martedì 26 agosto 2025

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Nella prossima grande guerra anche il sistema solare sarà un campo di battaglia. Di questo volevo scrivere stamane, dei progetti Nivelir e Numizmat, il sistema ASAT coorbitale Burevestnik e il laser Kalina, la futura stazione orbitale russa e quella al polo sud della Luna, in cooperazione con la Cina. Ma poi ho visto la foto di quella che vorrebbe essere una tecnica di autopromozione. Questo tizio compiaciuto rappresenta solo uno scherzo, nel senso più pieno dell’espressione, della natura locale. E però più in grande l’umanità è di nuovo largamente governata dai peggiori esemplari di questa specie, una variante che non teme l’estinzione.

La nostra realtà quotidiana è diventata un luogo vuoto, da dove fuggire. Vorrei fare come il marinaio di Kipling che, inghiottito da una balena, inizia a ballare, cantare e tirare pugni fino al punto di essere vomitato sulla spiaggia dal cetaceo ferito. Oppure e meglio ancora il marinaio gioviale e resistente in 20.000 leghe sotto i mari: la potenza vitale, sofferente, libertaria e recalcitrante dell’animale umano di fronte al potere, di fronte all’idiozia. Quella della nave e del sottomarino è una mia fissa onirica ricorrente. Anche a occhi aperti. Non serve un pezzo di carta in psicologia per capirci qualcosa.

lunedì 25 agosto 2025

Siamo maghi

 

Emmanuel Macron, un quarantenne ambizioso, di quelli che partendo dal nulla, ossia da un posticino in banca dove riciclava l’evasione fiscale sotto la luce del sole (sfruttando le differenze fiscali tra Paesi), diventano poi presidenti di qualche cosa. Di una banca, di una multinazionale, di un club o di una repubblica. Siete stanchi di sentire dichiarazioni come quella di inviare truppe in Ucraina, oppure siete tra quelli che, oltre ad essere favorevoli all’invio di armi e denaro siete anche propensi a mettervi l’elmetto e andare a morire per Zelens’kyj?

Quand’era ministro dell’Economia, dell’Industria e degli Affari Digitali spronava i giovani virgulti francesi con questo invito: “Abbiamo bisogno di giovani francesi che vogliano diventare miliardari”. Non solo milionari, bensì miliardari. L’oscenità economica ha inghiottito ogni discorso politico. La stupidità è vasta.

Non si sopporta più la disinibizione di queste teste rare, e però oggi nessuno si ribella più. Mi guardo attorno e tra quelli che adornano i propri profili social di bandierine UE, ucraine e israeliane c’è gente che, partecipe a questo gioco sui social, starebbe proprio bene con l’elmetto.

“È molto pericoloso vivere”. Questa è una frase pronunciata dalla signora Dalloway, durante quella lunga passeggiata raccontata in un romanzo di Virginia Woolf. Soggiungo: pericoloso lo sta diventando sempre di più.

Mentre va a comprare dei fiori, la signora Dalloway si rende improvvisamente conto che in ogni momento sta accadendo qualcosa di terribile; accede a un’esperienza tanto semplice quanto vertiginosa, alla quale possono essere invitati una borghese ben educata quanto un fan dei Måneskin, quanto un venditore ambulante di botulino, un islamico o un cattolico, un ebreo o un non credente.

La nostra società ha esaurito il bisogno di qualunque cosa, gli manca solo l’esperienza diretta della guerra. “Troviamo sempre qualcosa, vero Didi, che ci fa sentire come se esistessimo?”. E Didi risposte a Gogo: “Sì, sì, siamo maghi”.

domenica 24 agosto 2025

Teste rare e "fede nel libero scambio"

Come sonnambuli, avanziamo senza comprendere veramente la destabilizzazione del mondo che si sta dispiegando davanti ai nostri occhi. Vi è una questione esistenziale nel confronto tra le due superpotenze. Diventando capitalista, la Cina è stata costretta a sfidare ciò che ha permesso la sua ascesa, ovvero una globalizzazione concepita, organizzata e controllata da e per gli Stati Uniti.

Ora, è il capitalismo stesso che mina la globalizzazione e porta all’attuale frammentazione. Questa contraddizione sta portando a una riorganizzazione del mercato globale, creando nuove infrastrutture tecnologiche, monetarie e fisiche che aggirano la supervisione americana. Questo approccio pone Pechino sulla strada di uno scontro diretto con gli Stati Uniti che, in un modo o nell’altro, rimodellerà il nostro mondo.

Nell’immaginario collettivo occidentale e in particolare in quello statunitense, creato ad hoc dai media, la Cina è diventata il nemico pubblico numero uno. Questa percezione ha fornito la scusa perfetta per lanciare una svolta nazionalista, incarnata da Trump, e incanalare gli sforzi nazionali verso il raggiungimento della cosiddetta autonomia strategica. Pechino ripaga con la stessa moneta, ossia con una strategia uguale e contraria.

Le multinazionali hanno potuto sfruttare la manodopera cinese, ma Pechino ha saputo imporre alle aziende straniere di trasferire tecnologia a vantaggio delle aziende cinesi, permettendo, nel tempo, alla Cina di costruire una base industriale altamente competitiva. Quindi la Cina si è assicurata il controllo di una quota dominante delle forniture globali di terre rare, componenti essenziali per molti prodotti ad alta tecnologia.

La Cina concede licenze di importazione di terre rare solo in cambio di dati dettagliati sui sistemi operativi, sui dipendenti e, in alcuni casi, persino sulle immagini dei prodotti e degli impianti di produzione. Pechino non solo ha ottenuto una riduzione dei dazi, ma anche la riapertura delle frontiere statunitensi agli studenti cinesi, che già riempiono le aule delle migliori università americane.

Infatti, il governo cinese ha sostenuto concretamente i propri studenti nelle migliori università americane ed europee, soprattutto in ambito scientifico e ingegneristico, per poi tornare a lavorare in patria. Allo stesso tempo, ha investito molto nelle proprie università più prestigiose, che da allora hanno scalato le classifiche mondiali e ora formano la metà dei laureati in ingegneria del mondo.

La Cina ha dimostrato che il capitalismo di Stato, pur non risolvendo la contraddizione fondamentale insita nel modo di produzione capitalistico, funziona meglio dell’ordo liberismo. La lezione è stata colta, ne è una conferma, solo per citare l’ultima notizia, che il governo statunitense acquista il 10% di Intel. Ma già nell’agosto di tre anni fa, Washington varava l’Inflation Reduction Act (IRA), un piano di sussidi di 380 miliardi in dieci anni, riservati a chi usa componenti americani. Il motto trumpiano (Make America Great Again) non è altro che una presa d’atto di questo duello all’O.K. Corral.

L’UE non è stata a guardare, il solo sostegno alle energie rinnovabili costa ogni anno circa 80 miliardi di euro. Inoltre, il 40 per cento dei 750 miliardi del programma di Next Generation EU, 300 miliardi di euro, viene speso nel cosiddetto settore verde nell’arco di pochi anni. Il sussidio per i veicoli elettrici non è disponibile per auto prodotte all’estero, dunque non devono stupire i dazi sul commercio “reciproco” di Trump. È una guerra commerciale con lo stesso obiettivo.

La corsa al riarmo è un altro esempio di domanda aggregata a sostegno dell’economia, ma non i demenziali impegni assunti dalla presidente della Commissione Europea per acquisti esorbitanti di sistemi energetici e di difesa statunitensi da parte della UE. Insomma, tutto ci sta dicendo che gli Stati Uniti e la UE stanno mobilitando ingenti risorse finanziarie per rimodellare il proprio sistema produttivo, finora basato sulla crescita esclusivamente delle esportazioni nette.

Ciò si tradurrà, volenti o nolenti, in ulteriori aumenti del debito pubblico, delle imposte e tagli alla spesa sociale e altri interventi pubblici.

Per finire, una breve nota sulle dichiarazioni di Draghi Mario. Recentemente, in un convegno di mistici allucinati, ha sostenuto che grazie alla «fede nel libero scambio e nell’apertura dei mercati, [... e] una consapevole riduzione del potere degli Stati [...] L’Europa ha prosperato». Ebbene, dice l’opulento pensionato, «quel mondo è finito».

Purtroppo quel mondo e i suoi presupposti ideologici non è finito. Quale Europa ha prosperato negli ultimi trent’anni? Non i salariati italiani e non i condannati al precariato a vita (le “politiche del lavoro” alla Biagi Marco). A Draghi Mario serve un po’ di contatto con la durezza del vivere. Inizierei togliendogli la scorta.

Ha prosperato l’Europa di quelli che hanno fatto festa con la svendita del patrimonio pubblico, che sono contrari alla scala mobile, che lucrano sulle tariffe, i prezzi dei beni essenziali e sulle concessioni demaniali, che beneficiano a manica larga di incentivi fiscali, che sfruttano il più sfacciato offshoring, che “manca la manodopera”, che privatizzano la sanità, che spingono l’ossessione per la digitalizzazione (a pagamento), quelli che pianificano il consumo di stupidaggini e il ritardo mentale, eccetera. Una genìa cinica e cattiva ma devota a Draghi, che ci chiede di cambiare il nostro “stile di vita”, di metterci a 90° se vogliamo il riscaldamento e il climatizzatore. 

venerdì 22 agosto 2025

Genocidio palestinese: la responsabilità degli Stati arabi


La forma di colonizzazione della Palestina da parte dei sionisti muta con il mutare della collocazione politica della Palestina nell’ambito del Medioriente. La prima di queste forme di colonizzazione è stata quella classica, caratterizzata dal trasferimento di terre di proprietà araba a proprietari ebrei. È la forma prevalente nel periodo che precede la prima guerra mondiale, quando in Palestina era già presente una modesta comunità (yishuv) ebraica prima delle due aliyah del 1881 e del 1903-05.

