lunedì 3 agosto 2020

Quelli delle fate turchine



I dati economici di Eurostat per il secondo trimestre del 2020 mostrano che l’Europa è in presenza di un crollo economico, il più marcato e improvviso della storia. Al 31 luglio il prodotto interno lordo è diminuito del 12,1 per cento nella zona euro e dell’11,9 nell’Unione europea. Nel primo trimestre, la contrazione è stata rispettivamente del 3,6 per cento e del 3,2. In Germania, il PIL è in picchiata, diminuito del 10,1 per cento; la contrazione da aprile a luglio è stata del 10,7  in Austria e del 12,2 in Belgio.

L’Italia ha visto la sua economia scendere nel secondo trimestre del 12,4 per cento, e del 17,3 rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso. Il PIL italiano è sceso a livello dall’inizio degli anni 1990. Non stanno meglio Francia, Portogallo e Spagna che hanno registrato cadute rispettivamente del 13,8, 14,1 e 18,5%. Secondo le proiezioni attualmente disponibili, l’economia britannica probabilmente si è contratta di circa il 15% nel secondo trimestre.

Le principali società europee hanno subito perdite record in quasi tutti i settori industriali e ora dipendono da salvataggi finanziati dallo Stato per decine di miliardi di euro. Tra le principali case automobilistiche europee, la Volkswagen ha dichiarato di aver perso 1,4 miliardi di euro poiché i suoi ricavi sono crollati del 23%, mentre Renault-Nissan ha subito una perdita devastante di 7,3 miliardi di euro. La società aerospaziale europea Airbus ha registrato una perdita netta di 1,9 miliardi di euro.

Le compagnie petrolifere europee sono state devastate dal crollo dei prezzi del petrolio causato dall’arresto dei viaggi e delle attività industriali durante i blocchi. Total e Royal Dutch Shell hanno riportato perdite nette rispettivamente di 7 miliardi di euro e 18,1 miliardi di dollari. Gli utili netti del conglomerato di lusso francese Hermès sono crollati del 55% nella prima metà dellanno.

Anche le principali compagnie aeree affrontano il disastro. Giovedì scorso Air France-KLM nella sua relazione ha segnalato un crollo dell’83 per cento delle sue entrate complessive. Lufthansa, da parte sua, aveva già registrato una perdita di 2,1 miliardi nel primo trimestre. Il gruppo IAG, che possiede British Airways, nonché Aer Lingus e Iberia, ha registrato una perdita netta di 4,2 miliardi di euro nella prima metà dell'anno. Di Alitalia non è il caso di parlarne, per decenza.

Se l’attività economica europea rimane a livelli simili per il resto del 2020, l’Europa vedrà un crollo economico più grave della Grande Depressione degli anni 1930. Anche se tutto sommato viviamo una certa “normalità”, gli effetti del ciclo economico negativo si faranno sentire a distanza di mesi e anche di anni. Molti salariati e i lavoratori autonomi assisteranno a un crollo storico dei loro standard di vita, mitigati solo in parte e per un breve periodo dagli intereventi assistenziali ed emergenziali degli Stati.

Mentre la Banca centrale europea ha concordato un salvataggio di 1.308 miliardi per le banche europee, l’UE ha concordato, con gran baccano mediatico, un pacchetto di salvataggio di soli 750 miliardi di euro per gli Stati e le società europee. Basteranno qualche centinaio di miliardi, che arriveranno sempre troppo tardi, per evitare nel prossimo avvenire uno scontro sociale esplosivo? Non si tratta più, nella nostra epoca, di tenere a freno il prezzo delle farine e del pane!

Già prima del panico virale l’Europa stava andando verso la recessione. Nel quarto trimestre del 2019, la Germania era stagnante, la Francia (-0,1 per cento) e l’Italia (-0,4). Gli effetti delle misure di blocco hanno poi innescato una disintegrazione economica senza precedenti, che non è ancora semplice valutare appieno.

Stavamo già in buona misura entrando in un “cambio d’epoca” che prefigurava licenziamenti e disoccupazione di massa, e sarà quindi questa catastrofe un’ottima occasione per attribuire il cambiamento di fase della storia del capitalismo alla pandemia. Anzi, non è da escludere che “qualcuno” abbia visto nella pandemia l’occasione per alzare il livello di panico e d’isteria in modo da alimentare lo stato di confusione.

Chi crede che tutto ciò sia opera di un complotto a tavolino ovviamente non è da prendere in considerazione nemmeno per scherzarci su, ma per contro chi ritenesse che non si sia sovrapposto qualche altro elemento d’interesse nel favorire una certa narrazione ad hoc, è un ingenuo che vive in un modo di fate turchine.

2 commenti:

  1. Sono d’accordo. Così come il virus ha accelerato il decesso di molti che ci avrebbero comunque lasciato a breve, così la crisi ha dato il colpo di grazia a attività già moribonde, o malaticce. È venuta poi in grande evidenza, dal punto di vista sociale, la faglia che separa i garantiti dai non garantiti. Dico grande evidenza perché una evidenza sufficiente c’era anche prima. Un giorno mi spiegherai come si deve leggere questa diseguaglianza in chiave marxista. Ho pazienza.

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    1. L’Italia ha avuto Custoza, Lissa, Adua, la Banca romana, Caporetto, il Patto d’acciaio, l’8 settembre, la democrazia cristiana, gli anni delle bombe, l’Ambrosiano, Gelli, quindi Craxi, Amato, Berlusconi e Bossi, Rutelli e Veltroni, D’Alema e Renzi, Tremaglia e Calderoli, Brunetta e Tremonti, La Loggia e Prestigiacomo, Scajola e Alemanno, la Bonino e Boldrini, ma anche la Castelli e la Moretti, e così infiniti altri.

      Non solo una classe politica largamente ladra e spudorata, oggi inetta, ma anche una classe imprenditoriale buona in gran parte solo per estorcere contributi dallo stato, sgravi ed elusione fiscale. Una magistratura che si è fatta gli affari suoi, come tutte le altre corporazioni di questo paese che sono vissute in gran parte accumulando grazie soprattutto a posizioni di monopolio e a un’evasione fiscale da paese delle banane.

      In troppi si sono fatti solo ed esclusivamente gli affari propri, leciti e illeciti, non pensando ad altro. E così siamo alle macerie. Possiamo incolpare indistintamente tutti, anche il salariato o il piccolo artigiano che hanno sempre tirato fine mese? No, ma tanti altri sì.

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