sabato 1 agosto 2020

Pane a buon mercato


In una lettera datata 19 messidoro, anno X (8 luglio 1802), firmata Bonaparte e diretta al cittadino Melzi, vice-presidente della Repubblica italiana (il presidente era Bonaparte stesso), si legge:

«Delle mille questioni che dividono opinione e interesse del proletario e del proprietario, il prezzo del grano è quello in cui i loro interessi sono maggiormente contrapposti. È anche quella, e forse l’unica, su cui il governo deve sempre favorire i proletari contro i proprietari: in caso contrario, tirannia da parte dei proprietari e rivolta da parte del popolo. Quindi qual è l’effetto della legge proposta? Non c’è dubbio che compiace i proprietari, ma dà allo stato il colpo più pericoloso, e scuote la fiducia della gente.

Certamente i proprietari non possono lamentarsi nella Repubblica italiana: hanno venduto il loro grano piuttosto caro. Il popolo, in tutti questi anni, è stato piuttosto infelice. Occorre fare in modo che il pane sia davvero a buon mercato. Mi sembra, da tutte le informazioni che ho, sia ancora troppo caro» (*).

Un esempio di sano pragmatismo. Nella lettera si fa apprezzare in particolare un inciso, dove Bonaparte scrive che dei mille motivi di opposizione tra proletariato e padronato, quello sul prezzo del grano è forse l’unico per cui il governo deve favorire il proletariato, calmierando il prezzo del pane, onde evitare rivolte. Le rivolte frumentarie in Francia ma anche altrove avevano una lunga storia (**).
 
Bisogna assicurare pane a buon mercato, scrive Bonaparte, e in tal modo la pace sociale è garantita. Per il resto erano i proprietari a vincere a man bassa la partita.  Tanto è vero che il regime napoleonico, la costituzione francese stessa, così come quella italiana approvata a Lione nel 1802, non lasciavano dubbi a tal proposito.

La costituzione di Lione richiedeva un determinato grado di ricchezza come condizione per la naturalizzazione (artt. 5, 6 e 8) e per l’accesso al collegio elettorale dei proprietari (art. 20), trasformando così i ricchi proprietari in notabili. Furono nominati un principe di Venezia, una principessa di Bologna, un duca di Lodi e altri due duchi. Ma anche 106 conti, 104 baroni e due cavalieri. La proprietà diventava fonte del notabilato, che restava largamente nelle mani degli ex nobili o patrizi, i quali nel Settecento avevano posseduto proporzionalmente più terra dei loro omologhi francesi, senza peraltro subire emigrazione e ghigliottina.

Un certo numero di famiglie patrizie ed ex nobili assumevano una consacrazione per mezzo di onori e una giustificazione tramite la solita pelosa filantropia. Queste famiglie formarono i tre quarti del collegio elettorale dei proprietari e i due terzi del Senato. Altre famiglie del medesimo ambiente, non le più ricche ma quelle che avevano interessi intellettuali, si unirono ai nobili nel governo e nell’amministrazione. Contribuirono fino al 60% al reclutamento dei prefetti e al 45% del corpo legislativo e del Consiglio di Stato. Si spiega così perché vi fossi più del 70% di ex nobili tra quelli di nuova nomina, mentre per l’impero francese la percentuale era del 22,5%.

La rivoluzione aveva abolito i titoli e le discriminazioni dell’antico regime. In Francia ciò andò a beneficio della borghesia e, in apparenza, dei ceti proletari, cioè di coloro che la rivoluzione l’avevano attivamente compiuta. Quella che era stata una società di ordini, divenne una società di classe.

In Italia settentrionale fu diverso, poiché il rinnovamento era stato portato dalle armate straniere, non da una rivoluzione interna. La borghesia e il proletariato, non esistendo una manifattura diffusa e progredita, erano ancora allo stato embrionale. Per quanto riguarda il resto della penisola, la situazione sociale ed economica era ampiamente più arretrata ancora. In buona sostanza, la società italiana rimase a lungo una società di ordini e non ancora di classi. Sarà banale dirlo, ma per certi versi, paradossalmente e anacronisticamente, l’Italia è ancor oggi per larghi tratti, più di altri paesi, una società di ordini, di notabilato e baronie.

(*) Des mille questions qui divisent d’opinion et d’intérêt le prolé taire et le propriétaire, la valeur des blés est celle où ils sont le plus en opposition d’intérêts. C’est aussi celle, et peut—être l’unique, sur laquelle le Gouvernement doit toujours favoriser les prolétaires contre les proprié taires: sans quoi, tyrannie de la part des propriétaires, et révolte de la part du peuple. Quel est donc l’effet de la loi qu’on propose? C’est de plaire sans doute aux propriétaires, mais de porter à l’état le coup le plus dangereux, en ébranlent la confiance du peuple.
Certainement les propriétaires ne peuvent pas se plaindre dans la République italienne: ils ont vendu assez cher leur blé. Le peuple, toutes ces années—ci, a été assez malheureux. Il faut tenir la main à ce que le pain soit à très—bon marché. Il me semble, par tous les renseignements que j’ai, qu’il est encore beaucoup trop cher. (Correspondance, vol. VII, n. 6175).