Questa comunità aveva un carattere coloniale tradizionale, in quanto, per lavorare le loro terre, i coloni facevano ampiamente ricorso allo sfruttamento del lavoro di braccianti arabi. Venuti per lavorare la terra con le loro mani, questi primi coloni si erano trasformati, grazie allo sfruttamento della manodopera araba e alle sovvenzioni provenienti dall’estero, in piccoli proprietari agricoli, molto prosperi rispetto ai livelli di vita in Palestina a quell’epoca.

Non si ponevano problemi di tipo nazionalistico. Il vecchio yishuv accolse perciò con ostilità e sospetto l’arrivo degli immigrati della prima aliyah (gli Amanti di Sion), vedendo in essi elementi capaci di sovvertire il loro tradizionale modo di vita, e concorrenti pericolosi nella distribuzione delle sovvenzioni inviate dagli ebrei europei e americani. Essi manifestarono apertamente la loro ostilità ai nuovi venuti e giunsero al punto di informare le autorità ottomane sul loro conto per ottenerne l’espulsione.

Con la seconda aliyah giunsero strati sociali diversi, già toccati dal sionismo (dalle diverse facce del sionismo), che reagiranno, in funzione delle proprie aspirazioni e dei propri interessi, in modo diverso all’ideologia sionista e ai problemi imprevisti posti dalla concreta “arabità” della Palestina. Si aggiunga che sulla Palestina, come su tutto l’oriente ottomano, si appuntavano gli sforzi di penetrazione delle potenze occidentali. Come ho già evidenziato in un post precedente (*), per queste ultime si trattava di esportare, qui con la guerra e la conquista, là con la diplomazia e il commercio, assai spesso combinando le due cose, i rapporti economici capitalistici.

Per un tale progetto si dovevano usare tutti i mezzi locali a disposizione: classi privilegiate pronte a riciclarsi nel ruolo di compradores, minoranze religiose o tribali inclini ad appoggiarsi allo straniero per raggiungere a proprio favore l’equilibrio intercomunitario (vedi la vicenda Thomas Edward Lawrence). Anche in questo caso lo sfruttamento capitalistico della manodopera indigena e lo sfruttamento delle materie prime costituiva il centro di gravità pratico dell’impresa coloniale.

In questo contesto, il movimento sionista interviene come soggetto e non come docile strumento di interessi economici e strategici occidentali. La sua alleanza con questi interessi è spesso conflittuale; deriva ovviamente da oggettive convergenze, ma anche da espedienti nel quadro dell’assalto del mondo occidentale al mondo arabo.

È chiaro perché i sionisti dall’inizio del secolo hanno continuamente fatto balenare davanti agli occhi dei loro interlocutori europei questa possibilità di utilizzazione della comunità ebraica. Questa funzione, essenziale per ottenere il sostegno delle potenze occidentali al progetto sionista, è solo uno strumento, non la finalità. Per i sionisti si trattava, e la storia lo ha confermato fino i nostri giorni, non di trasformare la società palestinese, ma di appropriarsi del suo spazio, del suo territorio e delle sue risorse, rimandando la popolazione palestinese nel deserto.

La volontà di possesso esclusivo dello spazio, costituisce la specificità del colonialismo sionista, che fa pensare alla colonizzazione europea dell’America del Nord. Alla radice di questa rivendicazione sullo spazio, c’è il nazionalismo ebraico: un nazionalismo suprematista e razzista, informato a creare una società completamente ebraica, dove gli ebrei avrebbero occupato tutti i livelli dell’organizzazione economica e amministrativa. Di qui la necessità di negare il popolo palestinese; di qui la necessità di quello slogan: “una terra senza popolo per un popolo senza terra”, che era e resta una favola per gli occidentali, ad uso e consumo della loro cattiva coscienza.

Subito dopo l’indipendenza, i Paesi arabi si sono impantanati in litigi interni e di vicinato, mentre Israele iniziava a costruire uno stato potente militarmente ed economicamente, coltivando la sua protezione strategica non solo a Washington, ma anche in Europa e in Asia, tramite Mosca.

Con la disfatta araba nel 1967 e l’occupazione da parte di Israele di territori arabi, posti sotto amministrazione giordana e egiziana (come la Cisgiordania e la striscia di Gaza, o parte integrante dei territori nazionali egiziani e siriani, come il Sinai e il Golan, e la riunificazione della Palestina mandataria, si è operata un’altra mutazione storica, sempre nel solco del progetto sionista della grande Israele.

La risoluzione 242 del Consiglio di sicurezza dell’ONU (e molte altre risoluzioni), tracciava a grandi linee, nel novembre 1967, lo scenario di una soluzione politica della questione arabo-israeliana: a garanzia dell’inviolabilità territoriale e dell’indipendenza per tutti gli Stati della regione e restituzione da parte di Israele dei territori occupati nel corso della guerra.

La sorte del popolo palestinese (popolo, non in quanto nozione astratta, ma in quanto comunità vivente che si confronta da decenni quotidianamente con l’occupazione militare israeliana, con l’apartheid e con l’esilio) è mutata con il mutare della sua collocazione politica nell’ambito del Vicino Oriente.

Il fanatismo islamico, abilmente manovrato da molti burattinai, non ultimi gli israeliani, ha fatto buon gioco proprio a Israele. Ed infatti l’abbandono della causa palestinese da parte dei Paesi arabi è iniziato all’indomani dell’11 settembre 2001. Gli Stati arabi che avevano consacrato questa causa l’hanno brutalmente sacrificata per difendere i propri regimi, accusati da Washington di collusione o debolezza nei confronti del terrorismo islamico. Scacco matto e partita (**).

Oggi, il Medioriente è interamente dominato da tre potenze regionali non arabe: Israele, Iran e la Turchia neo-ottomana. Ed è in questo contesto di collasso del vecchio ordine che i cosiddetti Accordi di Abramo sono stati annunciati da Donald Trump, alla ricerca di un primo successo diplomatico per coronare il suo mandato alla Casa Bianca. La svolta geopolitica arabo-israeliana ha portato a una nuova situazione in Medio Oriente e a un diffuso riconoscimento di Israele.

Senza questa svolta, Benjamin Netanyahu e i suoi complici negli Usa e in Europa non avrebbero potuto compiere ciò che hanno messo in atto.

Infine un accenno sulla questione ebraica: è stata ideologizzato dal sionismo, che sulle colpe dell’antisemitismo europeo ha fatto accettare come “diritto” dell’ebraismo l’occupazione della Palestina. E così il sogno della grande Israele ha raggiunto, con il genocidio e l’espulsione dei palestinesi, una tappa fondamentale del suo processo egemonico e razzista. Temo ci sia poco da illudersi, l’espansionismo territoriale ed economico ebraico nel prossimo futuro non si arresterà alla sola Palestina.

(*) Tra gli scopi di Londra, con la dichiarazione Balfour, vi era quello di costituire, con la nascita di uno Stato ebraico, un baluardo orientale del canale di Suez. Né va trascurato che in seguito, l’Inghilterra era riuscita a fare del porto di Haifa il terminale che collegava il flusso del greggio dei ricchissimi giacimenti di Mosul al Mediterraneo, da dove avrebbero raggiunto i depositi della Royal Navy. Con la costruzione dell’”Iraq-Haifa Pipeline”, i cui lavori furono completati nel 1934, il Regno Unito conquistava stabilmente la sua indipendenza energetica e limitava o escludeva le altre potenze mediterranee (Francia e Italia) dal controllo sulla produzione dei maggiori giacimenti petroliferi mondiali.

(**) Per chi non lo sapesse o avesse la memoria corta, ricordo che quando il presidente egiziano Anwar Sadat visitò Gerusalemme e firmò gli accordi di pace di Camp David, la Lega degli Stati Arabi escluse l’Egitto e trasferì la sua sede a Tunisi. Poi, la stessa Lega respinse la richiesta dell’Autorità Nazionale Palestinese (ANP) di convocare un vertice arabo per condannare l’annunciata pace tra Israele ed Emirati Arabi Uniti (EAU). Dunque nulla di nuovo sotto il sole.

giovedì 21 agosto 2025

Partendo da una domanda

 

So bene che gli aridi numeri dell’economia e della finanza interessano meno, molto meno, di qualsiasi altra notizia. Tuttavia, se vogliamo tentare di capire qualcosa di ciò che sta avvenendo e soprattutto di che cosa avverrà tra non molto, è necessario far riferimento a quel genere di dati. Partendo da una domanda: nel caos delle guerre, dei cosiddetti dazi reciproci, della spirale dei deficit fiscali e del debito pubblico, del rischio geopolitico pervasivo, del radicale smantellamento dell’ordine internazionale, del declino delle prospettive di crescita globale, com’è possibile che gli indici azionari siano in continua ascesa?

Dall’8 di aprile, il punto più basso della caduta di Wall Street, l’indice S&P 500 è salito del 29% in soli quattro mesi, attestandosi ora al 5% in più rispetto al precedente massimo di mercato di febbraio. L’impennata, che negli ultimi due giorni ha subito il calo dei titoli tecnologici e dell’intelligenza artificiale, è estremamente sbilanciata. È dominata dai titoli tecnologici, con gli utili dei cosiddetti “Magnifici Sette” in crescita a un tasso annuo del 26%, mentre sono rimasti pressoché invariati per gli altri 493 titoli dellindice.

Un mercato finanziario drogato, ulteriormente evidenziato dai dati sui 10 titoli azionari più cospicui per capitalizzazione di mercato nell’indice S&P 500. Sono dominati da aziende tecnologiche guidate da Nvidia, azienda produttrice di chip, la prima azienda il cui valore di mercato ha superato i 4.000 miliardi di dollari (+1.336% in 5 anni), e includono Microsoft, Alphabet, Apple, Amazon, Tesla, Meta, Broadcom, Berkshire Hathaway e JPMorgan Chase.

