lunedì 22 settembre 2025

Un monarca assoluto alla Casa Bianca

 

Riassumo (velleitariamente, lo so) una delle cause fondamentali che trasformarono quella che poteva essere una delle numerose rivolte sociali in Francia nella rivoluzione francese del 1789: il debito pubblico e i relativi interessi mostruosi che ammontavano a circa il 50% della spesa statale (fonte: Lefevre, Fayard, Fierro, Tulard, ecc.).

Luigi XVI cambiava ministro delle finanze, ora l’uno ora l’altro, ma la situazione non mutava. Promulgava leggi che il Parlamento di Parigi faceva passare senza battere ciglio, tranne quella che prevedeva di far pagare le imposte ai privilegiati (nobili e alto clero), che costituivano la quasi totalità dei membri del Parlamento stesso.

Il conflitto tra la monarchia e il Parlamento, ovvero tra il re e la nobiltà, portò quest’ultima a chiedere e ottenere (agosto 1788) la convocazione degli Stati Generali. Solo il “popolo” di Francia poteva decidere su una simile questione, ossia far pagare le imposte (o più imposte) ai privilegiati. Luigi XVI pensò bene di raddoppiare il numero dei deputati del Terzo Stato, in modo da ottenere la maggioranza e far passare le sue riforme finanziarie.

Si trattava però di decidere se far votare per “ordine” (nobili, clero e borghesi) oppure per “testa”. Su questa questione gli Stati Generali, riuniti nella primavera del 1789, si divisero. Finché il Terzo Stato, convocatosi di per sé nella famosa Sala della Pallacorda a Versailles, si costituì in Assemblea Costituente. Le rivolte di piazza a Parigi, la presa della Bastiglia, diedero man forte a questa iniziativa. Il resto è storia conosciuta e spettacolarizzata.

Veniamo all’oggi, che ovviamente non è esattamente sovrapponibile a quei lontani avvenimenti francesi, ma che ad ogni modo può servire a mo’ di analogia.

Gli Stati Uniti sono stati in grado di usare il proprio debito pubblico per combattere guerre, recessioni globali, pandemie e crisi finanziarie. Basta “stampare”, ricordava il presidente Reagan. Data la reputazione del dollaro come asset più sicuro e liquido al mondo, i deficit correnti, basati su nuovi prestiti, sembravano un vero e proprio pranzo gratis: gli investitori globali sarebbero sempre stati felici di digerire un’altra montagna di debito in dollari.

Ma oggi i tassi d’interesse a lungo termine sono aumentati bruscamente sui titoli del Tesoro a 10 e 30 anni. Il debito statunitense, pari a 37.000 miliardi di dollari, è ormai pari a quello di tutte le altre principali economie avanzate messe insieme; il deficit annuale sfiora i 1.000 miliardi, e dunque un aumento dei tassi di interesse di appena l’1% si traduce in un pagamento aggiuntivo di 370 miliardi di dollari per il debito pubblico.

Le finanze statunitensi si stanno avvicinando a una situazione in cui sarà necessario prendere in prestito più denaro solo per pagare gli interessi sui debiti pregressi. Vi sono ormai chiari segnali che la fiducia nel dollaro statunitense – la base della capacità degli Stati Uniti di portare il debito a livelli record – si sta rapidamente indebolendo. Quest’anno ha perso il 10% del suo valore rispetto alle altre valute, e la scorsa settimana una nota emessa dalla Deutsche Bank affermava che “gli investitori stranieri stanno riducendo l’esposizione al dollaro a un ritmo senza precedenti”.

L’aumento del prezzo dell’oro, di oltre il 35% dall’inizio dell’anno, è un altro importante indicatore della crescente mancanza di fiducia nel dollaro statunitense come valuta fiat, non sostenuta da alcun valore reale, ma dal sistema finanziario statunitense e dalla sua potenza tecnologica e militare. Gran parte dell’aumento del prezzo dell’oro è dovuto all’aumento degli acquisti da parte delle banche centrali (che sentono spirare venti di crisi e di guerra), quintuplicati negli ultimi tre anni e mezzo, al punto che l’oro è ora la seconda riserva di attività dopo il dollaro, superando l’euro.

Il motivo per il quale il monarca assoluto che siede alla Casa Bianca chiede e vuole un taglio consistente dei tassi da parte della Federal Reserve non ha nulla (o molto poco) a che vedere con l’impulso all’economia reale o con il contrasto a un mercato del lavoro in netto indebolimento, dove uno dei principali ostacoli immediati alla crescita economica e all’occupazione è l’aumento della struttura dei costi dovuto agli aumenti tariffari.

Trump vuole il taglio dei tassi per ridurre il deficit e il debito per avere più dollari da spendere per i suoi progetti faraonici, per dare ulteriore impulso al mercato azionario e agli oligarchi finanziari che costituiscono la base del suo regime, oltre a fornire supporto al fiorente mercato delle criptovalute, che è direttamente vantaggioso per lui e la sua famiglia.

Lo scontro tra la Fed di Powell e la Casa Bianca di Trump sta ad indicare che appena sotto la superficie si stanno accumulando tensioni all’interno del sistema finanziario e anche a livello economico e sociale, tensioni che prima o poi esploderanno.

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