domenica 18 dicembre 2022

Dal welfare alla beneficienza

 

Il cosiddetto stato sociale (quello che fino a ieri chiamavano welfare state, locuzione sempre meno in uso, ma non è qui il caso di divagare) è costituito dai servizi pubblici (salute, scuola, ecc.), dalla cassa integrazione per i disoccupati, i salari differiti (pensioni, ma anche assegni di sostegno, ecc.), insomma tutta una serie di cose che offrono una buona rete di sicurezza, consentendo agli ideologi del sistema di presentare la società attuale come l’orizzonte insuperabile dei sistemi economici democratici.

E però stiamo arrivando progressivamente alla fine di questo modello, e la crisi (le crisi, variamente denominate) raggiungerà tutti più velocemente del previsto. Milioni di persone, pur lavorando, sempre meno hanno i mezzi per vivere dignitosamente, o comunque secondo quegli standard che consideravamo stabili (quelli dettati della pubblicità). Molte famiglie devono fare economie su ciò che consideriamo essenziale. Non facciamoci ingannare dall’affollamento dei negozi e dalle luminarie (sempre più scarse) natalizie: il crollo dei consumi alimentari conferma la tendenza merceologica generale (Massimo Mantellini presto ci ricorderà come la fetta biscottata imburrata è diventata madeleine).

Dopo aver gestito da sempre lo Stato come un business (è antico il perverso intreccio tra economia, affari e partitocrazia), permesso poi ai grandi gruppi privati di diventare i maggiori acquirenti delle imprese pubbliche strategiche, promosso la sanità e l’istruzione privata, trasformato in salvadanai tutto ciò che di pubblico frutta margini, lo Stato si è lanciato nella beneficenza (devo fare un elenco di bonus ed ecobonus?), che è sempre l’inverso della giustizia sociale. E non può nemmeno garantire che le sue elemosine, erette in politica economica e fiscale, possano comprare il consenso elettorale (sempre meno elettori) e alla lunga la pace sociale (è solo questione di tempo).

Naturalmente i chiacchieroni del liberismo duro e puro descrivono un Paese di persone assistite. È il modo di pensare prevalente tra coloro che vivono bene con redditi e risparmi costituiti da polizze vita, rendite finanziarie e immobiliari, oppure imprenditori ultrasovvenzionati da una pletora di aiuti pubblici e agevolazioni fiscali. Possiamo, al contrario, dispiacerci di vedere il welfare state trasformarsi in uno stato di beneficenza, con lo sperpero di euro a palate. Gli aiuti potrebbero essere “mirati” molto meglio, anche se insufficienti a tirare fuori dai guai chi è in affanno. Tema questo che richiederebbe un altro post (breve, per carità).

2 commenti:

  1. Anche lungo (il post) va bene. Io lo leggeró!

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  2. Il Potere, nato con l’inciucio tra laici e religiosi, viene gestito con un gioco di specchi. Con il formalismo roboante di Libertà e Uguaglianza, e con il sostanzialismo predatorio della proprietà e lenitivo della Carità.

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