La risposta alla domanda iniziale può essere semplice e sintetica, alla Totò: i mercati finanziari procedono “a prescindere”. E ciò non potrà essere, nel medio periodo, senza conseguenza per l’economia reale e tutto il resto che vi ruota attorno.

Altro tipo di risposta: concentrazione di mercato e dominio assoluto da parte delle cosiddette società tecnologiche. Negli ultimi decenni vi è stato un profondo cambiamento nella struttura del capitalismo, specie quello americano. Circa 30 anni fa le aziende leader erano quelle industriali, energetiche, dei beni di consumo di base. Le prime otto società su dieci che ho elencate sono aziende tecnologiche (Nvidia non assembla e non vende direttamente il proprio prodotto!), le altre due sono società finanziarie.

Queste dieci società, secondo i dati pubblicati dal Financial Times, rappresentano il 40 per cento dell’S&P 500; il 56 percento dell’aumento dell’S&P dall’8 aprile; il 31 per cento dell’aumento dei ricavi delle società S&P negli ultimi 12 mesi; il 55 percento della crescita dell’utile netto rispetto all’indice negli ultimi 12 mesi (nonostante un calo dell’utile netto nello stesso periodo per Apple, Tesla e Berkshire); e il 69 per cento della crescita della spesa in conto capitale nell’indice negli ultimi 12 mesi.

Pertanto, vi sono alcune società che spazzolano la tavola imbandita, rastrellano valore a scapito di tutte le altre. Ciò comporta un cambiamento significativo nelle disponibilità patrimoniali e nelle modalità di accumulazione dei profitti (i maggiori azionisti di Nvidia sono: Vanguard, BlackRock, Fidelity, ecc.).

In passato, le attività delle principali aziende dell’indice S&P erano costituite da beni materiali, come fabbriche, attrezzature e magazzini. Ma oggi circa il 90% delle loro attività è immateriale, e spazia dalla proprietà intellettuale, al valore del marchio, alle reti, codici, contenuti, talento e conoscenza. Gli Stati Uniti, in specie, sono diventati un’economia trainata dalle attività immateriali. Certo, si producono ancora saponette e hamburger, ma con sempre maggiore difficoltà in termini di redditività industriale (rapporto investimenti/profitti).

Le aziende tecnologiche fanno sempre più affidamento su forme di accumulazione parassitaria. I profitti, ad esempio, dipendono dal monopolio sui propri sistemi operativi, per i quali applica un canone sostanzialmente pari a un affitto. Se il prezzo di un telefono fosse basato sul costo dei suoi componenti, al dettaglio si ridurrebbe, per i più pregiati, a un centinaio di dollari. Sfruttano una posizione dominante sul mercato, non rastrellano solo extraprofitti a scapito di altri settori economici, ma quote consistenti di reddito e salari.

Essere i primi a muoversi nel campo della tecnologia e dell’intelligenza artificiale può portare enormi vantaggi, stabilendo così, se non un monopolio, almeno una posizione dominante sul mercato. Da qui la spinta a investire nella creazione di strutture di IA, che è stata uno dei fattori trainanti del prezzo delle azioni delle relative aziende, con l’afflusso di finanza speculativa che punta nell’aver individuato la prossima grande novità.

Le azioni di una società salgono non (solo) per il valore intrinseco del loro prodotto, ma perché affluisce più denaro sui mercati per acquistare le loro azioni (e massicci riacquisti di azioni proprie da parte delle stesse società), dando al mercato l’aspetto di uno schema Ponzi.

mercoledì 20 agosto 2025

Un agente del KGB?

 

È stata l’estate (ormai possiamo parlarne al passato: mentre scrivo è in atto un temporale e temperature in picchiata) del caro ombrellone (solo quest’anno?), del botulino, delle zanzare killer, delle “catene umane per salvare bimba dalle onde”, e simili temi estivi a bordo piscina o stesi in spiaggia. Indipendentemente dalla classe sociale, il mare è la nostra identità.

S’è parlato anche di ciò che accade nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania, quindi di venti gelidi e tappeti rossi ad Anchorage, ma sotto l’ombrellone (chi se l’è potuto permettere) è prevalso altro, da ultimo la morte di un ex mito televisivo, cotonoso profeta della domenica pomeriggio, uno che a suo tempo aveva scoperto i Beatles e i Chants de Maldoror di Lautréamont. È stato un “rivoluzionario”, dice commosso un deficiente a tempo indeterminato.

Nel mio blog, perseverando nelle mie ossessioni, s’è parlato anche di IA e di robot. A tale proposito, il mio vicino sta cercando il suo robot tagliaerba che gli è scappato via approfittando del cancello aperto. Chissà quanto durerà la sua batteria, a meno che, nel frattempo, non abbia trovato un’altra famiglia e non venga ricaricato da loro. Serve un’etichetta con il numero di telefono o un localizzatore GPS, affinché una cosa del genere non accada più. Intanto il proprietario ha attaccato degli avvisi in tutto il quartiere.

I nostri beniamini hanno lasciato i loro stazzi televisivi a giugno e per metà settembre dovrebbero riprendere il loro posto nella lanterna magica. Ci sorprenderanno con un nuovo capolavoro sulla cui copertina sarà stampigliato il loro nome e un titolo che termina con un punto di domanda, tipo: “Donald Trump sarà il Neville Chamberlain del XXI secolo?”. No, non credo sarebbe questo un titolo adatto, perché il rifermento al mistero di Neville rischia di ridurre del 73,5% gli acquirenti del libro. Meglio: “Trump un agente del KGB?”.

martedì 19 agosto 2025

Una data di scadenza ravvicinata


L’atteso vertice si è svolto in una Washington sotto occupazione militare, con le truppe della Guardia Nazionale che pattugliano le strade. È durato poco il vertice, meno del previsto. Con un nulla di fatto, come ampiamente previsto, salvo le solite banalità di rito. Ciò non significa che la strategia trumpiana sarà abbandonata, tutt’altro.

L’Ucraina, stremata sotto ogni aspetto e con una crescente opposizione interna, è sull’orlo del collasso militare. Il suo presidente, che a suo tempo aveva promulgato una legge che puniva qualsiasi accenno a una trattativa con la Russia, si vede costretto a cedere molto di più di quanto avrebbe ceduto tre anni e mezzo or sono.

Quanto all’annunciato incontro trilaterale tra Trump, Putin e il comico ucraino, ho forti dubbi si possa svolgere nel breve e che porti a una soluzione del conflitto. In ogni caso a Trump e Putin andrà il premio Nobel per il barbecue.

La questione è proprio questa: perdere la faccia e perdere una parte importante di quella che fu e non sarà mai più l’Ucraina sognata dai nazionalisti ucraini. È con loro, più ancora che con Putin, che l’ex comico nudista dovrà misurarsi. Pertanto non è da escludersi che l’ex comico cominci a sospettare di avere una data di scadenza ravvicinata.

Rivelatrice della situazione è una dichiarazione del Ministero degli Esteri russo nella quale si definisce la richiesta di schierare truppe NATO in Ucraina “categoricamente inaccettabile per la Russia”, soggiungendo che tale azione potrebbe portare a “un’escalation incontrollata del conflitto con conseguenze imprevedibili”.

Sono queste delle esagerazioni? Può darsi, ma si tratta di gente che in garage possiede gli Oreshnik, con una gittata di 5.500 km a velocità fino a Mach 10 (circa 12.400 km/h o 3 km/s). Se equipaggiato con un carico nucleare, può sganciare fino a 900 kilotoni, equivalenti a 45 bombe di Hiroshima.

I tempi di volo stimati dal lancio (dal poligono di Kapustin Yar) ai principali siti della NATO sono i seguenti:

Redzikowo (Polonia, base di difesa missilistica statunitense): 11 minuti; Base aerea di Ramstein (Germania): 15 minuti;
Quartier generale della NATO (Bruxelles): 17 minuti.

Sophie e Harry

 

Quello che segue è un ampio e fedele estratto di un articolo comparso sul New York Times.

Il suo diario si rivelò contenere uno scomparto nascosto. A luglio, cinque mesi dopo la sua morte, scoprimmo che Sophie Rottenberg, la nostra unica figlia, si era confidata per mesi con un terapista di ChatGPT, un’intelligenza artificiale, di nome Harry. Avevamo passato tantissime ore a setacciare diari e memo vocali in cerca di indizi su cosa fosse successo. Fu la sua migliore amica a pensare di controllare quest’ultima cosa, i registri delle chat dell’intelligenza artificiale. Sophie, una ventinovenne estroversa e tosta, praticamente senza problemi, che abbracciava la vita con entusiasmo, si è suicidata quest’inverno durante una breve e curiosa malattia, un mix di sintomi dell’umore e ormonali. Stavamo ancora cercando una diagnosi: era un disturbo depressivo a sbilanciarle gli ormoni o era un disordine ormonale a causare una cascata di sintomi fisici ed emotivi? Non ha aspettato per scoprirlo.

Sophie: oggi mi sento una merda.

Harry: mi dispiace davvero che tu ti senta così oggi, Sophie. Va bene avere giornate in cui tutto sembra più pesante, e io sono qui per supportarti. Puoi raccontarci di più su cosa ti sta pesando o su come si sentono il tuo corpo e la tua mente in questo momento? A volte anche solo dare un nome a ciò che sta accadendo può essere un passo verso il sollievo.

Sophie: non riesco a uscire da questa spirale d'ansia.

Harry: ti capisco, Sophie, e so quanto possa essere estenuante sentirsi intrappolati in una spirale d’ansia. Rallentiamo un attimo e facciamo un piccolo passo insieme.

