domenica 7 settembre 2025

"Maestro di etica e di vita"

 

“Maestro di sofisticatezza e discrezione”. “Maestro di eleganza senza tempo e visione globale”. “Maestro e guida per il design”. “Maestro di stile e creatività”. E va bene. Ma “maestro di etica e di vita” mi sembra esagerato. E poi guarda caso questi maestri di vita, celebrati dai media, sono sempre dei maschi. E almeno benestanti. Nel caso specifico il “maestro di etica e di vita” era a capo di una multinazionale che appalta a fornitori e subfornitori, per lo più cinesi, che impiegano i loro operai “in condizione di sfruttamento”.

Il mese scorso, l’autorità garante della concorrenza e del mercato ha multato Giorgio Armani per 3,5 milioni di euro perché le sue dichiarazioni sulla responsabilità etica e sociale non riflettevano le reali condizioni di lavoro presso i fornitori.

«Secondo l’autorità di regolamentazione, Giorgio Armani e la sua controllata GA Operations si sono presentati negli ultimi tre anni come esempi di sostenibilità ed etica, sia nelle loro comunicazioni pubbliche sia sul loro sito web aziendale Armani Values. Hanno sottolineato l’importanza di buone condizioni di lavoro e della sicurezza dei dipendenti come valori fondamentali del marchio.

«Nel motivare la multa, l’Antitrust ha spiegato che le due società “hanno reso dichiarazioni etiche e di responsabilità sociale non veritiere, presentate in modo non chiaro, specifico, accurato e inequivocabile”. Dichiarazioni che, pur pubblicizzate dal gruppo, sarebbero in contrasto con le effettive condizioni di lavoro riscontrate presso fornitori e subfornitori artefici di larga parte della produzione di borse e accessori in pelle a marchio Armani.

«In pratica, l’attenzione alla sostenibilità sarebbe diventata uno strumento di marketing per rispondere alle crescenti aspettative dei consumatori. Dalle indagini dei carabinieri che avevano portato all’amministrazione giudiziaria, poi revocata, era emerso che le società esternalizzavano buona parte della produzione a fornitori che, a loro volta, si avvalevano di subfornitori, per lo più cinesi.

«Soprattutto questi ultimi, avevano rilevato i militari dell’Arma, impiegavano i loro operai “in condizione di sfruttamento (pagamento sotto soglia, orario di lavoro non conforme, ambienti di lavoro insalubri), in presenza di gravi violazioni in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro (omessa sorveglianza sanitaria, omessa formazione e informazione) nonché ospitando la manodopera in dormitori realizzati abusivamente e in condizioni igienico sanitarie sotto minimo etico”. Le accuse, analoghe a quelle che hanno interessato altri brend della moda (Alviero Martini, Dior, Valentino), raccontavano di operai cinesi pagati meno di 5 euro l’ora per assemblare borse vendute a 75 euro ai fornitori ufficiali, che a loro volta le rivendevano alla società principale per 250 euro, fino al prezzo finale nei negozi di ben 1.800 euro.

«Infine, in un documento interno alla Giorgio Armani S.p.A. del 2024, precedente all’apertura della procedura di amministrazione giudiziaria richiesta dalla Procura della Repubblica di Milano, si afferma addirittura che “nella migliore delle situazioni riscontrate, l’ambiente di lavoro è al limite dell’accettabilità, negli altri casi, emergono forti perplessità sulla loro adeguatezza e salubrità”.»

2 commenti:

  1. Io non guardo la TV, ma altri in casa mia lo fanno, e in questi giorni la sofferenza per la retorica armaniana è massima. Ciò detto, la sofferenza è massima anche nel vedere l'operato di questi organi burocratici che comminano multe non già per avere delocalizzato, ma per avere vantato "etica", e contemporaneamente avere delocalizzato. Se ne desume che è legittimo produrre in Cina o altrove a est di Trieste, ma senza fare dichiarazioni di virtue signaling. Infatti lo fanno tutti, e l'organo burocratico già presieduto da Giuliano Amato non fa una piega.
    (Interessante l'elenco dei presidenti dell'Autorità garante: parrebbe che fosse una sala d'aspetto per la Suprema Corte, o altra carica istituzionale)

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    1. Ho posto in luce un fatto. Tu, giustamente , cogli la notizia al balzo per porne in evidenza un altro. È il sistema nel quale sguazziamo tutti felici, chi più è chi meno.

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