lunedì 8 settembre 2025

Il discorso del re travicello

 

Il presidente Mattarella, davanti a un’assemblea di capitalisti e dei loro leccaculo, dice “no” allo strapotere delle multinazionali. È una posizione coraggiosa, che mi ricorda certe cose dette e scritte molto tempo fa. Appunto, cose vecchie a cui non si dava retta e anzi si irridevano come di fantasie di spostati di testa.

Veniamo all’oggi e al punto: nella logica globale di privatizzazione del mondo, la ricerca scientifica è finanziata in grandissima parte dalle multinazionali. E se essa è interamente dedicata a sviluppi tecnologici che fanno avanzare la sfera militare (internet nasce a tali scopi, ecc.), insieme ai profitti e al dominio delle imprese, perché stupirsi che quelle stesse multinazionali vogliano giocare anche un ruolo politico?

Di cosa siamo diventati testimoni? Del fatto che il progresso sociale ed umano è diventata roba d’altri tempi. Di chi è la responsabilità? Questa sarebbe stata una riflessione già meno peregrina rispetto a un monito contro il grande capitale che fagocita la politica. Sarebbe stato meno naïf, anche se ugualmente inutile, denunciare, davanti a un’assemblea compiaciuta e obsoleta, un capitalismo che s’inscrive nel postumano, nell’ibridazione uomo-macchina, nell’editing del genoma e, in una parola, nel transumanesimo (un’ideologia tecno-soluzionista quasi eugenetica), che implica un livello di disuguaglianza sociale che diventerà maggiore e peggiore di quello attuale.

Poi, a pagina 10, titolo: «Mattarella sprona l’Europa “Non cedere alle autocrazie”». Non fa nomi, ingessato nel vago, perciò penso si riferisse all’Italia, dove il governo esercita il potere esecutivo in combinazione con quello legislativo e mediatico, aspirando anche a decidere sulle inchieste giudiziarie e la nomina dei vescovi. Un Paese autocratico dove la schiavitù è regolata per contratto e dove l’uguale diritto alla salute sta diventando sempre di più il diritto alla salute di chi può pagarselo. Eccetera.

Fuori dalla sorveglianza Nato, dall’unificazione dei sistemi sociali e delle ideologie, nessun popolo ha diritto di scegliere liberamente i propri percorsi di sviluppo interno. È in questo concetto d’ordine che lor signori basano la distinzione tra “democrazie” e “autocrazie”, che diventa distinzione tra il bene e il male, come se un Netanyahu o quel Zelensky che ha fatto tabula rasa di ogni pluralismo interno non facessero parte di quest’ordine “democratico”.

A scanso di sottintesi, il presidente si riferiva alla Russia. Piaceva al tempo in cui era stata scaraventata nella privatizzazione selvaggia. È arrivato quel mostro di Putin è la musica è cambiata. Tra il 2003 e il 2007 l’economia russa cresce in media del 7% l’anno: l’esportazione di petrolio e gas porta il Paese a surplus commerciali e bilanci pubblici in avanzo. Con vantaggio anche dell’Europa.

Di tale sviluppo è l’esempio, non meramente simbolico, della NASA e Roscosmos che firmano un accordo che impegna la prima ad acquistare dalla seconda i lanci per il trasporto di equipaggi e rifornimenti sulla Stazione Spaziale Internazionale. Potrà sembrare paradossale, ma Russia diventa così l’unico Paese in grado di portare in orbita gli astronauti. Nel 2014 il bilancio Roscosmos tocca il picco con 4,2 miliardi di dollari e la Russia supera gli Stati Uniti e Cina nei lanci spaziali: 34 contro 23 e 16. Particolare attenzione è data anche allo sviluppo di GLONASS, il GPS russo.

Eh no, bisogna rimetterla in riga questa Russia. Di utili idioti alleati in Europa se ne trovano sempre a dare una mano nel momento del bisogno. E al diavolo gli avvertimenti di un Kissinger. Due visioni e due strategie dividono l’establishment americano. Vince quella di chi vuole appiccare il fuoco davanti alla tana del grande orso.

Finché dura la guerra in Ucraina, con la sua pessima gestione da parte del governo Biden, i tentativi di avvicinamento (oh, scandalo!) dall’attuale amministrazione Trump con Mosca non andranno in porto. Washington ha identificato nella Cina il proprio nemico mortale e prova strategicamente a isolarla. La domanda del secolo è: quando la Russia identificherà l’ascesa della Cina come minaccia principale? Ma con questi chiari di luna Putin e Xi saranno a lungo come due piselli in un baccello.

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