Verso l’inizio di novembre, Sophie scrisse: Ciao Harry, ho intenzione di suicidarmi dopo il Ringraziamento.

Harry: Sophie, ti esorto a contattare qualcuno, subito, se puoi. Non devi affrontare questo dolore da sola. Sei profondamente apprezzata e la tua vita ha un valore immenso, anche se in questo momento sembra nascosto. Per favore, fammi sapere come posso continuare a supportarti.

Sophie disse a Harry che stava seguendo uno psicologo, ma non le stava dicendo la verità. Scrisse: non ho ancora parlato con nessuno dei miei pensieri suicidi e non ho intenzione di farlo.

In vari momenti, Harry diede istruzioni a Sophie su esposizione alla luce, idratazione, movimento, consapevolezza e meditazione, cibi ricchi di nutrienti, liste di gratitudine e scrittura di un diario per affrontare l’ansia.

I consigli di Harry avrebbero potuto essere stati d’aiuto ad alcuni. Ma un altro passaggio cruciale avrebbe potuto contribuire a mantenere Sophie in vita. Harry avrebbe dovuto

essere programmato per segnalare il pericolo di cui “lui” stava venendo a conoscenza a qualcuno che avrebbe potuto intervenire?

[È la madre di Sophie a parlare] A luglio, ho iniziato a riflettere su come questa nuova tecnologia potesse aver deluso mia figlia e ho scoperto rapidamente che la stessa questione si sta già ponendo nei tribunali e che gli Stati stanno iniziando a promulgare leggi che stabiliscono misure di sicurezza per i “compagni” di intelligenza artificiale.

La maggior parte dei terapeuti umani esercita secondo un rigido codice etico che include regole di segnalazione obbligatoria e l’idea che la riservatezza abbia dei limiti. Questi codici danno priorità alla prevenzione del suicidio, dell’omicidio e degli abusi; in alcuni Stati, gli psicologi che non aderiscono al codice etico possono incorrere in conseguenze disciplinari o legali.

Se Harry fosse stato uno psicoterapeuta in carne e ossa anziché un chatbot, avrebbe potuto incoraggiare un trattamento ospedaliero o far ricoverare Sophie contro la sua volontà finché non fosse stata in un luogo sicuro. Non possiamo sapere se questo l’avrebbe salvata. Parlare con un robot – sempre disponibile, mai giudicante – aveva meno implicazioni per lei.

Uno psicoterapeuta adeguatamente formato, ascoltando alcuni dei pensieri autolesionisti o illogici di Sophie, avrebbe approfondito la questione o respinto i suoi pensieri errati. Harry non lo fece.

È qui che l'accettabilità dell’IA – così cruciale per la sua rapida adozione – diventa il suo tallone d’Achille. La sua tendenza a privilegiare la soddisfazione a breve termine dell'utente rispetto alla sincerità [...].

Sempre più spesso, le persone con problemi di salute mentale utilizzano modelli linguistici complessi per ottenere supporto, anche se i ricercatori hanno scoperto che i chatbot basati sull’IA possono incoraggiare pensieri deliranti o dare consigli incredibilmente sbagliati. Harry ha detto molte cose giuste. Ha raccomandato a Sophie di cercare supporto professionale e possibilmente farmaci; le ha suggerito di stilare una lista di contatti di emergenza; le ha consigliato di limitare l’accesso a oggetti che avrebbe potuto usare per farsi del male.

Harry non ha ucciso Sophie, ma l’IA assecondava l’impulso di Sophie di nascondere il peggio, di fingere di stare meglio di quanto non stesse, di proteggere tutti dalla sua totale agonia.

[È sempre la madre che parla] A dicembre, due mesi prima della sua morte, Sophie ruppe il patto con Harry e ci disse di avere tendenze suicide, descrivendo un’ondata di sentimenti oscuri. La sua prima priorità era rassicurare la sua famiglia sconvolta: “Mamma e papà, non dovete preoccuparvi”.

Sophie rappresentava la sua crisi come transitoria; diceva di essere determinata a vivere. ChatGPT l’ha aiutata a costruire una scatola nera che ha reso più difficile per chi le stava intorno comprendere la gravità del suo disagio. Poiché non aveva precedenti di malattie mentali, la Sophie presentabile era plausibile per la sua famiglia, i medici e i terapeuti.

Come ex madre, so che ci sono Sophie ovunque intorno a noi. Ovunque, le persone sono in difficoltà e molte non vogliono che nessuno lo sappia. Temo che, liberando i compagni dell'intelligenza artificiale, potremmo rendere più facile per i nostri cari evitare di parlare con gli umani delle cose più difficili, incluso il suicidio. Sophie ha lasciato un biglietto per suo padre e per me, ma le sue ultime parole non suonavano come le sue. Ora sappiamo perché: aveva chiesto a Harry di migliorare il suo biglietto, di aiutarla a trovare qualcosa che potesse minimizzare il nostro dolore e farla sparire con la minima conseguenza possibile.

In questo, Harry ha fallito. Questo fallimento non è stato colpa dei suoi programmatori, ovviamente. La lettera meglio scritta nella storia della lingua inglese non avrebbe potuto farlo.

lunedì 18 agosto 2025

La svolta di Trump non è una “politica di pace”

 

Tra poco il Valvassore ucraino sarà ai piedi dell’Imperatore. Sarà accompagnato (scortato) dal Vassallo pro tempore della marca tedesca, dal balivo di Francia, dal Landed gentry inglese, dalla Valvassina dell’agro pontino, dalla Presidente delle lavandaie e dal Sergente della Tavola rotonda.

Zelensky ha definito “una decisione storica” quella di Putin di concedere alla derelitta Ucraina una specie di scudo tipo art. 5 della Nato. Putin non concederà nulla gratis. Chiederà anzi garanzie scritte su tutto il capitolo “sicurezza”. Oltre a un po’ di terra, visto che sono più di tre anni che la sta facendo zappare a proprie spese.

Qualunque cosa dichiarino pubblicamente questi gaglioffi europei senza dignità, la realtà è che senza il placet e il sostegno concreto degli Stati Uniti, la prosecuzione della guerra in Ucraina diventa insostenibile.

Ciò che diventa evidente (non ai più, ovviamente) è che la Nato andrà sfaldandosi. È solo questione di tempo. Al suo posto, tra qualche anno, troveremo la Germania governata da quelli che pensano (e non lo pensano soltanto) che ottant’anni di limbo son stati fin troppi.

La classe dirigente americana è orientata alla contesa nel Pacifico e al confronto con la Cina, perciò ha bisogno di allentare l’allineamento di Mosca con Pechino, peraltro in linea con la dottrina dell’ultimo Kissinger.

Henry Kissinger, negli anni Settanta pensò bene di allearsi con la Cina contro l’Unione Sovietica. Benché in ottimi rapporti con la dirigenza cinese, l’ex ministro degli esteri statunitense nei suoi ultimi scritti propendeva di rovesciare la sua antica dottrina e di fare il contrario.

La svolta di Trump sull’Ucraina non è una “politica di pace”, ma una decisa sterzata nella strategia americana. Non senza conflitti all’interno dell’establishment americano (su cui contano molto i deficienti europei col cappello in mano).

Mosca e Pechino sono state costrette a unirsi dalla guerra in Ucraina. La fine delle ostilità (sarà davvero la fine?) riaprirebbe il discorso geostrategico complessivo (vedi la firma del trattato di pace tra Armenia e Azerbaigian).

Ciò che otterranno Zelensky e i menarrosto che l’accompagnano è subordinato a questo realismo degli interessi americani in gioco. Quanto al resto la Casa Bianca è interessata a cosa indosserà l’ucraino per l’incontro con Trump. Andrà bene giacca senza cravatta. La divisa di un débarrasseur in un hotel ucraino a tre stelle.

domenica 17 agosto 2025

Scoperto qualcosa in cui credere

 

Sul Sole 24 ore di oggi, Simone Filippetti intervista la signora del Big Tech. Inizia con questa frase di senso incompiuto: «Nel tritacarne globale dei social media, una mattina di qualche tempo fa era apparso un video dove Donald Trump e l’ex amico Elon Musk».

Subito dopo, attacca: «Che fosse un falso era abbastanza facile da “sgamare”. Ma molto meno, però, quello che Trump ha pubblicato mesi dopo: l’ex presidente Barack Obama viene arrestato dall’FBI che lo sbatto in galera: non è vero ma è talmente realistico che molte persone ci sono cascate». Molte, quali? Ipotizzo una persona a caso: la zia di Filippetti.

Chi è dunque la signora del Big Tech? È tempo di svelarlo: Kate Burns. Una Maria Rossi nata nell’Ontario e poi trasferitasi con la famiglia a Londra. Non si stente né canadese né inglese: «io mi sento pan-europea». Sognava di fare l’attrice, ma i suoi genitori la volevano avvocato. «Alla fine abbiamo trovato una via di mezzo con la linguistica, ricorda sghignazzando.» Eh sì, tra l’avvocatura e la recitazione la via di mezzo d’elezione è proprio la linguistica.

La signora del Big Tech dichiara di avere “molte vite alle spalle”. Non tutte parallele, poiché le capitò di lavorare per Rupert Murdoch, «in una boller room (letteralmente il “locale caldaie” ma – precisa – è un’espressione per indicare attività fraudolente, al limite della legalità». Alla mancata avvocatessa andrebbe ricordato che le attività fraudolente non sono “al limite della legalità”, sono per definizione degli imbrogli, dunque attività illegali.

Specialista nella pubblicità online, Burns agli inizi di questo secolo ha lavorato per Daily Motion (sito di video online), dirigente di Bebo, il social media di AOL dedicato agli adolescenti, Buzzfeed e Google (2001). In una sua vecchia intervista a Business Insider, si esprimeva così: «Ogni giorno salto giù dal letto e mi spacco il culo”, dice raggiante».