(**) Una lezione da tener sempre presente. Magari ne riparleremo tra qualche tempo, quando forse ci sarà un ripensamento sul commosso e acritico sostegno dato al terrorismo mediatico in questi mesi. 


4 commenti:

  1. Io non sono prodigo di complimenti, ma questo è eccellente, specie per le finestre che apre sull'attualità.
    Poichè hai scritto più volte, di recente, su questo periodo storico e su questi luoghi, si possono avere i riferimenti bibliografici? E' agosto, e magari qualche pomeriggio si trova.

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    1. no, non sei prodigo, ma sei trai pochi che commenta e a ragion veduta. grazie
      ora ho daffare in cucina, ma nel primo pomeriggio ti do qualche dritta, senza alzare monumenti di erudizione sul periodo storico

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    2. Ovviamente la bibliografia su quel periodo è imponente, quasi mai del livello che t’aspetti, e non mi riferisco solo a gente come Emil Ludwig. Partiamo da alcuni classici irrinunciabili che potresti aver già letto:

      Taine, Le origini della Francia contemporanea, Adelphi (vedo ora che c’è anche in edizione economica, non credo sia completa);

      Charles Tilly, La Francia in rivolta, Guida ed.;

      George Lefebvre, La R.F., nelle varie edizioni;

      per un punto di vista diverso dalle solite ricostruzioni della R.F.:
      Jacques Solé, St. critica della R.F., Sansoni;

      un grande protagonista del periodo, il Direttorio, spesso sottostimato nelle bibliografie: Michel Poniatowski, St. del Direttorio, Bompiani

      su N. la migliore biografia “politica” è senz’altro quella di Luigi Mascilli Migliorini edita da Salerno.

      la migliore biografia complessiva, anche secondo Migliorni, ad ampio spettro sul periodo resta quella di George Lefebvre, Napoleone, edita da Laterza, ma nelle varie edizioni it. mancano le note, che in specie in questo libro sono notevoli sia per qualità che per quantità dei dati, oltre che per comprendere il testo appieno;

      due classici vanno segnalati su uno specifico argomento:

      Roberto Cessi, Campoformido, Antenore ed.;
      Carlo Zaghi, Bonaparte e il Direttorio dopo Campoformio, E.S.I..

      Sulle campagne e battaglie napoleoniche vedi Chandler, monumentale, ma sui singoli eventi ovviamente c’è da perdersi in mille autori; il miglior libro sull’argomento è il mio, ma non so se lo scriverò.

      Sul rapporto tra N e Alessandro I, a me è piaciuto: Gherardo Casaglia, Una zattera per l'Europa. Alessandro e Napoleone a Tilsit 25 giugno 1807, Pacini editore.

      Sterminata la memorialistica, non sempre di buon livello, dei vari coprotagonisti della vicenda napoleonica, tra questi Talleyrand, Memorie, ben tradotte in italiano da Aragno (5 voll.), ma se davvero dovessero interessarti ne possiamo parlare perché memorie assai discutibili (come l’Autore, del resto) ;

      Sul Congresso di Vienna uno dei più bei libri che siano stati scritti:
      Henry Kissinger, Diplomazia della restaurazione, Garzanti; procuratelo, se non l’hai già letto, ti piacerà.

      per l’Italia, l’ottimo:
      Alain Pillepich, Napoleone e gli italiani, il Mulino;

      per l’Europa:
      Stuart J. Woolf, N. e la conquista dell’Europa, Laterza.

      Per il caldo d’agosto questi due ultimi sono molto adatti, ma prima ancora godi d’un fiato:
      Sylvain Tesson, Beresina, in sidecar con N., Sellerio;

      La Correspondance di N. è essenziale per conoscere il personaggio senza troppi filtri. Imperdibili le lettere al Papa e ad altri personaggi. Complessivamente sono ben oltre 20.000. C’è un’edizione francese recente e una promossa da N. III. Una trentina di voll.. Quella ottocentesca la puoi anche scaricare da internet, ma non è facile andare a bersaglio su tutti i voll.. Se proprio t’interessa e trovi difficoltà posso aiutarti.

      Non sollazzarti troppo che diventi cieco.

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    3. Grazie. Lefebvre e Kissinger sono già fra le mie letture. Mi aspettavo che riconsigliassi il simpatico dilettante inglese, Crowdy. Seguirò i tuoi consigli agostani.

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