mercoledì 4 agosto 2021

Perversioni viennesi

 

Un malanno in particolare angustiava la vita della signorina Anna, di 21 anni. Lo raccontava nella sua autobiografia del 1921: soffriva di dispareunia, cioè di dolori genitali durante il rapporto sessuale. In premessa al libro della giovane, il medico e psicologo Wilhelm Stekel (1868 – 1940), scriveva che Anna «si lamentava di non aver mai conosciuto il piacere, malgrado tutte le sue relazioni d’amore. Giungeva all’orgasmo masturbandosi, mai nel coito.»

Stekel collocava questa storia in una dimensione romanzesca: «Il tipo di questa ragazza viennese, introdotta nella letteratura da Arthur Schnitzler, citata in innumerevoli canzoni e ritornelli di operette, mi sembra degno di un’analisi psicologica». Commentava: «Salvo la storia del piccolo Hans [descritta da Freud], non conosco un altro documento che permetta di osservare tanto profondamente la vita reale dell’infanzia e dei conflitti di un individuo semplice.»

La masturbazione era un’ossessione per Stekel: nei casi da lui analizzati e descritti è pratica frequente, a tutte le età, dei più piccoli agli anziani. Assieme all’impotenza sessuale, da cui era stato affetto, come riferisce nella sua autobiografia, la masturbazione era il centro dei suoi interessi clinici. Pare (a dar retta anche a Freud) che si “intrattenesse” con le sue pazienti, e perciò ci si può chiedere quali fossero i comportamenti sessuali che metteva in atto per rispondere ai numerosi casi di frigidità femminile incontrati alla sua carriera e descritti dettagliatamente nei suoi libri, e quale fosse il confine tra realtà e fantasia anche nella descrizione degli altri innumerevoli casi di deviazione sessuale, dalla zoofilia alla pedofilia (non si faceva mancare nulla).

Scrive Luciano Mecacci, storico della psicologia, riferendosi alle descrizioni riportate nei libri di Stekel: «Per evitare che le citazioni da questi casi siano prese come forma di “pubblicità occulta” alla pornografia, evitiamo di riportarne anche poche righe. Ma sono sincero: dal momento in cui ho letto questi casi, la foto di Stekel – soprannominato, nell’ambiente, St. Ekel, che in tedesco vuol dire “santo Schifo” – ha cominciato a farmi un po’ impressione.»

Ernest Jones (1879 – 1958), neurologo e psicanalista britannico, biografo di Sigmund Freud, ricordava a riguardo di Stekel: «Un’altra delle abitudini spiacevoli di questo signore era illustrare le sue opinioni alle riunioni delle Società [psicoanalitica] citando del materiale della sua vita personale, e in particolare della sua prima infanzia. Per lo più era assolutamente inventato o altrimenti grossolanamente falsificato, ed egli guardava con aria provocatoria Freud, il quale naturalmente conosceva i fatti reali dalla sua analisi, sapendo benissimo che non lo avrebbe contraddetto.»

Il problema dei casi inventati era molto comune e agitava la comunità degli psicanalisti fin dai primi tempi del loro movimento. Jones rammentava nelle sue Memorie che era uso ironizzare e scherzare sul “paziente del mercoledì di Stekel”, il quale ogni volta che presso il circolo freudiano si parlava di un caso o di un argomento specifico, riferiva subito che, per l’appunto, proprio quel giorno stesso aveva visitato un paziente con le stesse caratteristiche.

Freud, in una lettera a Sándor Ferenczi del 17 ottobre 1912, scriveva: «Stekel è un porco e continua a seminare zizzania, a fomentare piccole gelosie e meschini risentimenti.»

I racconti di Stekel colpivano i suoi lettori, come notava Lou Andreas-Salomé in una lettera a Freud del 24 febbraio 1924: a loro piace quel suo «disonesto andare per le spicce» e «la sua discutibile casistica viene recepita dalla gente come un attestato di verità per qualsiasi cosa si faccia passare sotto i loro occhi, ed è come se fossero attossicati dalla sua precipitazione ingegnosa nel trarre conclusioni.»

Si deve peraltro tener conto che Lou Salomé non era notoriamente donna di esperienze morigerate e dallo stomaco debole.

Scrive Mecacci che ad accusare di falso Stekel fu Viktor Tausk, un altro membro del circolo freudiano. I due litigavano continuamente, ed ebbero un comune destino: si suicidarono. Tausk nel 1919, “al culmine di una drammatica vicenda che coinvolse Helene Deutsch, Lou Von Salomé e lo stesso Sigmund Freud”. Stekel nel 1940, con “un’overdose di aspirina”.

La psicanalisi si trovava ad affrontare, tra gli altri, il problema della falsità dei “casi”. Ci si è chiesti se altri casi, quelli maggiormente noti, quelli di Freud per intenderci, su cui si sono fondate la teoria e la terapia psicoanalitiche, abbiamo un riscontro oggettivo. Questo capitolo è il più interessante della storia del freudismo e anche il meno conosciuto.


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