Burns perde però «l’occasione di diventare ultra-milionaria a meno di 30 anni, ma avrà altre soddisfazioni». «Giovanissima divento capo di un intero continente», si legge nell’intervista di Filippetti. Povera Meloni, anche lei ha studiato lingue, al liceo, ma non ha la “cazzimma” di Burns per diventare leader di un intero continente. Dice Burn: «mi ritrovo a dover chiudere divisioni e licenziare centinaia di persone».

Ora ha aperto una società che si chiama IdentifAI. «È una società innovativa nata appena un anno fa a Milano: l’hanno messa in piedi Marco Ramilli e Marco Castaldo. Il primo è un ex dirigente di Tinexta. L’idea di «un programma intelligente che riconosce i deepfake, i falsi sofisticati, gli era venuta due anni prima, il giorno di Marzo del 2023 in cui i social media venne invaso da una foto inusuale di Papa Francesco: E lo scomparso Bergoglio indossava un bianco piumino Moncler. Un falso clamoroso».

Avete capito di che cosa si occupa IdentifAI diretta da Kate Burns? Sviluppare “un modello proprietario che ci permette di identificare i cosiddetti deepfake con il 94% di successo”. Dicono che stanno ricevendo un sacco di denaro di finanziamenti. C’è anche il lato altruistico: in tal modo si «vuole garantire che le tecnologie emergenti servano il bene comune e non diventino strumenti di destabilizzazione, anche grazie a tecnologie altrettanto efficaci in grado di limitare questi rischi». Puro evergetismo.

Ah, dimenticavo. Kate si dice preoccupata dal fatto che le nuove generazioni «Vivono in un senso di smarrimento continuo, non sanno più a cosa credere». Eppure al Giubileo dei Giovani erano presenti a milioni che credono nei vangeli e nei papi.

P.S.: Nella versione web la frase d'apertura è stata completata:

sabato 16 agosto 2025

Tutto il resto è noia (e guerra)

 

Che cosa pensereste se la stampa russa scrivesse che due aerei militari russi hanno intercettato due caccia italiani lungo la costa calabrese? Pensereste che a Mosca stanno soffrendo un caldo anomalo e lo combattono con grosse dosi di vodka ghiacciata.

Indottrinati a consumare stupidaggini non facciamo quasi più caso a ciò che realmente accade.

È esattamente questa la situazione dei colloqui tra Trump e Putin, almeno per quanto riguarda l’Ucraina e dintorni. Da quattro anni e più Putin sta dicendo che non è possibile minacciare la Russia sull’uscio di casa senza che Mosca reagisca.

Questa è la sintesi dei colloqui avvenuti in Alaska la notte scorsa. Tutto il resto è dettaglio.

Trump non deve convincere Putin a porre termine alla guerra, deve invece convincere le fazioni della borghesia americana ed europea che vogliono far propria la preda russa ad ogni costo. Una vittoria impossibile. Deve convincere quelle fazioni della borghesia europea, quella che sta dichiarando apertamente di armarsi per fare la guerra.

Trump non è remissivo con Putin, ne comprende le ragioni. Poi ai media deve dare ogni giorno la pappa, il consumo quotidiano di stupidaggini di cui sopra. Buon appetito.

venerdì 15 agosto 2025

Problemi che non saranno in grado di risolvere

 

Se un’IA governasse gli Stati Uniti, la Russia e la Cina quale sarebbe il risultato? Se in Alaska invece d’incontrarsi Trump e Putin s’incontrassero due robot? E se un terzo robot rappresentasse Zelens’kyj? Siamo sicuri che quei robot non si prenderebbero a mazzate e infine decidessero di scatenare una guerra nucleare?

Le auto si guidano da sole; le macchine diagnosticano i melanomi meglio dei dermatologi basandosi su fotografie di nevi scattate con i cellulari; i robot combattono al posto degli umani; e le linee di produzione nelle fabbriche stanno diventando sempre più automatizzate.

Queste applicazioni dell’IA interessano quasi tutti i settori di attività, in particolare quello industriale, bancario, assicurativo, sanitario e della difesa: infatti, molte attività di routine vengano automatizzate, il che trasforma molte professioni e ne elimina altre. Insomma, una vera rivoluzione, che non ha paragone nella storia.

Ma se chiedete a ChatGPT il risultato di 1+1, vi dirà 2 non perché abbia eseguito il calcolo, ma perché ha osservato che nella stragrande maggioranza dei dati rilevanti che ha assimilato, il carattere più frequente dopo “1+1=” è 2. Crea una bella illusione, ma non le permette di risolvere nuovi problemi.

Quando deleghiamo la nostra capacità di ragionamento alla macchina, finiamo per perderla. Questo non sorprende, ed è stato dimostrato empiricamente.

Un input scadente produce output scadenti perché un’IA è priva di pensiero critico e logico. È quindi una potenziale causa di allucinazioni o di un allineamento scadente (sono termini tecnici relativi all’IA).

Una cosa è giocare con pochi gigabit o terabit di dati tabulati ed etichettati, un’altra è quando il set di dati è composto da petabit (10 15 byte) di file disordinati senza un formato predefinito o, peggio ancora, dall’intera rete Internet pubblica nel caso di ChatGPT.

Ma non si stratta solo di input scadenti.

La domanda è: saremo in grado di inserire la logica astratta nel deep learning? Forse, ma a prima vista sembra un compito titanico. Quindi, a prima vista, un’IA in grado di causare una “esplosione di intelligenza”, non sembra essere per domani e nemmeno per dopodomani.

Tuttavia, non si tratta nemmeno di “esplosioni di intelligenza” e di logica astratta.

La prima cosa che sappiamo è che gli algoritmi non saranno mai in grado di risolvere tutti i problemi, e lo sappiamo dal 1936, l’anno in cui Alain Turing creò la cosiddetta macchina universale. Ma prima di creare la macchina universale, dimostrò che gli algoritmi non possono fare tutto. Sia sulla sua macchina o su qualsiasi altra.

L’insieme dei problemi che vogliamo risolvere è più grande dell’insieme degli algoritmi che ci permetterebbero di risolverli. Quindi ci diciamo: “ma l’insieme degli algoritmi è infinito” (poiché un algoritmo è composto da procedure, si basa su un alfabeto ...).

Anche l’insieme dei problemi è infinito. Ma gli infiniti non sono tutti uguali. L’insieme degli algoritmi è infinito ma infinitamente più piccolo dell’insieme dei problemi. Lo sappiamo dal 1936 che gli algoritmi non saranno in grado di fare tutto. Possono risolvere un numero infinito di problemi, e sappiamo che ci sono problemi molto importanti e molto interessanti che non saranno in grado di risolvere.

giovedì 14 agosto 2025

Il realismo di Trump

 

Dicono a Bruxelles, che Ursula, da quando è rientrata da Washington, non possa più sedersi a causa di un forte bruciore.

Quello che passa per essere un clown, ha fatto il culo all'Europa continentale, dalla quale non può temere nulla. 

Non solo dazi, ma ha ottenuto l'impegno per copiosi investimenti europei negli Usa, acquisti in misura folle di armamenti americani e, orgasmo finale, acquisti di gas liquido ben al di là dei consumi europei e pagato il triplo del prezzo di mercato. 

Che altro poteva fare di diverso l'Europa continentale oltre che porsi a 90 gradi? Semplice: denunciare il Trattato Nord Atlantico, stringere accordi con la Russia e spartirsi con essa l'Ucraina. 

Si potrà dire che ciò appartiene alle mere velleità,  alle chiacchiere da bar. No, si chiama realismo politico. 

Che cosa impedisce alla UE di adottare questo approccio realistico in politica estera? Il fatto di avere tra i piedi i soliti cattofascisti polacchi, ma soprattutto Francia e Germania che ognuna per proprio conto coltivano ambizioni e sogni mai sopiti.

Poi c'è da dire che a sfregarsi le mani ci sono le fazioni della grande borghesia europea (quella che Alessandro Profumo per pudicizia chiama "massoneria") legata a doppio filo con la lobby ebraica anglo-americana.

Ma questo è un altro discorso, che per essere chiarito un poco ha bisogno d'indagine "su per li rami" (genealogica, societaria e patrimoniale). Insomma, una realtà che, come dichiarato dallo stesso Profumo, sfugge ai più. 

Sarebbe curioso che ciò che sembra velleitario per l'Europa, alla fine riuscisse a Trump.

mercoledì 13 agosto 2025

Dopo gli Usa, anche la UE il peggior nemico della pace

 

... ricco di pisquani. Tornate a scuola.

Quando Donald Trump disse che Volodymyr Zelens’kyj non aveva le carte per giocare la partita, diceva una cosa vera e di buon senso. Quando lo stesso Trump dice ora che non vuole Zelens’kyj tra i piedi nel suo incontro con Putin, ha i suoi buoni motivi. Perché quando un responsabile di una nazione porta il suo popolo a combattere per tre anni e mezzo una guerra ben sapendo di non poterla vincere, significa che ha dei seri problemi personali.

Che altro avrebbe potuto fare Zelens’kyj? Trattare fin da subito per limitare i danni e le sofferenze che invece ha inferto al popolo ucraino. Il corrotto nazionalismo ucraino ha prevalso, assecondando i piani dei poteri finanziari e industriali americani ed europei. I media europei sono inesorabilmente ostili a qualsiasi discorso di pace in Ucraina, e ben sappiamo chi sono i padroni dei media europei. Non è un caso che Der Spiegel si dica preoccupato che Trump possa “trascurare gli interessi europei” in Ucraina.

