità infantile, l’asma e il diabete.»
Notare che la spesa sanitaria italiana pro capite è inferiore alla media e appena superiore a quella coreana.
Avessimo avuto a livello delle singole nazioni e soprattutto di UE una classe politica degna di questo nome, con tutti i difetti possibili ma impegnata a difendere gli interessi nazionali non si sarebbe arrivati alla guerra, si sarebbe preteso il rispetto dei trattati di Minsk, si sarebbe arrivati a un accordo con la Russia e imposto lo scioglimento delle formazioni neonaziste (*), si sarebbe esclusa a priori l'Ucraina dalla NATO, lavorando piuttosto a una reale integrazione nella UE secondo le procedure normali, magari pretendendo il rispetto delle minoranze linguistiche (anzi, no, dal momento che gli stessi requisiti sono pesantemente violati dai baltici).
RispondiEliminaInvece i nostri politici hanno scelto di seguire gli ordini, fino a fare il gesto disperato del marito che si evira per far dispetto alla moglie.
Temo che finirà che compreremo a caro prezzo il petrolio russo dagli USA.
(*) Cinicamente spero che ne eliminino molti in guerra, perché sono convinto che alla fine della stessa ce li ritroveremo in casa e non saranno ospiti educati.
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EliminaBel post. I freddi numeri dicono come al solito molto di più della realtà oggettiva.
RispondiEliminaE a proposito di numeri, per quanto riguarda la storia del Pil mi chiedevo: è possibile che è proprio il Pil (se non il solo parametro certamente uno dei più importanti) la vera causa che determina la politica guerrafondaia degli States?
Ossia, questi non hanno altra via che depredare le ricchezze altrui per mantenere il loro drogato sistema economico e sociale.
F. G
https://energiaoltre.it/perche-francia-e-belgio-non-sostengono-il-divieto-sul-gas-russo-richiesto-dallue/
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