sabato 8 agosto 2020

Dominio e tecnologia: la vera posta in gioco



La potenza informatica, non i dati, questo è il segreto del dominio tecnologico. Chi comanda negli Stati Uniti, in Cina, in Russia e altrove, lo sa bene.

Prendiamo lo sviluppo dell’intelligenza artificiale, il cui controllo, secondo un autorevole residente moscovita, permetterà in futuro di dominare il pianeta. Un tempo era considerata questione in gran parte tecnica, limitata alle aule accademiche e ai laboratori del settore privato. Oggi è un’arena di competizione geopolitica. Gli Stati Uniti, la Cina e la Russia investono consistenti risorse ogni anno nella crescita delle loro industrie d’intelligenza artificiale, aumentando l’autonomia e la potenza dei sistemi d’arma futuristici, forzando le frontiere delle possibilità.

I timori di una corsa agli armamenti sulla base dell’IA è ormai un fatto, e sebbene la retorica spesso superi la realtà tecnologica, le crescenti tensioni politiche e lo splinternet sono sintomo che le grandi potenze vedono sempre più l’informatica, in senso ampio, come un gioco che possa sovvertire la somma zero in altri giochi.

Nonostante tutta la complessità geopolitica, per quanto concerne la competizione sull’AI essa si riduce a pochi fattori tecnici: dati, algoritmi e potenza di calcolo. I primi due elementi ricevono un’enorme quantità di attenzione politica e di riflesso pubblica. Come unico input per l’IA i dati sono spesso paragonati al petrolio, un topos ripetuto ovunque. Un po’ più sofisticata è la discussione sugli algoritmi, che consentono ai sistemi di intelligenza artificiale di apprendere e interpretare i dati.

È importante non sopravvalutare l’importanza di questi regni, laddove la Cina fa bene in entrambi i settori, con l’acquisizione di enormi quantità di dati, e con le sue aziende di tecnologia che hanno fatto notevoli passi avanti negli algoritmi avanzati di intelligenza artificiale. Senza dimenticare che, dal canto suo, la Russia non è terza a nessuno in tali ambiti.

Terzo fattore che viene comunemente spesso trascurato riguarda la potenza di calcolo. Ciò in parte è dovuto al fatto che il calcolo è solitamente dato per scontato nella vita di tutti i giorni. Poche persone sanno quanto sia veloce il processore del proprio laptop, ma gli basta sapere che è “abbastanza veloce”. Tuttavia non c’è settore come nell’IA dove la potenza di calcolo sia tanto essenziale.

Mano a mano che gli algoritmi apprendono dati e codificano le informazioni nelle reti neurali, eseguono miliardi di singoli calcoli. Senza processori in grado di eseguire questi calcoli ad alta velocità, il progresso nell’intelligenza artificiale si ferma. Avere macchine di calcolo all’avanguardia è quindi più di una meraviglia tecnica, è un punto di forza determinante nella competizione tecnologica tra potenze.

Riconoscere la vera importanza della potenza del calcolo significa valutare lo stato della concorrenza globale nella sua dimensione tecnologica reale. La quantità di calcolo utilizzata nei principali progetti di IA è aumentata di un fattore 300.000 tra il 2012 e il 2018. Per fornire un paragone concreto prendiamo la batteria di un cellulare che nel 2012 aveva la durata di circa un giorno. Ebbene, se la sua durata fosse aumentata alla stessa velocità di calcolo dell’AI, la versione 2018 di quella batteria durerebbe più di 800 anni.

La potenza di calcolo di base dei chip all’avanguardia pare raddoppi ogni due anni quale risultato di una migliore ingegneria del processore. Importanti sono stati anche i rapidi miglioramenti nella cosiddetta “parallelizzazione”, ovvero la capacità di più chip per computer di addestrare contemporaneamente un sistema di intelligenza artificiale, così come gli stessi chip sono diventati sempre più efficienti e personalizzabili per attività specifiche di apprendimento automatico.

Le aziende americane dominano il mercato del software necessario per progettare chip per computer e gli Stati Uniti, la Corea del Sud e Taiwan ospitano le principali strutture a tale scopo. Giappone, Paesi Bassi e Stati Uniti sono leader nelle apparecchiature per la produzione di chip, controllando oltre il 90% della quota di mercato globale.

Servono giganteschi investimenti, ma anche ingegneri e personale qualificato. La superiorità tecnologica americana e dei suoi alleati è ancora netta rispetto alla Cina, ricca di dati ma in ritardo nella produzione di elettronica avanzata. I dati e gli algoritmi sono fondamentali, ma significano poco senza il calcolo per eseguirne il backup. Il paese importa ancora circa l’80 per cento dei suoi chip per computer dall’estero e, anche tra quelli prodotti sul mercato interno, la metà sono realizzati da società non cinesi.

Gli Stati Uniti non sono riusciti a mantenere un vantaggio netto nel settore delle telecomunicazioni, anche se con l’amministrazione Trump sembra vogliano rimediare. Si tratta ovviamente di un settore importantissimo, ma non quanto il settore della produzione dei chip in generale e di quelli dell’IA in particolare.

6 commenti:

  1. Sinceramente, non sono in grado di valutare le implicazioni militari. Sotto il profilo economico, invece, penso che, oltre alle risorse di marketing, si vada più speditamente del previsto verso la massiva sostituzione uomo/macchina. In ciò, la Cina ha tutto da perdere nel medio termine, perché si invertirà il flusso di delocalizzazione. Quanto alle conseguenze sociali nell’ambito dei paesi occidentali, mi tocca insistere: si verificherà un terremoto sociale, alla fine del quale gli espulsi dal sistema produttivo guarderanno alla casta dei garantiti con odio potenzialmente rivoluzionario.

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    1. li faranno diventare in gran parte insegnati e archivisti :(

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  2. Non vorrei suonasse come una bestemmia ma la parallelizzazione potrebbe essere soppiantata dai computer quantistici che cominciano già ad esistere come prototipi e la loro potenza di calcolo non ha confronti con quelli tradizionali. Allora sì che lo sentiremo miagolare, il gatto di Schroedinger quantunque il dualismo onda corpuscolo sia dialetticamente indigesto.

    Enrico

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    1. Mi creda, funzionano. Miagolerà bene chi miagolerà ultimo e mi auguro non siano i cinesi.
      Enrico

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  3. Le implicazioni militari sono immediate: si arriverà ad armi autonome, in grado di riconoscere ed eliminare l'insurgent al bisogno senza pericoli fisici per il portatore di democrazia.
    La domanda non è se, ma quando.
    Gli inizi sono già visibili, con i droni telecomandati da migliaia di chilometri per fare esplodere cattivi in giro per il mondo.
    Naturalmente insurgent potrà diventare chiunque, ad esempio chi si lamenti troppo e manifesti nelle strade perché vuole rivoluzionare o solo perché affamato, portando un deprecato disordine in una ordinata società schiavista: qualcosa di cui Bava Beccaris non poteva neppure sognare, ma che se fosse vivo vedrebbe con estremo piacere.

    Trobo

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