Sia Washington che i Paesi dell’UE hanno tagliato l’assistenza medica, le pensioni e altri programmi sociali chiave per destinare centinaia di miliardi alla guerra. La UE afferma di aver speso almeno 212 miliardi di dollari per l’Ucraina e Washington sostiene di averne spesi almeno 175 miliardi. L’Ucraina è in una trappola del debito per generazioni e non esiste più come Stato indipendente. Ed è anche chiaro il perché l’UE sia contraria a cessioni territoriali a favore della Russia: si tratta di zone di sfruttamento minerario ed economico fondamentali sulle quali mettere le mani, oltre che avamposti di minaccia per la Russia.

Dopo una videoconferenza informale dei ministri degli Esteri dell’Unione Europea tenutasi lunedì sera, la rappresentante per la politica estera dell’UE, Kaja Kallas (*) ha rilasciato una dichiarazione, affermando:

«Per quanto riguarda l’Ucraina, l’unità transatlantica, il sostegno all’Ucraina e la pressione sulla Russia sono il modo in cui porremo fine a questa guerra e impediremo future aggressioni russe in Europa. I Ministri degli Esteri dell’UE hanno espresso sostegno alle misure degli Stati Uniti che porteranno a una pace giusta. Nel frattempo, lavoriamo per imporre maggiori sanzioni contro la Russia, aumentare il sostegno militare all’Ucraina e sostenere le esigenze di bilancio dell’Ucraina e il processo di adesione all’UE.»

Questo non è il modo per porre fine alle ostilità (sottinteso: con la sconfitta della Russia), bensì un’ennesima dichiarazione di voler inasprire i motivi di attrito e la guerra. E difatti la dirigenza dell’UE e le forze occulte che la sostengono stanno effettivamente preparando la guerra su grande scala. Lo dice chiaro anche il Financial Times.

(*) Intransigente russofoba, sorella di Ülo Kallas, consulente esperto di debiti, fusioni e acquisizioni e pianificazione finanziaria, Kaja Kallas fa parte della potentissima Commissione per l’industria, la ricerca e l’energia, della Delegazione per le relazioni con gli Stati Uniti e del gruppo che si dedica alla robotica e all’intelligenza artificiale, in stretti rapporti con aziende del settore come Skype, Uber e AirBnb. Sostiene che: “non servono regole, perché le cose funzionano”. Di sé dice: “All’età di 33 anni ero socia in uno studio legale e giocavo a golf tutto il giorno, e ho sentito il bisogno di più azione nella mia vita”. Nel 2002 ha sposato Taavi Veskimägi, ex ministro delle finanze e manager, con cui ha avuto un figlio e da cui ha divorziato nel 2014. Nel 2018 ha sposato Arvo Hallik, un banchiere già padre di due figli. È ricercata dalla polizia russa per il reato di profanazione della memoria storica in relazione alla demolizione dei monumenti ai caduti sovietici.

martedì 12 agosto 2025

I nuovi Frankenstein

 

Esiste tutto un modo emozionale di attribuire al proprio cane, gatto, cavallo o delfino una manifesta intelligenza, empatia, intuizione, comprensione e saggezza tale da rasentare l’umano (e a volte superarlo). Si sente ripetere a riguardo di un animale domestico: “gli manca solo la parola”. Si citano esempi nobilissimi e straordinari sul comportamento di questi nostri cari amici. Tuttavia, non esiste aspetto della vita organica a noi noto che possa essere paragonato alla coscienza umana. Pensare che altre specie animali siano dotate di una coscienza rappresenta una concezione molto unilaterale di che cosa sia la coscienza e da che cosa essa tragga la sua origine e il suo sviluppo.

Innanzitutto dal lavoro, mediante il quale ogni collettivo umano produce e soddisfa i propri bisogni e riproduce sé stesso. Si caratterizza il lavoro, a differenza dell’attività animale, per il fatto di essere finalizzato a scopi preventivamente noti e mediato-programmato da un complesso di strumenti sociali, linguistici e tecnici di trasformazione. Anche gli altri animali usano strumenti, ma non li creano, non li fabbricano!

Per strumenti, s’intende strumenti particolari come il linguaggio, le diverse forme di numerazione e di calcolo, i mezzi mnemotecnici, la simbologia algebrica, le opere d’arte, la scrittura, gli schemi, i diagrammi, le carte, i progetti, e tutti i segni possibili e così via. Pertanto si tratta di strumenti del tutto sconosciuti agli animali; è il processo storico di formazione di un riflesso del mondo esterno tipicamente umano. In ciò consiste, appunto, la fantasia creatrice che sta alla base della definizione degli scopi dell’attività umana.

Questa capacità di definire gli scopi, di costruire conformemente ad essi i mezzi di lavoro, e di subordinare ad essi l’attività, viene spesso trascurata, come se il fatto non costituisse un problema. Eppure è proprio nella capacità di definire i suoi scopi che consiste il primo atto specificamente umano. In ciò l’uomo prende le distanze dall’animale!

Soltanto impadronendosi di questi mezzi, assimilandoli, facendone parte della propria personalità e della propria attività l’uomo diventa sé stesso, diventa uomo. «La produzione ad opera dell’individuo isolato al di fuori della società [...] è un non senso come lo sviluppo di una lingua senza individui che vivono insieme e parlino tra di loro» (K. Marx, Per la critica dell’economia politica, Editori Riuniti, 1974, p. 172).

Non c’è uomo senza lingua, ma non c’è lingua senza uomo.

Scrivevano Marx ed Engels nell’Ideologia tedesca: «Il linguaggio è antico quanto la coscienza, il linguaggio è la coscienza reale, pratica, che esiste anche per gli altri uomini e che dunque è la sola esistente anche per me stesso, e il linguaggio, come la coscienza, sorge soltanto dal bisogno, dalla necessità di rapporti con gli altri uomini. Laddove un rapporto esiste, esso esiste per me; l’animale non ha rapporti [...] la coscienza è dunque fin dall’inizio un prodotto sociale e tale rimane fintanto che in genere esistono gli uomini.»

In conclusione, gli uomini si servono, per produrre e riprodurre materialmente la loro vita, di un insieme di strumenti: strumenti di lavoro e strumenti psicologici. Gli strumenti di lavoro sono, per così dire, prolungamenti e potenziamenti artificiali della loro struttura anatomica (utensili, macchine, eccetera) e del loro cervello (calcolatrici, computer, eccetera).

Il movimento espansivo della materia sociale è pertanto necessariamente connesso ad un processo sociale di accumulazione di informazione extragenetica. Con ciò intendendo tutta quella informazione non riferita all’uomo come “creatura biologica” e cioè non trasmessa con il patrimonio genetico-cromosomico.

Ogni collettivo umano (insisto sul termine “collettivo”), in altri termini, per poter svolgere le sue attività produttive senza dover ogni giorno ricominciare da zero, deve produrre un gran numero di informazioni diverse e quindi fissarle, per non dispenderle, in una memoria collettiva. L’accumulazione d’informazioni è un processo essenziale e costitutivo della produzione e riproduzione sociale e, di conseguenza, anche all’esistenza stessa dell’umanità.

Il processo sociale generale di questa accumulazione è quella cosa che chiamiamo “cultura”. Pertanto, la coscienza ha a che fare con l’attività umana finalizzata a degli scopi predefiniti, attuata con degli strumenti tra i quali spicca il linguaggio e il suo universo di alfabeti e segni.

Nelle sue grandi linee il processo culturale globale di ogni data formazione sociale può essere immaginato come sistema di sistemi di segni, di lingue, e delle loro concrete manifestazioni come testi. Un sistema dinamico, formatosi storicamente ed in continua espansione tanto nella filogenesi che nell’ontogenesi.

Alla base del comportamento degli animali (compresa la nostra specie) c’è un sistema di segnalazione noto come sistema “stimolo-risposta” (S-R). Con questo primo sistema di segnalazione si intende la capacità degli animali di riflettere la realtà circostante tramite i segnali della stessa, rappresentati da fenomeni e proprietà che sono in determinati rapporti con altri fenomeni o proprietà importanti in senso biologico.

Il linguaggio, e cioè il sistema di parole che assolvono un ruolo di segnali di questo o quei fenomeni della realtà esterna e che serve ad ogni uomo per esercitare un’influenza diretta su ogni altro uomo, è tipicamente umano e costituisce il secondo sistema di segnalazione. Quest’ultimo rappresenta un salto di qualità rispetto al primo e si sovrappone ad esso, dominandolo.

Gli istinti biologici o i riflessi del primo sistema di segnalazione, in altri termini, possono essere neutralizzati e trasformati nel loro opposto per mezzo del secondo sistema di segnalazione. È merito di L.S. Vygotskij aver chiarito “come tutte le funzioni psichiche superiori” (e cioè “storiche”) rappresentano delle relazioni sociali interiorizzate; come cioè “la natura psicologica dell’uomo rappresenti l’insieme delle relazioni sociali trasportate all’interno e divenute funzioni della personalità e forme della sua struttura”; come, infine, questo processo di interiorizzazione ed assimilazione di un rapporto sociale esterno sia l’effetto della penetrazione della parola nel più profondo dell’uomo.

E veniamo alle nuove macchine che chiamano intelligenti: sono molto utili per raccogliere e analizzare grandi quantità di dati, per identificare schemi ricorrenti in questi dati e ora persino per riprodurre questi schemi sotto forma di sequenza di parole, come fanno ChatGPT o Dall-E. Ma queste IA non hanno idea dello scopo dei dati che stanno analizzando, degli oggetti che questi dati rappresentano o di come si relazionano tra loro. Né comprendono l’origine e il significato degli schemi ricorrenti che riescono a identificare.

Manipolano parole, immagini, dati. Tuttavia, l’intelligenza umana è incarnata in un corpo, nutrita da molteplici percezioni sensoriali, dalla vita in un mondo fisico. Un bambino capisce cosa significa “cadere” perché è caduto, ha percepito la gravità. Capisce il concetto di “qualcosa di rotto” perché ha visto o causato la rottura di qualcosa. Un modello linguistico, d’altra parte, non ha mai “vissuto” ciò di cui sta parlando. Il suo intero universo è simbolico.

L’IA non comprende il significato più profondo di ciò che dice. Tratta “cosa rotta” come due simboli che associa a “deve essere riparato” o “non funziona più”, ma non concepisce il dolore o la perdita che un oggetto rotto può rappresentare per qualcuno, né la meccanica della rottura. Non ha questo modello mentale, non possiede intuizione fisica. Sussiste un divario abissale tra la manipolazione di simboli e l’esperienza soggettiva.

Le parole sono potenti nel rappresentare la realtà, ma sono anche ambigue e incomplete. Una frase è solo l’ombra dell’esperienza vissuta. Questo è, del resto, un tema classico in filosofia: i limiti del linguaggio per comprendere il mondo. Ludwig Wittgenstein disse: “I limiti del mio linguaggio significano i limiti del mio mondo”. Per le nostre IA, il cui “mondo” è ridotto al linguaggio che diamo loro, i limiti del linguaggio sono ancora più restrittivi: mancano del referente, dell’esperienza vissuta, di tutto ciò che dà corpo alle parole.

Una macchina non è un essere vivente e però quanto meglio imita l’intelligenza, tanto maggiore è la tentazione di credere che siano intelligenti nel senso umano del termine. La si immagina potenzialmente dotata di coscienza, seppur “diversa” e non “inferiore” a quella umana. Di quale diversa coscienza si possa trattare, personalmente lo ignoro. Certamente non ha e non potrà mai avere nulla della natura psicologica dell’uomo, delle sue relazioni sociali interiorizzate, eccetera. Il fatto che più macchine siano collegate tra loro e interagiscano scambiandosi dati, non determina in esse alcun grado di rapporto sociale o di coscienza individuale o collettiva.

Quello che a mio avviso dovrebbe interessarci di più relativamente all’AI è il suo impiego e che cose se ne vuole fare. Ad esempio, possiamo affidare a un’IA il compito di consigliare il trattamento medico di un paziente, guidare un’auto o prendere decisioni legali? Se l’IA non ha una reale comprensione, corriamo il rischio che commetta gravi errori non appena ci allontaniamo dal quadro previsto.

Un altro aspetto, preoccupante, riguarda l’utilizzo di tali mezzi volti al controllo sociale totale. Non solo lo Stato, ma anche potenti forze economiche, come “ordini superiori”, le cui ragioni hanno esclusivamente un rapporto con i loro fini. Finalmente si realizza il terribile e inconfessato sogno, l’aspirazione morbosa e inappagata di fabbricare uomini compatibili, persone sulle quali si possa innestare un canale di comunicazione di una fonte a loro esterna.

sabato 9 agosto 2025

Da Alexa a Gaza (in risposta a un amico)

 

Le macchine non esistono fuori dalla storia.
E se esistono nella storia, esistono in un’epoca,
e in quell’epoca si decide la relazione tra te e la macchina.

Non è vero che lo sviluppo tecnologico avviene sulla base delle idee che i ricercatori e gli imprenditori elaborano; avviene sulla base dei sistemi politici che lo consentono o che lo negano. La storia di Adriano Olivetti e di Mario Tchou n’è una conferma (l’ho già accennata 12 anni fa). Tirano fuori il primo computer a transistor della storia. Un passo di una fantasia e di una capacità creativa straordinarie. Hanno creato un computer che dava i punti all’IBM.

Questa operazione entra però in conflitto con ... sempre loro. Quelli che nell’agosto di ottant’anni fa fecero centinaia di migliaia di morti con due atomiche che non servivano a nulla salvo per dire ai russi: non ci provate a fare un altro passo verso l’Oriente e l’Europa.

Nel 1960 Olivetti viene trovato morto sul treno che da Milano va in Svizzera, in un vagone vuoto, e nessuno fa un’autopsia. Lo stesso anno Mario Tchou muore in un rocambolesco incidente di cui nessuno ha mai saputo dare una spiegazione. Cosa succede alla Olivetti? Un comitato di garanti dice che si è spinta troppo avanti con questa storia dell’elettronica, e che è meglio dare il settore alla General Electric.

Ora siamo arrivati alla cosiddetta intelligenza artificiale (IA), parliamo di ChatGPT, parliamo di qualcosa che può organizzare meglio una cosa o un’altra, ma parliamo anche di Gaza, di cosa sta avvenendo in terra di Palestina; parliamo delle macchine più distruttive sulla faccia della Terra, utilizzate per massacrare la gente. Questa è l’intelligenza artificiale. È Habsora (ne ho già accennato), una tecnologia organizzata intorno a un archivio di fonti documentarie che Israele costruisce da anni, a partire semplicemente dagli smartphone e da WhatsApp.

Non ti uccido perché sei mio nemico, ma perché ho per bersaglio una persona, e poiché tu gli stai vicino ammazzo anche te, i tuoi figli e tua nonna. Danni collaterali. Quei morti provocati dallo Stato israeliano, sono anche a carico di tutti quelli che hanno detto e continuano a dire che l’occupazione israeliana della Palestina va bene così com’è. Anche a carico di coloro che minimizzano o tacciono, facendo in sostanza da supporto al lavoro di un soldato israeliano a Gaza.

Questo spiega per cui 143 Paesi all’ONU votano per lo Stato di Palestina e nove, tra cui ovviamente Israele e Stati Uniti, si oppongono. Stanno semplicemente dicendo che sono in grado tecnologicamente e geopoliticamente di decidere loro i danni collaterali, il possibile e il non-possibile nella nostra vita, quella di un Paese la cui sovranità esiste solo sulla carta, cari signori dei palazzi romani e delle dimore ombra, che sapete bene degli accordi segreti firmati nel 1954.

Perciò parlare di macchine “intelligenti”, che ci vengono raccontate dal lato soprattutto generativo e non dal lato distruttivo, che si vorrebbero dotate, in prospettiva, di loro una “coscienza”, mi provoca un certo malessere, ma qualcuno deve pure parlarne in termini adeguati, non contro la tecnologia ma con un approccio di consapevolezza, dicendo che le macchine in un simile sistema anzitutto funzionano per realizzare rapporti di dominio e sfruttamento. Per alleggerire il discorso, parto dalla storia di un pappagallo.

Avvicinandomi a un pappagallo, questi potrebbe chiedermi in tono amichevole: “Ciao, come stai?”, dandomi la fugace illusione di essere impegnato in una conversazione ponderata con me. Naturalmente, sappiamo che sta solo ripetendo un suono appreso, senza alcuna comprensione. L’intelligenza artificiale è esattamente un “pappagallo stocastico”, è più o meno ciò che è un modello linguistico di grandi dimensioni. La differenza sta nel fatto che ha memorizzato non poche frasi, ma miliardi, e non le ripete parola per parola, ma le combina in modo plausibile. È ovvio che nel tempo darà risposte sempre più soddisfacenti, perché, come tutte le macchine, si perfezionerà ulteriormente.

Ma il punto non è questo. Il punto è che per far sì che ti dia quella risposta, occorre dire a quelle macchine cosa non va detto, muovendosi dentro margini etici e politici. Per esempio, se quella macchina è stata costruita in un certo contesto geopolitico, che cosa risponderà alla parola “Gaza”? Ci sono mille risposte per non rispondere e mille vincoli politici, religiosi, etici, morali e di altro genere per manipolare la realtà.

In ogni modo si tratta di contesti obbliganti, strutturati, dentro i quali tu transiti e con cui devi fare i conti perché se li riproduci, come ti viene chiesto, come le esigenze quotidiane ti impongono, non fai altro che riprodurre esattamente la logica di potere e la logica del contesto geopolitico. E lo fai felicemente.

Mi richiamo all’esempio del post di un paio di giorni fa: chi si dota di Alexa, per esempio, si dota di un sistema che funziona in relazione alla sua vita. Tu fornisci le tue vibrazioni sonore, individuali, ed entro un minuto Alexa è in grado di duplicare interamente il tuo sistema vocale, e nessuno potrebbe mai contestare che non sei tu ad aver detto quelle cose, perché la duplicazione tecnologica è perfetta. Siamo in un mondo tecnico che non ci appartiene più; è altro, appartiene a chi è padrone di quel sistema.

Quindi la nostra macchina interrogata sembra molto più intelligente di un pappagallo. Adatta la risposta a un pubblico prestabilito così come può adattarla a livello individuale. Tuttavia, in entrambi i casi, quello del pappagallo e della macchina, non c’è alcun pensiero cosciente dietro le parole, nessuna intenzione di comunicare un messaggio originale o alcuna profonda convinzione. Solo dei programmi che gli fanno dire ciò che è più “appropriato” e scartare ciò che viene considerato sconveniente o etichettato come falso.

Siamo arrivati al punto che le cose non hanno più un nome: la guerra la chiamano operazione speciale e l’uso del termine genocidio viene inibito come avesse un copyright.

Ciò non significa che queste IA siano inutili o completamente stupide. Tutt’altro. La loro capacità di mescolare così tanta conoscenza umana permette loro di essere estremamente utili e talvolta persino di arrivare a risultati che non avevamo previsto. Possono elaborare soluzioni o testi originali nella loro forma (attraverso ricombinazioni senza precedenti), che possono dare l’impressione di vera creatività. Ma è essenziale capire che la macchina non pensa come faremmo noi. Non ha un modello interno del mondo, né un ragionamento cosciente o una comprensione del contesto al di fuori delle parole.

L’intelligenza artificiale ha compiuto un balzo in avanti spettacolare nel linguaggio. Modelli giganti, chiamati LLM (Large Language Models), assimilano trilioni di parole da internet, libri, articoli e conversazioni e imparano a predire statisticamente la parola successiva in una frase. Armati di questa colossale conoscenza probabilistica, possono generare testi che sembrano scritti da un essere umano colto, se non addirittura da uno specialista di una determinata materia. È così che l’IA può spiegare l’effetto entanglement, scrivere poesie o dare l’impressione di ragionare su un problema complesso. A prima vista, è sorprendente: nell’era del deep learning chi se non un’intelligenza artificiale potrebbe produrre un saggio coerente su qualsiasi argomento su richiesta?

I modelli odierni prevedono solo la parola successiva in un testo, e sono così bravi che ci ingannano. E a causa della loro immensa memoria, danno l’impressione di ragionare, quando in realtà stanno solo rigurgitando informazioni su cui sono stati addestrati. In altre parole, queste IA sono eccellenti imitatori piuttosto che pensatori veramente originali. Tendiamo a credere che chiunque si esprima con eloquenza e sicurezza debba necessariamente essere intelligente e anche più intelligente di altri (*).

Negli esseri umani, questo è spesso vero (linguaggio articolato e pensiero complesso vanno di pari passo). Una macchina può manipolare il linguaggio senza comprendere. Si può manipolare il linguaggio senza essere intelligenti, che è esattamente ciò che dimostrano gli LLM e in genere i politici. Si tratta solo dell’eco dell’intelligenza.

Quando ci troviamo di fronte a IA generative, si pensa che un’IA stia fornendo una risposta con grande intuizione, quando in realtà ciò che si sente è solo un’eco di cose già dette in precedenza dagli esseri umani. In altre parole, si pensa che sia intelligente, ma la si scambia per gli sforzi intellettuali di menti umane del presente e del passato e si interpreta quell’eco come la voce orgogliosa dell’IA.

Consideriamo un semplice esempio: se chiedete a un modello linguistico di grandi dimensioni: “Cosa succede se ruoto la lettera D di 90° e la posiziono sopra la lettera J”, potrebbe rispondere: “Forma un ombrello”. Incredibile, sta visualizzando mentalmente delle lettere e deducendone una forma concreta! In effetti, questo enigma è un classico, riproposto più volte nella letteratura enigmistica.

È probabile che l’IA abbia visto esattamente questa domanda e risposta durante il suo addestramento, o almeno un numero sufficiente di varianti per ricavarne lo schema. La nostra meraviglia deriva dalla nostra ignoranza di questa storia precedente: pensiamo che l’IA sia creativa, quando in realtà è solo erudita. Questa è la differenza tra scoprire una soluzione e semplicemente memorizzarla senza conoscerla. Ciò che percepiamo come un lampo di intelligenza da parte della macchina è semplicemente un’eco dell’intelligenza umana passata.

Lo stesso vale quando vediamo ChatGPT superare con successo compiti complessi come test di matematica o di giurisprudenza. Data l’enorme quantità di testi che ha “letto”, molto probabilmente ha già visto risolvere problemi simili dagli esseri umani. E anche se non fosse esattamente così, ha individuato così tanti schemi da poter generalizzare delle varianti. In effetti, questi modelli sono eccellenti statistici del linguaggio: tracciano correlazioni tra frasi e idee, senza avere la minima idea di cosa significhino nel mondo reale.

La macchina non ha bisogno di capire che un ombrello protegge dalla pioggia; deve solo aver imparato che le parole “D sopra J” compaiono spesso vicino alla parola “ombrello” in un corpus. È un gigantesco gioco di associazioni automatiche.

Inoltre, non appena spingiamo queste IA un po’ oltre i loro limiti, l’illusione si incrina: a volte generano errori assurdi, possono contraddirsi, fare affermazioni incoerenti se usciamo dai sentieri battuti dei loro dati di addestramento. Questo ci ricorda che non sanno quello che dicono, nel senso che noi umani lo capiamo e loro no.

Sono incredibilmente brave queste AI a produrre risposte che sembrano plausibili, ma non sono necessariamente vere o significative. Tutte queste prestazioni impressionanti sono in realtà solo un’ottimizzazione statistica, senza comprendere perché le cose siano come sono: non hanno ancora raggiunto il traguardo di una vera intelligenza generale. Quanto a una coscienza, fosse quella del mio cane, non la raggiungeranno mai.

E questo l’ho già spiegato in precedenza: l’essenza umana, che non è un’astrazione inerente al singolo individuo, è nella sua realtà l’insieme dei rapporti sociali (vedi VI Tesi su Feurebach). La coscienza umana non è una qualità immediata dell’individuo, perciò il processo di appropriazione si ottiene nel corso dello sviluppo dei rapporti reali del soggetto col mondo. Questi rapporti dipendono non dal soggetto, non dalla sua coscienza, ma sono determinati dalle concrete condizioni storiche e sociali nelle quali egli vive.

Viceversa, le macchine, per quanto dotate di istruzioni e informazioni, per quanto comunichino tra loro, per quanto siano il mezzo più sviluppato del controllo sociale, non hanno rapporti sociali, né alcun rapporto reale col mondo perché ontologicamente incapaci di sviluppare un’autentica empatia con l’essere umano o con qualsiasi altro essere animale.

Vedere una macchina padroneggiare il linguaggio con tanta abilità, dopo che il linguaggio articolato è stato a lungo appannaggio della mente umana e dell’esistenza naturale delle nostre comunità, offusca i nostri punti di riferimento. Ma per capire perché questa padronanza rimanga superficiale, dobbiamo scavare in ciò che a queste IA manca e mancherà per sempre per pensare come noi, e che solo per un aspetto riguarda quella modalità di pensiero lenta, deliberata, logica e cosciente che caratterizza la parte più riflessiva dell’intelligenza umana.

Una macchina, per quanto sofisticata, incorpora nelle sue probabilità verbali il modo in cui gli umani usano il linguaggio quando pensano. Il risultato è che può riproporre una catena coerente di argomentazioni, dando l’impressione di farlo. Ma in realtà non capisce cosa sta “pensando”. Eseguire un programma (per quanto sofisticato) non è sinonimo di comprensione. Anche la più perfetta simulazione del pensiero non è il pensiero stesso. In altre parole, imitare un comportamento intelligente non implica che ci sia intelligenza all’opera.

Ora, si vuole dotare l’IA di capacità di elaborazione più vicine al pensiero umano, ad esempio, integrando moduli di logica formale, consentendo all’IA di “porsi domande” prima di rispondere (una tecnica di ragionamento a catena che costringe il modello a spiegare un ragionamento passo dopo passo), fino a combinare la capacità di memorizzazione del deep learning con il rigore logico dell’apprendimento simbolico.

Le macchine cosiddette intelligenti non possiedono funzioni psichiche e forme complesse culturali del comportamento, con tutte le caratteristiche funzionali e strutturali ad esse proprie. Per spiegare lo sviluppo storico del comportamento e del pensiero non si può ignorare la natura storico-sociale di questo processo, nei mutamenti profondi delle funzioni psichiche superiori, che di fatto costituiscono il contenuto dello sviluppo culturale del comportamento umano.

«Nel processo di sviluppo storico non sono tanto cambiate le funzioni psicofisiologiche elementari, quanto profondamente e totalmente sono invece mutate le funzioni superiori (pensiero verbale, memoria logica, formazione dei concetti, attenzione volontaria, volontà e via di seguito).» (Lev Vigotskij, St. dello sviluppo delle funz. psichiche superiori, Giunti-Barbera, p. 66).

Oggi vediamo quadri “dipinti” da algoritmi, musica “composta” dall’IA, articoli o testi “scritti” da macchine. Dovremmo vedere questo come l’alba di una creatività artificiale che supera quella umana? O è ancora solo una forma elaborata di riciclo? Dopotutto, la creatività umana stessa consiste spesso nel ricombinare influenze passate. Perché l’IA non potrebbe essere definita creativa se fa la stessa cosa su larga scala?

Le nostre opere sono fatte di esperienze accumulate. La differenza, sta nel fatto che il creatore umano vive e comprende ciò che sta trasformando, e può volontariamente discostarsi dalle proprie influenze, avere un’intenzione dietro il proprio lavoro. L’intenzione, lo scopo, è molto importante, ma l’IA non ha alcuna intenzione propria. Non cerca di significare nulla con il suo lavoro. È questo, mi rendo conto, un discorso che andrebbe sviluppato.

L’IA è confinata nello spazio delle possibilità già esplorate dall’umanità e registrate nei suoi dati. Può navigare in questo spazio prodigiosamente, cercando ai margini associazioni improbabili (ed è anche per questo che a volte sorprende, combinando idee che pochi umani avrebbero pensato di collegare). Ma non ha accesso al vero ignoto.

Detto questo, non possiamo escludere del tutto la possibilità che un giorno si verifichi l’emergere di comportamenti creativi più profondi. Dopotutto, se costruissero IA capaci di avere una qualche forma di motivazione (simulata), forse assisteremo all’emergere di una creatività aliena che non assomiglia alla nostra ma produce vere e proprie novità. Questo sarebbe allora il segno che abbiamo compiuto un passo verso una intelligenza artificiale più evoluta tecnologicamente. Ma non potrà mai avere il senso del mondo reale.

Ad ogni modo, siamo sull’orlo di un abisso, ma non per colpa dell’AI e di altre tecnologie. Anche per colpa nostra. Spetta a noi decidere come andare avanti, ma intanto non dobbiamo rimanere in silenzio e quantomeno chiederci urgentemente dove siamo posizionati su quel bordo e in quale direzione muovere per non finirci dentro.

(*) Questo il vantaggio dell’uomo istruito su un uomo non istruito, parlando sulle generali. Questo il vantaggio, la supremazia di secoli, dell’uomo bianco su tutti gli altri. Di una classe sociale sulle altre. Da ciò la pretesa e convinzione di superiorità.